Storia Che Passione
Richard Roose il cuoco condannato da Enrico VIII alla bollitura a morte

Richard Roose: il cuoco condannato da Enrico VIII alla bollitura a morte

Accusato per l’avvelenamento del vescovo di Rochester e dei suoi servi, il cuoco Richard Roose andò contro una condanna violentissima, drammatica nella sua tragica esecuzione. Per volere di Enrico VIII Tudor, la forca mobile calò l’uomo in un calderone di acqua in ebollizione, decretando così la sua inesorabile fine tra atroci sofferenze e grida disumane. L’articolo potrebbe terminare qui, me ne rendo conto, ma personalmente credo sia interessante scavare nella vicenda per rintracciare il marcio che si cela dietro un’apparente follia giudiziaria della prima Età Moderna. E fidatevi che di marcio si parla non a caso.

Per scovare un barlume di sottotrama, insieme dobbiamo fare lo sforzo di ricordare chi è Enrico VIII e cosa fa nei suoi primi anni di regno sul trono d’Inghilterra. Il sovrano è sposato con Caterina d’Aragona, ancora sua moglie alla data dei fatti, ovvero primavera del 1532. Ciò non distoglie il re dalla “frequentazione” di altre nobildonne, una fra tutte Anna Bolena. Come si è detto anche in altre sedi, Caterina non è in grado di dare un figlio ad Enrico, così quest’ultimo rivolge tutte le sue attenzioni alla giovane e perspicace Anna, figlia del conte di Wilthshire. Anzi, fa di più, attraverso cavilli legali cerca di dichiarare nullo il primo matrimonio e ottenere il benestare da parte dell’allora pontefice Clemente VII.

Gli ingranaggi dello scisma anglicano si muovono e qualcuno in Inghilterra aguzza le orecchie, prevedendo il cataclisma diplomatico. Quel qualcuno risponde al nome di John Fisher vescovo di Rochester, anche se non molto influente a corte, è ritenuto da buona parte del mondo intellettuale cattolico il più grande teologo europeo, almeno a quel tempo. La sua parola conta un minimo. Peccato che Fisher sia uno strenuo difensore della legittimità matrimoniale tra l’aragonese e il Tudor. Dal 1529 al ’31 l’umanista britannico si schiera un po’ contro tutto e tutti, cadendo vittima di intimidazioni molto più fisiche che verbali.

Quindi, facendo un po’ il quadro della situazione, si evince: un sovrano indaffarato con la bega matrimoniale; un’amante vogliosa di diventare regina consorte ma accusata da più parti di essere spietata e brutale nel raggiungere l’obiettivo; un vescovo ligio alla morale progressivamente scalfito dalle trame del potere. Come fa un suddito comune come Richard Roose ad entrare nell’intreccio, divenendo inevitabilmente il perno stesso della storia? Semplice, è vittima di un gioco malato infinitamente più grande di lui, un disegno che ha bisogno di scaricare le colpe di tutti sul capo, o meglio, sul corpo di un singolo insignificante.

Richard Roose, come detto in precedenza, è il cuoco di casa Fisher. Una cena da lui preparata finisce male, con l’avvelenamento di due commensali ospiti del vescovo (John Fisher non mangia e perciò non ne risente). Il cuoco ammette (forse sotto tortura) di aver mischiato lassativi e farina. Eppure a Londra gira voce che dietro il premeditato avvelenamento ci sia la lunga mano di Anna Bolena. Enrico VIII non sopporta l’accanimento e decide di intervenire con pugno duro. Con un decreto legge sancisce come il veneficio debba essere punito con la pena per bollitura a morte. Inoltre impedisce a Roose di presentarsi di fronte ad un tribunale per un regolare processo. La morte incombe, per dichiarata volontà dell’inamovibile re. Così facendo il Tudor può anche smarcarsi con astuzia dalle implicite calunnie che lo vedono contrario per partito preso alle dichiarazioni del vescovo di Rochester.

L’alba del 15 aprile 1532 è l’ultima per il povero cuoco. Assicurato ad una forca semovente, scende nel calderone morendo bollito di fronte ad un folto pubblico riunitosi nell’area verde di Smithfield, solitamente adibita a mercati per il bestiame. Fisher seguirà nell’aldilà il cuoco solo tre anni dopo, anch’egli condannato alla decapitazione per non aver prestato giuramento alla nuova coppia reale. La pena della bollitura a morte verrà eseguita una seconda volta qualche anno più tardi. Il parlamento l’abolirà nel 1547. In Europa si continuerà ad usufruirne, a Roma ne sanno qualcosa…