Fotografia di Alexander Shogin, località sconosciuta, 1987. Una donna nuota sott’acqua mentre il figlio neonato sembra cavalcare il suo dorso come un piccolo delfino. La fotografia scattata da Alexander Shogin nel 1987 ottenne il premio del World Press Photo Contest dell’anno successivo, nella categoria Umorismo. Lo scatto ci offre tanti spunti di riflessione, tutti inerenti il cosiddetto metodo Čarkovskij, dal nome del pseudo dottore Igor’ Čarkovskij. Figura abbastanza controversa, ma che riscosse un certo successo nell’Unione Sovietica (e non solo) a partire dalla fine degli anni ’60.

Il contesto è quello delle sperimentazioni di Igor’ Čarkovskij, personaggio controverso nell’Unione Sovietica degli anni ’60-’80. Čarkovskij, pur non essendo un medico di formazione, si impose come pioniere del parto in acqua e della terapia acquatica per neonati, idee che presentava come rivoluzionarie e naturali, ispirandosi al mondo marino e ai delfini, animali da lui osservati come modelli di armonia e vitalità. Nei suoi circoli, le madri e i loro bambini venivano immerse in ambienti acquatici, nella convinzione che l’acqua favorisse lo sviluppo psicofisico e rafforzasse il legame madre-figlio.
Dal punto di vista artistico, lo scatto ha un impatto immediato. L’acqua diventa un filtro che smorza i colori, avvolgendo la scena in una tonalità blu-verde che accentua la sensazione di sospensione e di silenzio. La luce, filtrata dalla superficie, gioca con i corpi creando riflessi morbidi, quasi pittorici, sulle gambe della donna.

Il bambino, nudo e libero, appare come una piccola creatura marina che si adatta naturalmente a questo elemento. La sua posizione sulla schiena della madre richiama l’immagine arcaica di un cucciolo che si affida all’istinto della genitrice, ma richiama anche l’iconografia mitica vicina alle creature leggendarie.
Il tono, lasciatemelo dire, è quasi fiabesco. La donna avanza con le pinne e la maschera, figura a metà tra umano e sirena. Mentre il bambino, perfettamente a suo agio, trasforma un atto di sperimentazione pedagogica in un’immagine universale di fiducia e simbiosi. Non a caso il paragone con il delfino non è casuale. Oltre a essere una fonte di ispirazione per Čarkovskij, l’animale marino diventa qui metafora di libertà, gioco e armonia con la natura.

Alexander Shogin coglie anche un sottile elemento di umorismo visivo: lo scatto non è tragico né drammatico, ma leggero, con quella punta di ironia tenera che nasce dalla sproporzione tra l’ambiente vasto e profondo e il piccolo corpo del bambino che, con naturalezza, si comporta come un esploratore acquatico.