I Minoici dell’Isola di Creta avevano un singolare rituale funebre. Oltre ai classici riti e ai banchetti, finivano poi col demolire le tombe. Alquanto singolare come pratica funeraria, non credete? Ma perché si dedicavano a questi riti così distruttivi? Cerchiamo di capirlo assieme.
Il singolare rituale funebre demolitivo Minoico

Gli archeologi hanno scoperto le prove di una rarissima cerimonia funeraria Minoica, risalente a circa 3.800 anni fa. Gli abitanti di Creta dell’epoca non si limitavano a seppellire i propri morti, ma si dedicavano poi alla metodica demolizione delle tombe, seguita poi da un banchetto di addio comunitario.
Tutta la cerimonia era attentamente pianificata, sin nei minimi dettagli. La cerimonia in questione si svolgeva presso l’insediamento costiero di Sissi, a est dell’antico Palazzo di Malia. Qui il rito prevedeva di smantellare le tombe collettive, distruggerne i resti, condividere un pasto comune e poi sigillare il sito per sempre.
Questa pratica di “uccisione rituale” delle tombe, secondo Jan Driessen, direttore degli scavi della Scuola Belga di Atene, non era un fatto di abbandono, bensì un atto deliberato di chiusura. In pratica i Minoici stavano seppellendo il passato, fisicamente e simbolicamente parlando.

Il rituale si svolgeva su un’area collinare del cimitero di Sissi. Qui generazioni di persone avevano seppellito i defunti in tombe rettangolari. In precedenza le tombe erano riutilizzate e ampliate, ma ad un certo punto i Minoici decisero di demolire quelle che erano tombe finali.
I resti umani presenti nelle tombe, alcuni sepolti in contenitori di argilla, altri deposti direttamente nel terreno, vennero tolti o frammentati. In alcuni casi le ossa erano spostate da parte, il che indica che le ultime sepolture erano parzialmente decomposte prima del livellamento delle tombe.
Una volta distrutte le tombe, poi, era il turno del banchetto condiviso. Subito a ovest delle tombe, infatti, c’era un’area di 40 metri quadri che ospitava più di 13mila frammenti di ceramica rotti. Si trattava di tazze, ciotole, pentole e brocche, la maggior parte delle quali risalenti al 1700 a.C. Per gli archeologi tali ceramiche non erano state buttate lì per caso, ma lasciate come parte di un banchetto di addio commemorativo per celebrare la chiusura del cimitero.
Dopo il banchetto, poi, i Minoici ricoprirono la zona di terra e pietre. E qui nessuno più costruì nulla, né altre tombe, sepolture o edifici. Secoli dopo la comunità riprese a seppellire i propri morti nelle vicinanze, ma evitò accuratamente queste zone. Quasi come se quella terra fosse diventata sacra.

Questo rituale nacque in un momento di profondi cambiamenti. Nello stesso periodi, infatti, costruirono i grandi palazzi di Cnosso e Malia. Le comunità si stavano espandendo: non erano più singole unità famigliari che condividevano spazi e sepolture, ma gruppi complessi di persone stratificati socialmente.
Le tombe collettive così persero il loro ruolo di centro della vita rituale, sostituite da corti nobiliari, santuari e grotte sacre. In pratica “uccidendo” le loro tombe ataviche gli abitanti di Sissi non volevano dimenticare il passato, solo ridefinirlo.