Forse la peste di Atene che devastò la città nel 430 a.C., proprio durante la guerra fra Sparta e Atene, non fu causata esattamente da un’epidemia di Yersinia pestis. Alcuni studi recenti, infatti, sostengono che non si trattò di peste vera e propria, bensì di febbre tifoide (la quale è causata dalla Salmonella enterica sierovariante typhi).
La peste di Atene del 430 a.C.

Prima vediamo la cornice storica. In quel periodo Sparta e Atene erano ai ferri corti. Tanto che nel 431 a.C. la rivalità sfociò nella dichiarazione di guerra che diede il via alla Guerra del Peloponneso. Non era solamente una guerra di conquista, bensì un scontro fra due modi diversi di concepire la vita sociale e politica. Atene, più democratica (più o meno) e Sparta, più autoritaria: due stili di vita incompatibili.
Ovviamente ci fu anche una certe componente territoriale: Atene era fortissima a livello di dominio marittimo, mentre di Sparta era nota la capacità bellica sulla terraferma. Tanto che re Archidamo era convintissimo che le sue falangi spartane non avrebbero avuto problemi in campo aperto.
Ma non aveva tenuto conto che, a gestire il fronte ateniese, era quel genio militare di Pericle. Questi aveva adottato una strategia alquanto semplice: se gli spartani avessero invaso l’Attica, semplicemente la popolazione delle campagne si sarebbe rifugiata dentro le mura della città. Ma nel frattempo, mentre gli spartani sarebbero stati concentrati in zona, ecco che gli ateniesi sarebbero sbarcati via mare nel Peloponneso, indifeso visto che gli spartani erano tutti ad Atene.
In pratica uno scambio: durante il primo anno di guerra, Sparta occupò l’Attica, mentre gli ateniesi si dedicarono a devastare il Peloponneso. Quello che Pericle non poté prevedere però fu che, durante il secondo anno di guerra, quindi nel 430 a.C., un’epidemia terribile dilagasse in lungo e in largo.
Non si sa esattamente da dove sia arrivata. Alcune fonti storiche sostengono che tracce dell’epidemia fossero già presenti sull’isola di Lemno e in altre zone. Qualcuno all’epoca sostenne anche che la malattia fosse arrivata dal Sudan, diffusasi poi anche in Egitto, Libia e Persia.

Quello che è certo è che la prima vittima dell’epidemia di quella che è passata alla storia come la peste di Atene fu il porto del Pireo. Inizialmente si pensò che fossero stati gli spartani ad avvelenare i pozzi della città (pratica molto comune in caso di assedio).
Ma ben presto la malattia di diffuse ovunque in città, colpendo persone di qualsiasi ceto sociale. Cittadini, opliti, schiavi, gente comune, cavalieri, nobili: nessuno era al sicuro. Questo anche perché dentro Atene c’era una concentrazione di persone tale da facilitare la diffusione della patologia. Tanto che si pensa che sia morto un terzo della gente della città all’epoca.
A descrivere i sintomi della malattia ci pensò Tucidide. In sequenza la sintomatologia si presentava con:
- vampate di calore alla testa
- congiuntivite, faringite e glossite
- difficoltà di respirazione
- alitosi
- dolore al petto
- tosse
- nausea
- vomito
- presenza di pustole e ulcere su tutto il corpo
- sensazione di calore dall’interno del corpo
- sete spasmodica
- diarrea
- forte dolore in tutto il corpo, comprensive le estremità e i genitali
- morte nel giro di 7-9 giorni
A complicare le cose ci fu il fatto che, all’epoca, nessuno sapeva come curare la malattia, tanto meno come bloccare l’epidemia. E il risultato fu che i primi a morire furono proprio i medici. Quello che scoprirono, però, fu che, i pochi che guarivano, erano poi immuni e non potevano essere nuovamente contagiati. Solo che anche i guariti potevano manifestare complicanze sul lungo periodo, come la perdita della memoria.

Il tutto corredato dal consueto corollario che accompagna epidemie del genere: cumuli di cadaveri lasciati per strada, corpi non sepolti, furti, caos… Come spesso accadeva in simili frangenti, poi, c’era chi sosteneva che la malattia fosse causata da una punizione divina per aver intrapreso una guerra contro gli spartani. Anzi, c’era chi diceva che questi ultimi avessero dalla loro l’oracolo di Delfi, il quale gli avrebbe promesso aiuti per vincere la guerra.
Alcuni ateniesi cominciarono così a incolpare Pericle dell’epidemia. Non sapendo più cosa fare, lo statista organizzò una nuova spedizione nel Peloponneso. Solo che tale spedizione iniziò malissimo: un’eclissi solare capitò proprio durante il giorno della partenza. E neanche a dirsi fu un presagio nefasto, seguito poi da una campagna rovinosa.
Così Pericle fu messo da parte. E fra l’altro, pure la sua famiglia non fu esentata dalla peste: prima morì il figlio maggiore, poi la moglie, poi alcuni collaboratori e infine pure il figlio minore. Poi toccò anche a Pericle, morto nel 429 a.C., sempre a causa della peste. La storia ci insegna, però, che, nonostante la peste, alla fine fu Atene a vincere la guerra.