Fotografia dell’Associated Press, Stadio Olimpico di Roma, Italia, 2 settembre 1960. L’immagine ritrae sei corritrici, specialiste dei 100 metri, che si fronteggiano nei Giochi della XVII Olimpiade di Roma. Sarebbe più corretto affermare che solo cinque di loro cercano di contendersi qualcosa, perché la prima, la ragazza in maglia scura e pantaloncini bianchi sulla sinistra, pratica un altro sport; corre ad una velocità semplicemente imbarazzante. Quelle di Roma furono le Olimpiadi di Wilma Rudolph, velocista statunitense dei record, soprannominata dalla stampa nostrana “gazzella nera“.

Le Olimpiadi estive di Roma si tennero dal 25 agosto all’11 settembre del 1960. L’Italia si riappropriava della fiamma olimpica dopo averla mantenuta accesa quattro anni prima con i giochi invernali di Cortina d’Ampezzo. Gli occhi di mezzo mondo guardavano all’atletica leggera, tanto maschile quanto femminile. In particolare le attenzioni erano rivolte ad una ragazza che appena sedicenne, nel 1956, era riuscita ad agguantare un bronzo nei 100 metri piani: si trattava di Wilma Glodean Rudolph, di Clarksville, nel profondo Tennessee, USA.
Wilma era la ventesima di ventidue figli, venuta al mondo – e che mondo – nel 1940. Povertà, sacrificio, spazi limitati e una piccola cosa chiamata poliomielite rischiarono di azzoppare, metaforicamente e letteralmente, la vita della giovanissima Rudolph. Lei però dimostrò una tenacia bestiale. Montando l’apparecchio correttivo, due volte a settimana si faceva 80 km di strada per recarsi nell’ospedale riservato ai neri e affrontare la terapia di riabilitazione. Così dai 4 fino ai 12 anni. La stessa Rudolph affermerà in seguito che quella situazione probabilmente fece maturare in lei uno spiccato spirito competitivo. Il pane di qualunque atleta.

Come anticipato, a Melbourne nel 1956 riceve il bronzo nella staffetta 4×100. A Roma, quattro anni più tardi, farà scintille. Affilerà tre ori olimpici: nei 200 metri piani; nella staffetta 4×100 e soprattutto nei 100 metri, nei quali romperà il record da lei stesso eguagliato degli 11”3, facendo 11” netti. Purtroppo non gli riconobbero il primato poiché quel 2 settembre 1960, giorno in cui venne stata scattata la fotografia iniziale, c’era “troppo vento a favore”.
Il vento può anche influenzare in minima parte l’esito di una gara, ma il foto finish non lascia dubbi. Wilma “gazzella nera” Rudolph era troppo più veloce delle altre. Una superiorità atletica che sarebbe da ipocriti non ravvisare.

Dopo esser diventata la prima atleta donna americana a vincere tre ori nelle Olimpiadi ed aver apprezzato il riconoscimento come “atleta donna dell’anno” secondo l’Associated Press, la Rudolph abbandonò l’ambiente agonistico nel 1962, a soli 22 anni. Decise di dedicarsi all’insegnamento, per poi divenire una commentatrice sportiva. Gazzella nera si distinse anche per un marcato attivismo sociale e politico, in qualità di paladina del movimento antisegregazionista. Un tumore al cervello se la portò via nel 1994. Noi vogliamo ricordarla così, mentre ad ampie falcate si appresta a salire sull’olimpo degli atleti.