Fotografia di Ami Vitale, riserva naturale di Ol Pejeta, Kenya, 19 marzo 2018. Sudan, l’ultimo maschio di rinoceronte bianco settentrionale, sta lentamente compiendo l’ultimo, inesorabile, passo della sua lunga vita. Al suo fianco si nota un uomo, non uno qualunque. Si chiama Joseph Wachira, guardia della riserva naturale nonché devoto custode di Sudan. La fotografia immortala la fine di un’intera sottospecie (ad oggi restano in vita solamente due femmine della sottospecie, incapaci di portare avanti una gravidanza), ma anche l’atto conclusivo di una bella amicizia.

Sudan, nato nel 1973, è passato alla storia come l’ultimo maschio di rinoceronte bianco settentrionale, simbolo struggente della fragilità del mondo naturale e del fallimento umano nel proteggere le specie più minacciate. La sua vicenda, che si intreccia con la storia della conservazione animale del XX e XXI secolo, è una parabola amara e al tempo stesso carica di speranza, segnata da cattività, sperimentazioni scientifiche e tentativi disperati di salvare una sottospecie ormai scomparsa in natura.
Aveva appena due anni quando, nel febbraio del 1975, venne catturato insieme ad altri cinque rinoceronti bianchi settentrionali nel parco nazionale di Shambe, in Sudan. L’operazione, condotta per conto del direttore dello zoo di Dvůr Králové, Josef Vágner, e realizzata da un gruppo di cacciatori legati al circo inglese Chipperfield, aveva come obiettivo quello di creare un nucleo riproduttivo in cattività.

Già allora, però, gli ambientalisti denunciarono l’operazione come una sottrazione illegittima a una popolazione già in pericolo. Si stimava che, all’epoca, non rimanessero più di 700 esemplari in natura. Sudan e i suoi compagni furono trasferiti in Cecoslovacchia, dove lo zoo di Dvůr Králové vantava una delle più grandi collezioni di fauna africana al di fuori del continente. Lì Sudan trascorse buona parte della sua vita, diventando padre di tre cuccioli: Nabire, Najin e un terzo, nato prematuramente e morto poco dopo.
La figlia Najin, a sua volta, diede alla luce Fatu, rendendo Sudan nonno e prolungando per un poco ancora la linea della sua stirpe. Ma già negli anni ’80 la situazione per la sottospecie era precipitata. In Africa, lo sterminio aveva riguardato la totalità dei rinoceronti bianchi settentrionali rimasti. In Uganda e Sudan non ne sopravvivevano più. Nel parco nazionale di Garamba (odierna Repubblica Democratica del Congo), ne restavano appena 13.

Lo zoo di Dvůr Králové divenne così un centro vitale per la loro sopravvivenza, ma nonostante gli sforzi internazionali, i risultati furono deludenti. Si tentarono accoppiamenti con esemplari di rinoceronte bianco meridionale, si importarono nuovi maschi. Si ricorse perfino a procedure chirurgiche per estrarre ovuli e sperma nella speranza di conservare il patrimonio genetico della sottospecie. Tuttavia, con l’avanzare degli anni, gli esemplari divennero troppo vecchi per riprodursi e la linea dei rinoceronti bianchi settentrionali si avviò verso l’estinzione.
Nel 2009, su raccomandazione della IUCN e di altri enti di conservazione, Sudan venne trasferito insieme alla figlia Najin, alla nipote Fatu e al maschio Suni nella riserva di Ol Pejeta, in Kenya. L’operazione, chiamata “Last Chance to Survive”, rappresentava un ultimo, estremo tentativo di favorire la riproduzione in un ambiente più naturale.
Nonostante le speranze, Sudan non riuscì più ad accoppiarsi. Troppo vecchio e ormai sterile, visse i suoi ultimi anni circondato da un imponente apparato di sicurezza, che lo protesse dai bracconieri, la minaccia più letale per i rinoceronti africani. Divenne una figura quasi mitica, un’icona mondiale della conservazione. Nel 2017, persino l’app di incontri Tinder creò un profilo a suo nome per raccogliere fondi destinati alla ricerca di tecniche di fecondazione artificiale che potessero salvare la sua specie. Ma ormai il tempo stava finendo.

Sudan cominciò a soffrire di una grave infezione alla zampa posteriore, che si aggravò nei mesi successivi fino a costringere i veterinari, nel marzo del 2018, a ricorrere all’eutanasia. Aveva 45 anni. A catturare in immagine gli ultimi momenti di vita del rinoceronte ci fu Ami Vitale. Il fotografo ebbe modo di conoscere l’animale nel 2009, quando ancora si trovava nello zoo ceco.
Le sue stesse parole ci dicono parecchio di quell’istante, reso unico sia dalla casistica, sia dal contesto. Vitale dice: “assistere alla morte di una creatura, l’ultima della sua specie, è un’esperienza che spero di non dover mai più provare. È come assistere alla nostra stessa fine“.




