Storia Che Passione
Il figlio del papa che violenta un vescovo: l'Oltraggio di Fano

Il figlio del papa che violenta un vescovo: l’Oltraggio di Fano

Grande, enorme, gigantesca premessa: la vicenda storica di cui vi renderò partecipi è ancora oggi, a distanza di mezzo millennio, fonte di acceso dibattito. Tanti sono gli storici di mestiere pronti a giurare sulla sua veridicità, quanti sono quelli dell’altra schiera che mettendosi la mano destra sul cuore e alzando la sinistra in segno di solenne promessa, dicono si tratti di un classico racconto fittizio buono solo a gettare fango su una personalità certamente controversa, ma mai in grado di compiere un atto così tremendo quale lo stupro è ed è sempre stato. Detto ciò, passiamo alla fattualità (o la presunta tale) delle cose. Questa è la storia del cosiddetto “Oltraggio di Fano“. Uno dei più grandi scandali in seno alla Santa Romana Chiesa della prima metà del XVI secolo.

Il figlio del papa che violenta un vescovo: l'Oltraggio di Fano

Le fonti che ci parlano di questo evento sono molteplici, ma il primo autore a tramutare le voci in parole scritte nero su bianco fu il fiorentino Benedetto Varchi. Il Varchi fu un rinomato storico, scrittore e umanista del suo tempo. Coevo ai fatti di nostro interesse – dato che visse dal 1503 al 1565 – egli riporta la vicenda nella sua Storia fiorentina, testo redatto sotto la commissione del duca Cosimo de’ Medici.

Benedetto Varchi inizia la cronaca facendo esplicito riferimento all’irrefrenabile depravazione che contraddistingueva Pier Luigi Farnese. Chi fu? Semplicemente l’onnipotente e impunibile figlio di papa Paolo III, al secolo Alessandro Farnese. Il primogenito nato dall’unione illegittima fra l’allora cardinale Farnese e dalla nobildonna romana Silvia Ruffini manifestò fin dalla giovanissima età un animo irrequieto. Si dice proprio per via della natura “proibita” della relazione fra padre e madre, relazione da cui erano nati lui ed altri tre fratelli minori.

Oltraggio di Fano Paolo III concede il gonfalone al figlio Pier Luigi Farnese

Quali che fossero le motivazioni dietro il caratteraccio del “bastardo del papa” (soprannome caro ai nobili piacentini, dal 1545 sottoposti di Pier Luigi in quanto duca di Parma e Piacenza), la storiografia è certa nel dire come effettivamente intorno ai suoi trent’anni se ne andasse in giro per i territori dello Stato pontificio a far valere la sua autorità. Per quali “canali” intese farlo, è presto detto.

Per fare ciò che il più recondito e perverso desiderio gli comandava, il nobile principe di Casa Farnese necessitava di un determinato potere. Detto in soldoni: di una carica ufficiale. Gliela conferì il pontefice, suo padre, nel concistoro del 31 gennaio 1537. Papa Paolo III nominò suo figlio Capitano della Chiesa, ovvero colui che avrebbe portato la spada e il gonfalone di Santa Romana Chiesa. Un ruolo importantissimo, che nel concreto gli permetteva di girare indisturbato per tutto lo Stato pontificio, passare in rassegna i domini del papa e punire quanti avessero messo in discussione il suo volere.

Oltraggio di Fano città fortezza

Forte di questa facoltà, il nuovo gonfaloniere si recò in ispezione presso le fortezze marchigiane. Durante questo “viaggio di lavoro” avrebbe avuto luogo l’Oltraggio di Fano. Per l’appunto, recatosi a Fano, ad accoglierlo con tutti gli onori del caso ci fu la massima autorità della città: il vescovo. Non aspettatevi un vecchio decrepito prossimo al trapasso, affatto! Il vescovo di Fano era un ragazzino che di anni ne aveva poco più di 23. Egli era stato nominato (ma mai consacrato) per il privilegio episcopale con bolla pontificia firmata Clemente VII. Insomma, questo vescovo rispondeva al nome di Cosimo Gheri, della patrizia stirpe dei Gheri di Pistoia.

Secondo il Varchi, il giorno dell’arrivo del gonfaloniere romano a Fano, Cosimo Gheri capì che qualcosa nell’ospite non andava. Pier Luigi Farnese – per rompere il ghiaccio mi verrebbe da dire – per prima cosa chiese al vescovo come egli «si sollazzasse e desse buon tempo con quelle belle donne di Fano». L’uomo di chiesa, al limite fra l’imbarazzato e l’offeso, cercò di sviare il discorso, riportando sulla politica il focus della discussione. Era solo un assaggio di ciò che sarebbe avvenuto di lì a poco.

Oltraggio di Fano vescovo di Fano Cosimo Gheri

Il giorno successivo all’incontro, il principe Farnese offrì udienza al governatore laico di Fano e poi al prelato. Nell’ufficio del gonfaloniere si consumò questo famigerato Oltraggio di Fano. Nella parole del Varchi:

«Il governatore, tosto che vedde arrivato il vescovo, uscì di camera, e Pier Luigi cominciò, palpando e stazzonando il vescovo, a voler fare i più disonesti atti che con femmine far si possano; e perché il vescovo, tutto che fosse di poca e debolissima complessione […] si difendeva gagliardamente non pur da lui, il quale, essendo pieno di malfranzese, non si reggeva a pena in piè, ma da altri suoi satelliti (dipendenti, n.d.r.), i quali brigavano di tenerlo fermo, lo fece legare […]. Non solo li tennero i pugnali ignudi alla gola, minacciandolo continuamente, se si muoveva, di scannarlo. Ma anco gli diedero parte colle punte e parte co’ pomi, di maniera che vi rimasero i segni».

A quanto ci dicono quasi tutte le fonti, il vescovo non sopportò l’onta dello stupro subito e morì “d’afflizione” settimane dopo, il 24 settembre 1537. Una sparuta manciata di fonti sostiene invece che l’uomo di chiesa morì assassinato, forse avvelenato dagli sgherri del Farnese, il quale non voleva far spargere la voce dell’accaduto e dunque dello scandalo.

Vera o meno che sia la storia ambientata nelle Marche, di per certo il nome di Pier Luigi Farnese continuò ad essere cinto di una fama oscura. Già il padre, Paolo III, nel 1535 lo aveva rimproverato – per penna del monsignor Ricalcati – delle avventure amorose avute con giovani ragazzi vicini alla corte del papa. Di nuovo nel 1540, ambasciatori fiorentini a Roma continuavano a denunciare, seppur in via del tutto riservata, le aberranti gesta violente del gonfaloniere.

Oltraggio di Fano Pier Luigi Farnese

In ultimo, quando Pier Luigi Farnese cadde vittima della cospirazione nobiliare piacentina il 10 settembre del 1547, una pasquinata in lingua latina in cui ci si immaginava un suo approdo nell’aldilà si concludeva con queste parole:

Vis dicam? Ex italis stygias ut venit ad horas, incoepit natibus Pluto timere suis

Vuoi che te lo dica? Quando dalle rive italiane venne a quelle dell’oltretomba, Plutone cominciò a temere per le sue natiche.