Storia Che Passione
Archeologia del Novecento e Antico Egitto

Il sarcofago di Psusennes: la scoperta del faraone che fa tremare Tutankhamon

I primi decenni del Novecento hanno rappresentato un periodo d’oro per l’archeologia, e in particolare per la valorizzazione dell’antica cultura egizia. Mentre le forze del continente guardavano al futuro per il riassestamento geopolitico dell’Europa e non solo, sul fronte storico-artistico c’era ancora chi, nonostante tutto, si preoccupava di volgere lo sguardo indietro. Più indietro possibile. Se il Settecento e l’Ottocento avevano portato alla luce i più importanti reperti della cultura greco-romana, il Novecento poteva contare su archeologi di tutto rispetto per riconsegnare alla storia quel fondamento della cultura occidentale chiamato Antico Egitto.

Archeologia del Novecento e Antico Egitto

Nel 1922 la momentanea sospensione dei conflitti aveva permesso a Howard Carter di diffondere ovunque il nome della sua sensazionale scoperta. Un nome che non potrà suonare estraneo a molti: quello del grande faraone Tutankhamon. Non altrettanto fortunato sarebbe stato Pierre Montet, colpevole suo malgrado di essersi messo al lavoro nel posto giusto, ma al momento sbagliato. Era il 1940: a Dunkerque si svolgeva l’Operazione Dynamo e Mussolini dichiarava guerra a Francia e Inghilterra. Dall’altra parte del Mediterraneo, qualche uomo dotato di pala e piccone si muoveva nella silenziosa Valle di Tanis, alla ricerca di segnali da lontano.

Insomma, non l’occasione migliore per scommettere su una scoperta archeologica. Eppure le intense ricerche hanno ripagato Montet di ogni audacia, premiandolo con un ritrovamento che ha permesso di riscrivere la storia dell’Antico Egitto. Il momento, però, era quello che era: inutile riportare l’attenzione sui tempi sepolti, l’Europa voleva solo oltrepassare quelli presenti. Ed è soltanto oggi, infatti, che la scoperta della tomba di Psusennes – faraone appartenuto alla 21esima dinastia – fa tremare da lontano nientemeno che Tutankhamon e il suo protettore, sir Howard Carter.

Il rinvenimento del sarcofago di Psusennes ha infatti ribaltato tutte le supposizioni esistenti in materia di bilanciamenti di potere interni al governo egizio. Fino al 1940 era ormai assodato che nel corso del Periodo Intermedio – un’età di grandi sconvolgimenti politici – il ruolo dei faraoni si fosse decisamente ridimensionato. Questi, d’altronde, si erano accontentati di un governo parziale del regno. Nel Basso Egitto i faraoni della 21esima dinastia troneggiavano a Tanis, mentre Tebe, nell’Alto Egitto, era ormai la roccaforte del Sommo sacerdote di Amon.

Quello attribuito alla dinastia di Psusennes era quindi un ruolo politico decisamente meno prestigioso di quello di Tutankhamon. Tuttavia, il sarcofago scoperto da Montet ha mostrato una realtà lontana dalle congetture storiche. La solida base d’argento – “ossa degli dei” per i nostri antenati – rivela un intenso contatto commerciale tanto con l’Asia Occidentale quanto con il Mediterraneo. A differenza dell’oro, proveniente dai territori del regno, l’argento infatti doveva essere importato.

Per di più la tomba – corredata di vasi canopi, ushabti, oggetti preziosi in granito e oro – conteneva un tesoro perfettamente in grado di rivaleggiare con quello del più celebre sovrano d’Egitto. D’altronde, molti archeologi ritengono che il nuovo arrivato abbia governato per ben 51 anni: un lasso di tempo impressionante per un periodo di grande instabilità politica come il 1100-1000 a.C. Insomma, le prove di un rivale all’altezza del sommo Tutankhamon non mancano. Psusennes ha solo pagato il prezzo di essere venuto alla luce in un momento di giustificata distrazione per l’Europa: nulla gli vieta, però, di rifarsi in questo secolo.