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Seti I, il faraone "apparecchiatore"

Seti I, il faraone “apparecchiatore”

Quando Ramses I, il vecchio generale divenuto faraone, lasciò questo mondo nel 1294 a.C., la giovane XIX dinastia, da lui fondata, si trovò di fronte a una prova cruciale. Bisognava consolidare il potere e, contemporaneamente, restituire all’Egitto la grandezza perduta dopo le turbolenze dell’epoca amarniana. Il compito spettò al figlio del primo Ramses, Seti I, uno dei sovrani più raffinati e vigorosi dell’intero Nuovo Regno. Un uomo capace di combinare l’energia del guerriero con la sensibilità del costruttore e del devoto. Ma soprattutto, fu lui che apparecchiò la tavola della grandezza a suo figlio, Ramses II.

Seti I, il faraone "apparecchiatore"

Nato intorno al 1324 a.C., Seti era l’ultimo dei figli di Ramses I e della regina Sitra. Crebbe in un ambiente in cui le uniche cose che davvero contavano erano il rispetto della gerarchia di potere, l’amministrazione e il culto. Eredità di una tradizione di comando che affondava le radici nell’epoca del faraone Horemheb, il grande restauratore dopo la crisi di Akhenaton. Prima ancora di ascendere al trono, Seti si distinse come consigliere e comandante supremo dell’esercito, ruoli che gli permisero di familiarizzare con la macchina statale e di consolidare la propria legittimità in un momento in cui il potere reale aveva bisogno di essere riaffermato.

La sua sposa, la regina Tuy, non apparteneva alla nobiltà ereditaria. Infatti era figlia di Raya, capo dei carri, e di Ruya, persone comuni ma di solida posizione militare. Tuttavia, in un’Egitto che stava ridefinendo la propria aristocrazia dopo le rivoluzioni religiose di Amarna, anche una donna di origini non regali poteva salire al rango di regina. Dal loro matrimonio nacque un figlio destinato a superare la fama del padre. Sto parlando ovviamente di Ramses II, detto il “Grande”. Colui che sarebbe rimasto nell’immaginario collettivo come il simbolo stesso della regalità egizia. Mica male.

Seti I nomi del faraone

Alla sua ascesa, Seti I trovò un Egitto che aveva bisogno di riaffermare il proprio dominio sull’Asia e sull’Africa. Con disciplina e intuito strategico, riorganizzò l’esercito in tre divisioni principali, ciascuna legata a una delle grandi città sacre del regno (Tebe, Eliopoli e Menfi). Questa struttura militare sarebbe poi diventata il modello per le campagne del figlio Ramses II.

Le iscrizioni sulle pareti del grande tempio di Amon a Karnak, dove Seti fece immortalare le proprie gesta, ci offrono un vivido racconto della sua attività bellica. Egli guidò personalmente spedizioni in Palestina, in Siria e in Libia, consolidando i confini e riportando sotto controllo egiziano diverse regioni ribelli. La sua impresa più importante fu la conquista temporanea di Qadesh, la città siriana che divenne un secolo dopo il teatro della famosa battaglia combattuta dal figlio contro gli Ittiti.

Seti I espansione Regno d'Egitto XIII millennio a.C.

Seti non combatteva soltanto per l’espansione territoriale, ma per la legittimità stessa della sua dinastia. Ogni vittoria, ogni rilievo inciso nella pietra rappresentava la prova tangibile che il faraone era “il garante dell’ordine di Maat”, la giustizia cosmica che reggeva l’universo.

Messa così, sembra che Seti I fosse solo un buon condottiero. Invece, vi farà piacere saperlo, dietro l’armatura del combattente vi era un animo responsabile e creativo. La sua eredità architettonica testimonia una particolare concezione del potere. Parola da intendere in un duplice modo, quindi come “armonia” e “restaurazione“. Fu lui, infatti, a inaugurare un grande programma di costruzioni che interessò tutto l’Egitto, dal Delta del Nilo alla Nubia (odierno Sudan, all’incirca). Fece erigere nuovi templi, e si dedicò anche alla restituzione del nome e del culto di Amon, cancellato durante la rivoluzione monoteista di Akhenaton.

Seti I tempio di Amon

Tra le sue opere più straordinarie spiccano la sala ipostila di Karnak, con i suoi colonnati monumentali e rilievi di una raffinatezza mai più eguagliata; il tempio funerario di Dra Abu el-Naga; e soprattutto il tempio di Abydos, uno dei capolavori assoluti dell’arte egizia.

Il complesso di Abydos, dedicato a Osiride, è la sintesi perfetta della spiritualità di Seti I. Un sovrano che cercava di congiungere il proprio destino a quello del dio della resurrezione. Accanto al santuario principale, egli fece costruire l’Osireion, un monumento sotterraneo in calcare e arenaria rossa, simbolo cosmico della collina primordiale che emergeva dalle acque all’alba della creazione. Qui, il faraone si identificava con Osiride, unendosi a lui nel ciclo eterno della morte e della rinascita.

Seti I mummia Egitto

La tomba di Seti I (KV17) nella Valle dei Re rappresenta uno dei vertici assoluti dell’architettura funeraria egizia. E qui c’è un pizzico d’Italia. Sì, perché a scoprirla fu Giovanni Battista Belzoni nel 1817. La tomba stupì gli studiosi per la sua ampiezza, la complessità delle decorazioni e l’incredibile stato di conservazione. La camera sepolcrale, scavata in profondità, è una rappresentazione cosmica del cielo. Le stelle, assieme a costellazioni e figure divine, ricoprono la volta. Si crea così un universo magico nel quale il faraone, unito a Ra, rinasce ogni giorno.

Il sarcofago in alabastro – oggi al Sir John Soane’s Museum di Londra – è uno dei più raffinati esempi di arte funeraria egizia. La mummia del faraone, trafugata e poi nascosta dai sacerdoti della XXI dinastia per proteggerla dai ladri di tombe, fu ritrovata a Deir el-Bahari e oggi riposa al Museo Egizio del Cairo.

Seti I tomba Valle dei Re

Seti I morì intorno al 1279 a.C., dopo circa 16 o 17 anni di regno. Gli succedette Ramses II, che completò molte delle opere paterne e proiettò l’Egitto nell’età dell’oro. Tuttavia, fu proprio l’opera di Seti a rendere possibile quella grandezza: fu lui a ricostruire l’autorità del trono, a restaurare il culto degli dèi, a rinsaldare i confini e a riportare splendore all’arte egizia. Insomma, un apparecchiatore, non trovate?