Almanacco dell’8 novembre, anno 1861: ha luogo il “Trent Affaire“, o “caso del Trent”. Si trattò di un incidente diplomatico, potenzialmente grave – tanto da lasciar ipotizzare la partecipazione del Regno Unito nella guerra civile americana al fianco degli Stati Confederati – che coinvolse l’Unione, due inviati confederati e un piroscafo della Royal Mail britannica. Cerchiamo di capire assieme cosa accadde esattamente quell’8 novembre 1861 e in che modo rischiò di aumentare spaventosamente la portata di un conflitto già di per sé vasto e sanguinoso.

La guerra di secessione imperversava da circa sette mesi e mentre i campi di battaglia del Nord America si insanguinavano progressivamente, il resto del mondo, pur non intervenendo in modo diretto, osservava con grandissima attenzione ai rivolgimenti oltreoceano. Fra gli “osservatori” spiccava la Gran Bretagna. Rispetto a tutti gli altri, Londra poteva dirsi maggiormente (seppur sempre in modo relativo) coinvolta nel conflitto fra il Nord unionista e il Sud confederato. La lunga frontiera canadese era un fattore, come lo erano le trame commerciali intessute sia con l’Unione, sia con la Confederazione (vedasi la questione del cotone).
Tenendo a mente lo sfondo politico, economico e diplomatico – di cui in parte conosciamo l’entità; ricordiamo la guerra del maiale e le dispute di confine a settentrione – addentriamoci adesso nella cronaca di quel concitato 8 novembre 1861. In acque internazionali, fra le Bahamas e l’isola di Cuba, la fregata statunitense USS San Jacinto fermò il piroscafo britannico RMS Trent. A dare, e poi motivare, l’ordine fu il capitano unionista Charles Wilkes, il quale sapeva che a bordo della nave inglese si trovassero due inviati confederati. Perché mai due diplomatici del Sud avrebbero dovuto trovarsi lì? Beh, perché lo scopo della traversata atlantica era quello di persuadere Londra e Parigi della bontà della causa sudista.

L’abbordaggio della Trent – nave battente bandiera inglese, per di più disarmata – e il conseguente fermo dei due delegati confederati – James Murray Mason per la Virginia e John Slidell per la Louisiana – rischiò di far precipitare la situazione come mai prima di quel momento era accaduto. Non è fuori luogo dire che l’incidente del Trent portò l’Unione e la Gran Bretagna ad un passo dalla guerra. Che ucronia potrebbe mai uscirne…
La RMS Trent proseguì per la sua strada verso est. Non poterono dire lo stesso Mason e Slidell. L’autorità nordista li spedì a Fort Warren, una prigione militare poco lontano da Boston. Nell’immediato il capitano Wilkes, che aveva agito senza diretti ordini da Washington, godette di una buona fama presso l’opinione pubblica e l’élite al potere. Quando la notizia raggiunse Londra, tutto cambiò.

La stampa britannica parlò di “atto di pirateria”. Mentre il primo ministro Lord Palmerston definì la condotta americana “una flagrante violazione del diritto internazionale”. Per il governo inglese, il sequestro di diplomatici a bordo di una nave neutrale costituiva un affronto diretto alla sovranità britannica e un insulto all’onore nazionale. Palmerston reagì con decisione: bloccò le forniture di salnitro (fondamentale per la produzione di polvere da sparo) dirette negli Stati Uniti e ordinò la mobilitazione di truppe e artiglierie verso il Canada, allora colonia britannica. La prospettiva di una guerra anglo-americana sembrava ormai concreta.

Il governo canadese, guidato dal governatore generale Lord Monck, ricevette l’ordine di prepararsi alla difesa. Si potenziò sensibilmente il dispositivo difensivo (fortificazioni e linee trincerate) di Toronto e Montréal. Al contempo si diede il via alla mobilitazione di quasi 40.000 uomini della milizia canadese. Nel frattempo, anche l’esercito dell’Unione si mise in stato d’allerta. Questo per dire che il Trent Affaire, nel caso in cui non si fosse capito, fu qualcosa di molto serio.
In questo clima di tensione, l’amministrazione di Abraham Lincoln si trovò in una posizione scomoda. Se da un lato l’opinione pubblica americana chiedeva di non cedere alle minacce britanniche, dall’altro Lincoln e il segretario di Stato William H. Seward sapevano di non potersi permettere un nuovo conflitto. Ha senso: la guerra civile era già in pieno corso, e aprire un secondo fronte contro l’Impero britannico – con quel particolare chiamato “confine canadese” a nord – avrebbe significato il disastro.

Il 25 dicembre 1861, giorno di Natale, il gabinetto di Lincoln si riunì per discutere il da farsi. Per ore il governo dibatté animatamente. Alla fine, prevalse il pragmatismo. Seward preparò una risposta diplomatica in cui l’Unione riconosceva implicitamente l’errore, pur senza offrire scuse formali. Washington rilasciò Mason e Slidell “per spirito di amicizia” verso la Gran Bretagna. Lord Palmerston accettò l’accordo: così si scongiurò la guerra, o almeno, si evitò un ulteriore massacro. Quello che andava avanti dal 12 aprile 1861 sarebbe continuato per altri lunghi, lunghissimi quattro anni.




