Almanacco dell’8 ottobre, anno 1480: sulle rive del fiume Ugra, oggi in Russia europea centrale, si combatte una storica battaglia tra le forze di Akhmat Khan, Khan della Grande Orda, e il Gran Principe Ivan III di Mosca. La storiografia si riferisce a questo evento come “Grande fronteggiamento sul fiume Ugra” (in russo Великое стояние на реке Угре). L’episodio rappresenta uno spartiacque della storia russa e, più in generale, di quella dell’Europa orientale nonché dell’Asia centrale. Si può dire infatti che l’8 ottobre 1480 terminarono oltre due secoli di soggezione dei principati russi aIl’Orda d’Oro.

Già dal 1476, il Gran Principe di Mosca Ivan III aveva smesso di pagare i tributi che i suoi predecessori versavano all’Orda d’Oro sin dai tempi delle invasioni di Batu Khan. Questo gesto era insieme politico e simbolico. Ivan si presentava ormai come sovrano indipendente, deciso a svincolare Mosca dal giogo tataro-mongolo. Il Khan della Grande Orda, Akhmat, dapprima esitò a reagire – impegnato com’era nei conflitti con i rivali del Khanato di Crimea – ma nel 1480 decise di passare all’azione, trovando un temporaneo appoggio nel re polacco Casimiro IV Jagellone, che vedeva di buon occhio un indebolimento della potenza moscovita.
L’estate del 1480 fu scandita da reciproche mosse di avvicinamento e di manovra. Mentre Akhmat attraversava i territori lituani per puntare su Mosca, Ivan III si preparava a respingere l’invasione. Le due forze finirono per fronteggiarsi lungo il fiume Ugra, affluente dell’Oka, in un delicato equilibrio fatto di attese, tentativi di negoziazione e schermaglie locali.

Il momento cruciale giunse l’8 ottobre 1480. Akhmat Khan, consapevole che un assalto frontale alle linee russe avrebbe potuto rivelarsi disastroso, cercò di aggirare le difese nemiche e trovare un punto di passaggio sicuro. Il suo obiettivo risultava facilmente comprensibile. Egli intendeva attraversare l’Ugra e congiungersi con le forze polacco-lituane di Casimiro, così da stringere i russi in una morsa.
Ivan III, che non si era mosso direttamente in prima linea, affidò la difesa del fiume al figlio Ivan Molodoj e al fratello Andrej Menšoj. Le truppe russe erano dislocate lungo la riva orientale dell’Ugra, appoggiate da contingenti locali e da reparti di boiardi fedeli. Il fiume stesso, pur non larghissimo, rappresentava una barriera naturale di grande efficacia. Era vero soprattutto in autunno, quando le acque gonfie e le rive fangose rendevano difficile ogni attraversamento di massa.

Per quattro giorni le forze di Akhmat tentarono ripetutamente di superare il fiume, incontrando ogni volta l’opposizione dei moscoviti. Le cronache raccontano di scambi di frecce e di scariche di archi compositi da una riva all’altra. Ma anche di tentativi di costruire passerelle improvvisate subito distrutte dai russi, e di piccole sortite che si conclusero con pesanti perdite. Fu un assedio reciproco a distanza, più che una battaglia vera e propria. Nonostante ciò, il risultato restava indiscutibile. I tatari non riuscirono a rompere le linee russe.
Il mancato successo dell’8 ottobre segnò un punto di svolta. Akhmat, frustrato e in attesa di rinforzi che non arrivavano, decise di ritirarsi temporaneamente a sud, presso Vorotynsk. Sperava così di guadagnare tempo e attendere notizie da Casimiro. Ma il re polacco, occupato da altre guerre e da problemi interni, non mosse un dito.

Ivan, dal canto suo, approfittò di quel margine per consolidare la propria posizione: richiamò i fratelli ribelli, rinsaldò i ranghi e mostrò una calma strategica che lasciava intendere la sua determinazione a non piegarsi. Alla fine, l’inverno russo, le epidemie e la mancanza di rifornimenti fecero il resto. Che novità, eh! Il 11 novembre 1480, l’Orda decise la ritirata definitiva.
Non ci fu una grande battaglia campale, nessuna vittoria clamorosa da cantare nei secoli, eppure, il “fronteggiamento dell’Ugra” è ricordato come la fine simbolica della dominazione mongola sulla Russia. Dopo l’inutile sforzo di ottobre, l’autorità di Akhmat Khan si sgretolò rapidamente. Già nel gennaio 1481 egli morì assassinato da rivali tatari, e la Grande Orda iniziò un rapido processo di disgregazione.

Per Mosca, invece, quella fu la consacrazione: Ivan III non solo aveva resistito senza piegarsi, ma poteva presentarsi come il principe che aveva liberato la Rus’ dalla sudditanza tributaristica. Da quel momento, il potere del Granducato di Mosca cominciò a configurarsi come il nucleo di un futuro Stato russo indipendente e centralizzato, destinato a raccogliere l’eredità della Rus’ di Kiev e a guardare verso nuove ambizioni imperiali.