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Accadde oggi: 11 settembre

Accadde oggi: 11 settembre

Almanacco dell’11 settembre, anno 831: la città di Palermo, cinta d’assedio da forze musulmane, si arrende. L’evento è parte integrante della ben più estesa conquista islamica della Sicilia, fase storica che abbraccia quasi per intero il IX secolo. La caduta di Panormos, nome greco con cui le fonti bizantine si riferiscono a Palermo, rappresentò un punto di svolta nell’ambito dell’avanzata musulmana in Sicilia. Nei seguenti paragrafi cercheremo di capire perché.

Accadde oggi: 11 settembre

Palermo era uno degli obiettivi scontati della strategia di conquista messa in atto dalle truppe fedeli agli emiri aghlabidi di Ifrīqiya. Il piano si stava compiendo sin dal giugno 827, momento in cui una flotta musulmana sbarcò a Mazara, sud-ovest dell’isola. Prima di Palermo, fu il turno di Siracusa, capitale del thema bizantino di Sicilia (Sikelia). I musulmani tentarono la presa ma non ebbero successo, perciò si accontentarono di espugnare alcune fortezze minori nei dintorni, così da attendere rinforzi per ulteriori operazioni.

I rinforzi effettivamente giunsero, ma nell’830. Si trattò prevalentemente di uomini provenienti dall’Africa e da al-Andalus. Li avrebbe attesi il comandante Teodoto, inviato in Sicilia dal basileus Michele II prima della morte di quest’ultimo. Teodoto conosceva l’isola, perché in passato fu suo strategos. Conoscenze ed esperienza in un primo momento sembrarono fare tutta la differenza di questo mondo. Attacchi mirati permisero al generale bizantino di scacciare i musulmani da gran parte del territorio siciliano. All’indomani dell’830 sembrò che la situazione nel thema potesse finalmente stabilizzarsi. Come sappiamo, si trattò di un’effimera illusione.

11 settembre conquista islamica della Sicilia

La fragile difesa imperiale fu travolta dagli eventi dell’estate dell’830, quando – come anticipato – giunse sull’isola una flotta dall’al-Andalus, guidata da Aṣbagh ibn Wakil. Gli andalusi, approdati con l’intento di saccheggiare, furono intercettati dalla guarnigione africana di Mineo, che in quel momento era sotto assedio bizantino. In una svolta imprevista, i difensori preferirono allearsi con i nuovi arrivati, chiedendo loro aiuto in cambio del riconoscimento di Aṣbagh come comandante supremo.

Teodoto, colto di sorpresa da questa mossa e privo della forza necessaria a reggere lo scontro con un esercito ormai combinato di ifriqiyani e andalusi, fu costretto a ritirarsi su Enna. Mineo fu incendiata, e gli assalitori marciarono su un’altra città, forse l’antica Calloniana. Ma ancora una volta la fortuna non arrise agli arabi: un’epidemia devastante falcidiò l’accampamento, uccidendo lo stesso Aṣbagh. La città cadde in autunno, ma le perdite furono tali che le truppe musulmane dovettero ripiegare verso ovest, inseguiti da Teodoto, che inflisse loro altri rovesci prima di cadere egli stesso in combattimento.

Fu allora che l’asse della guerra si spostò in modo decisivo. Un contingente di ifriqiyani, rinforzati da parte degli andalusi sopravvissuti, avanzò fino a Palermo e pose l’assedio alla città. Per un anno intero, dal 830 all’11 settembre 831, la capoluogo della Sicilia occidentale resistette. Le cronache (cristiane e musulmane) parlano di stenti, carestia, malattie. Alla fine, il comandante bizantino, lo spatharios Simeone, non ebbe altra scelta che trattare. Accettò di consegnare la città, a patto che gli ufficiali e con ogni probabilità anche la guarnigione potessero lasciare Palermo in sicurezza.

Per gli abitanti fu un trauma immenso. Ibn al-Athīr, cronista curdo del XII secolo, racconta che la popolazione crollò da 70.000 a 3.000 anime, ridotte in schiavitù. Si tratta con tutta probabilità di un’esagerazione retorica, funzionale a rappresentare la conquista come un atto di forza straordinario, ma il dato resta eloquente della gravità della sconfitta. Il vescovo Luca riuscì a fuggire verso Costantinopoli per informare il nuovo imperatore Teofilo, mentre altri religiosi caduti prigionieri rifiutarono di abiurare la loro fede e andarono incontro al martirio.

11 settembre resi architettura musulmana a Palermo

L’11 settembre 831 – data che la tradizione storiografica moderna identifica come giorno della resa – segnò una svolta irreversibile. Palermo, ribattezzata dagli arabi al-Madīna, “la Città”, divenne la nuova capitale musulmana in Sicilia e il fulcro del potere aghlabide. Non si trattava più soltanto di scorrerie o spedizioni di bottino. Con la caduta di Palermo, l’Islam si insediava stabilmente nel cuore del Mediterraneo centrale.

La città offriva un porto sicuro, collegamenti diretti con l’Ifrīqiya e con l’Andalusia, e un territorio fertile alle sue spalle. Per consolidare l’acquisizione, nel marzo 832 giunse da Kairouan il primo governatore ufficiale, Abū Fihr Muḥammad b. ʿAbd Allāh. Uomo accorto e capace, seppe attenuare le rivalità tra i contingenti ifriqiyani e gli andalusi, tensioni che avevano più volte rischiato di lacerare l’impresa. Palermo si trasformò così nella base da cui sarebbe partita, nei decenni successivi, la progressiva conquista dell’intera isola.