Altro che “vado a incipriarmi un attimo il naso”: in epoca Tudor andare al gabinetto non era così semplice come pensate. E per andare al gabinetto intendiamo proprio recarsi nella stanza da bagno per espletare le proprie necessità corporali, quindi urinare e defecare. Ebbene: pare che ad Hampton Court, la residenza di “piacere” di Enrico VIII, non si sfuggiva alla complessa etichetta delle classi sociali neanche in bagno.
Il gabinetto in epoca Tudor, tutta una questione di classe sociale

Partiamo da lui, Enrico VIII. Nel suo palazzo di Hampton Court aveva, ovviamente, un posto lussuoso sul quale accovacciarsi ed espletare le proprie regali funzioni corporee. Lui e gli altri reali, infatti, sedevano su sedie imbottite, ricoperte di pelle di pecora, nastri e velluto nero, sollevate al di sopra di un vaso da notte in peltro.
Questa toilette personale era privata ed era collocata nella cosiddetta “stanza degli sgabelli”. Di questa stanza e delle sue regali sedie si prendeva cura un cortigiano di alto rango, il quale aveva il titolo (non sappiamo quanto ambito) di “sposo dello sgabello“. A dire il vero era un lavoro privilegiato e rispettato, che comprendeva non solo la manutenzione di sala e sgabelli, ma anche il fatto di prendere nota dei movimenti intestinali del sovrano.
Con descrizioni anche poetiche, se vogliamo. Pare, infatti, che nel 1539 lo sposo dello sgabello di Enrico VIII avesse un certo talento per la dialettica e gli eufemismi, arrivando a scrivere che il re aveva dovuto prendere dei lassativi e aveva vissuto “un assedio molto giusto”.
Comunque sia, questo valeva per la famiglia reale. Ma discendendo la scala sociale, le cose cambiavano in maniera sempre più netta. I cortigiani più apprezzati dal re non erano assolutamente coccolati quanto il sovrano, ma erano comunque abbastanza fortunati da avere le loro camere private e i loro vasi da notte personalizzati.
Peggio andava ai servitori. La nauseabonda e puzzolente verità è che Hampton Court non era assolutamente attrezzata per far fronte alle esigenze corporali delle centinaia di servitori indispensabili per mandare avanti la ricca magione. Quindi ecco che durante i lunghi e interminabili banchetti del re, i servitori avevano l’abitudine di liberare vescica e intestino infrattandosi in corridoi nascosti. O svuotando le viscere nei camini ancora sfrigolanti.

E la stessa cosa facevano in cucina i ragazzi incaricati di far girare gli spiedi. Chissà poi perché il tasso di mortalità all’epoca era così alto? La storica Lucy Worsley ha spiegato che le pareti all’epoca puzzavano così tanto di urina che arrivarono a far disegnare delle croci sui muri con il gesso nella speranza che la gente smettesse di urinarvi e defecarvi addosso per rispetto nel confronto del simbolo religioso.
Il problema divenne così impellente, tanto per rimanere in tema, che ad un certo punto Enrico VIII ordinò di costruire un grosso blocco di servizi igienici vicino al Tamigi. Tale location fu ribattezzata dallo stesso sovrano come Great House of Easement (in quanto a eufemismi doveva aver preso lezioni dal suo sposto dello sgabello).
Questo edificio interamente adibito a bagni aveva due livelli e poteva ospitare fino a 28 persone contemporaneamente. Il problema, però, è che fu concepito come uno spazio comune. Quindi non aveva cabine o pareti, esattamente come altri bagni pubblici inglesi che erano, fondamentalmente, lunghe file di panche con dei buchi. Anzi, proprio a Londra esisteva la Whittington’s Longhouse: era un’imponente toilette da 128 posti, divisa solamente in una sezione maschile e una femminile. E stop.

Organizzata così, la Great House of Easement non sembrava essere esattamente il progetto del secolo. Ma la situazione degenera ulteriormente quando pensiamo alla metodica escogitata per la sua pulizia.
Cosa c’era di peggio che usare la Great House of Easement? Beh, pulirla. La latrina comune, infatti, conduceva a un’ampia vasca che, dopo i banchetti del re, doveva essere pulita e strofinata da un team di ragazzi nominati dal re. A questo gruppo di pulizie diedero il nome di Gong Scourers.
Per darvi un’idea del lavoro che attendeva questi ragazzi: dopo che la corte del re aveva soggiornato nella magione per quattro settimane, la camera di mattoni si riempiva fino al soffitto di escrementi. E i ragazzi dovevano svuotarla e pulirla da cima a fondo. A questo punto direi che lamentarsi di pulire la lettiera del gatto non ha più molto senso, vero?