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L'arcaico ed ambiguo fascino della Dama di Auxerre

L’arcaico ed ambiguo fascino della Dama di Auxerre

Critici d’arte, archeologi, antropologi, studiosi e ricercatori, nessuno è sfuggito al fascino della Dama di Auxerre. Le sue origini sono ancora parzialmente coperte da un velo di mistero e il suo presente è spunto d’interesse per un numero importante di persone. Divinità o essere umano? Manufatto apotropaico o semplice elemento decorativo? Quel sorriso enigmatico suscita queste ed altre domande. Proverò a fornire qualche risposta.

L'arcaico ed ambiguo fascino della Dama di Auxerre

Prima la storia però, o quel poco che si sa su di essa. Nel 1895 un imprenditore di Auxerre, cittadina francese che si trova in Borgogna, acquista la scultura all’asta. Sembra che l’impresario teatrale/scultore utilizzasse il manufatto come appendiabiti per gli ospiti, talvolta come supporto scenico. Personalmente trovo che la voce appartenga più al campo della leggenda che a quello della realtà, ma come nota a margine non potevo non menzionarla.

Subito dopo l’uomo cede l’opera al museo locale, che però non sembra riconoscerne il vero valore. La statuina in calcare, che tra l’altro non ha con sé documenti per l’autentificazione, si perde tra le scartoffie del deposito. L’abbandono dura fino ai primi del XX secolo, quando tale Maxime Collignon, frugando nel deposito museale, si imbatte nella statua di cui nessuno aveva conservato memoria. È lui a coniare per primo il nome “Dame d’Auxerre”, appunto “Dama di Auxerre”.

Dama di Auxerre confronto a colori

Collignon di mestiere fa il curatore per il Louvre di Parigi e tramite la sua intercessione, la scultura di 75 centimetri finisce nelle mani del più noto museo francese. Risalgono al 1909 le prime indagini e le prime conclusioni sulla natura della Dama di Auxerre. Gli esperti forniscono una datazione, ovvero il VII secolo a.C. Il confronto cronologico e stilistico permette anche una “classificazione” dell’opera. Questa appartiene alla cosiddetta scuola dedalica cretese. Per via del suo incredibile stato di conservazione (eccezion fatta per il lato sinistro del volto, visivamente rovinato) gli studiosi ritengono si tratti del miglior esempio a noi pervenuto della scultura dedalica, nota per essere la corrente nata dall’estro artistico, nonché mitologico, di Dedalo; geniale architetto, scultore e autore del labirinto del Minotauro.

La corrente dedalica si inserisce in un contesto culturale particolarmente florido per la Grecia, fortemente influenzata dallo stile artistico nato e sviluppatosi nel Mediterraneo orientale. Non è un caso se per definire la cifra scultorea della Dama di Auxerre si utilizzi il termine “stile greco-orientaleggiante”. I dettagli che lasciano presupporre questo ascendente del Vicino Oriente sono tanti: il volto a forma di triangolo rovesciato; l’acconciatura; la vita sottile tipica della tradizione minoica.

Dama di Auxerre confronto statua di Heraclion

Lo schema figurativo però non contraddice la provenienza cretese della statua. Tipica dell’isola egea è la veste (chiamata “peplo”), originariamente pitturata di rosso. Così come sono tradizionalmente cretesi gli accessori che la donna indossa. Con il contributo dell’archeologia si è anche trovato un esatto luogo d’origine per la scultura. Confronti incrociati con altri manufatti simili provenienti da Eleutherna (necropoli di Orthi Petra) indicano come questa sia l’area in cui venne realizzata l’opera tra il 650 a.C. e il 625 a.C.

L’arcano sul suo significato sopravvive tuttavia. Ed è racchiuso qua, nel mistero, il fascino della Dama di Auxerre. L’ipotesi religiosa è molto forte, ma non è l’unica. E se la donna non fosse una divinità, ma un essere terrestre simboleggiante la fertilità o, perché no, la maternità? La mano destra, poggiata sul petto, ha permesso a molti critici di fantasticare sul senso intrinseco della scultura: forse il manufatto è figlio di un voto, dedicato a chissà quale forza ultraterrena. Solo chi l’ha creata conserva la verità. Purtroppo il tempo non gioca a favore di una lucida interpretazione o di una valida comprensione. Così si spiega l’arcaico ed ambiguo fascino della Dame d’Auxerre.