Storia Che Passione
Accadde oggi: 9 maggio

Accadde oggi: 9 maggio

Almanacco del 9 maggio, anno 1978: sul tratto ferroviario Palermo-Trapani muore assassinato Giuseppe Impastato, detto Peppino. Giornalista, conduttore radiofonico e attivista, Peppino Impastato fu alla fine degli anni ’70 una delle voci più fermamente critiche della mafia in Sicilia. Voce che nella notte del 9 maggio ’78 verrà brutalmente stroncata, per sempre.

Accadde oggi: 9 maggio

In quella data i macchinisti di un treno in transito sulla Palermo-Trapani ritrovarono all’altezza di Cinisi (Palermo) il corpo dilaniato di Impastato. La notizia della morte fu accolta dal silenzio di un’Italia che piangeva un’altra vittima, questa volta del terrorismo rosso: Aldo Moro.

Peppino Impastato aveva osato rivolgere le sue sferzanti accuse e i suoi più mordaci attacchi alla persona di Gaetano Badalamenti, Zu Tano per tutti, Tano Seduto per il fondatore della radio libera Radio Aut.

Non uno qualunque, bensì il capomafia locale legato a Cosa Nostra. Colui che dirigeva il traffico internazionale di droga attraverso il controllo dell’Aeroporto di Palermo-Punta Raisi. Peppino, che con tanta veemenza denunciava la mafia siciliana, proveniva proprio da quell’ambiente. E non perché egli stesso membro della malavita; non perché colluso e omertoso (anzi). Nelle sue vene scorreva lo stesso sangue di alcuni dei più illustri mafiosi locali.

9 maggio 1978 morte Peppino Impastato

Suo padre, Luigi Impastato, finì al confino durante la dittatura per evidenti legami con la criminalità organizzata. Il di lui cognato era Cesare Manzella, fino al 1963 uno dei vertici di Cosa Nostra nel palermitano. Ma da quel mondo Peppino prese subito le distanze, tanto nella retorica quanto nei fatti. Si allontanò dal padre, associandosi politicamente alla sinistra radicale. Vicino alle istanze social-comuniste, ma prima di tutto arditamente avverso alla mafia, Peppino Impastato si applicò in campo ecologico, sociale e lavorativo.

Entrato fra i ranghi di Democrazia Proletaria, partito d’estrema sinistra fondato nel 1975, Impastato si spese per difendere i braccianti che nel palermitano conoscevano l’espropriazione a causa della costruzione di una nuova pista d’atterraggio nell’aeroporto di Palermo-Punta Raisi. Lo stesso che Badalamenti de facto controllava per il traffico internazionale di sostante illegali.

All’impegno culturale di Musica e Cultura si aggiunse uno più politico e di critica sociale recante il nome di Radio Aut. Radio libera autofinanziata che dal 1977 amplificò la portata della sua denuncia contro Cosa Nostra. Addirittura decise di candidarsi per le elezioni comunali del 1978, sempre nella lista di Democrazia Proletaria. E poco importava che le minacce di morte lo raggiungessero un giorno sì e l’altro pure. Lui aveva un solo pensiero per la testa: parlare quando tutti tacevano.

La notte del 9 maggio 1978 un gruppo di sicari mandato dal boss Gaetano Badalamenti rapì Peppino Impastato. Lo condussero sulla linea ferroviaria che collegava Palermo a Trapani, fermandosi sul tratto di Cinisi. Lo legarono e con una pietra lo tramortirono. Con l’intenzione di cancellare per sempre le tracce materiali dell’attivista, posizionarono sotto il suo corpo una carica di tritolo, facendola esplodere subito dopo. Un brutale omicidio che né stampa, forze dell’ordine o magistratura inizialmente riconobbero come tale. Doveva trattarsi naturalmente di un attentato miseramente fallito, in cui l’attentatore, associato ad ambienti della sinistra estrema, aveva malamente trovato la morte.

9 maggio manifestazioni contro la Mafia

Anche se così riportata, la notizia della morte di Impastato cadde nel vuoto, poiché a Roma, esattamente in via Caetani, all’interno di una Renault 4 rossa, quello stesso 9 maggio 1978 si rinveniva il corpo senza vita di Aldo Moro. Fortunatamente la verità, seppur con la solita lentezza che si confà alla giustizia italiana, venne a galla. I diretti responsabili dell’omicidio, “Tano” Badalamenti e un suo stretto collaboratore, Vito Palazzolo, furono condannati nel nuovo millennio rispettivamente all’ergastolo e a 30 anni di carcere.