Fotografia di anonimo, Londra, 1937. “La gabbia del bambino per le famiglie senza giardino”, questo il titolo della fotografia, di per sé esplicativo, ma non del tutto chiarificatore. Nel corso degli anni ’30 l’esterno degli appartamenti cittadini di Londra era decorato con delle gabbie metalliche sporgenti. I genitori sistemavamo i neonati al loro interno poiché comune era l’idea che “un po’ d’aria fresca avrebbe solo giovato alla salute dei pargoli”. Lo scatto fotografico qui presentato è accompagnato da molti altri simili, se non identici, a dimostrazione della popolarità della consuetudine. Ma come si è sviluppata e quando è nata esattamente?

Nel 1894 un manuale fece la sua comparsa sul mercato librario, scritto dal pediatra statunitense Luther Emmett Holt, “The Care and Feeding of Children: A Catechism for the Use of Mothers and Children’s Nurses” letteralmente “La cura e l’alimentazione dei bambini: un insegnamento ad uso delle madri e delle infermiere dei bambini” si prefiggeva come obiettivo quello di istruire giovani madri sul benessere dei propri figli. I provvedimenti e i rimedi consigliati nel libro tradivano l’intento nobile dell’autore.
Holt suggeriva di allattare i figli solo con latte rigorosamente certificato (bollando quello materno come retaggio di una cultura passata), così come sosteneva la proibizione del gioco con il neonato fino al sesto mese. Forse però il più stravagante dei pareri prevedeva di lasciare i bambini all’aperto, preferibilmente durante la stagione fredda. Così facendo li si aiutava a rafforzare il loro sistema immunitario. Il pediatra sviluppò in seguito questa idea, ergendosi a promotore delle gabbie per bambini, utili secondo lui a “mantenere arieggiato il bimbo, sollecitando la purificazione dei polmoni e del sangue”.

Le gabbie della salute (come venivano altresì chiamate) non furono tuttavia un’invenzione di Holt. L’onore spettò alla signora Robert C. Lafferty nei primi anni del Novecento. La signora Lafferty non era mica una voce fuori dal coro, ma seguiva una logica comune per l’epoca. Al tempo la tubercolosi mieteva molte vittime, anche tra i più giovani. Ad esempio negli Stati Uniti iniziarono a costruire scuole all’aperto, credendo così di poter combattere – con aria fresca e attività esterne – il malanno. Su questa scia nacquero le prime gabbie per bambini, in grado di favorire la ventilazione e l’esposizione all’aperto.
L’invenzione non si diffuse nell’immediato, anche se qualche esempio illustre ci fu. Si dice che la first lady Eleanor Roosevelt utilizzasse la baby cage nel 1908 per sua figlia Anna, rimanendo poi scioccata dalle minacce di denuncia provenienti dai vicini nel caso in cui quel comportamento definito sconsiderato si fosse ripetuto. La signora Roosevelt disse di voler apparire solamente come una madre moderna.

L’anno della svolta per le gabbie della salute fu il 1922, quando Emma Read, casalinga britannica dotata di grande estro creativo, brevettò la sua “gabbia portatile per neonati”. L’oggetto è quello che vedete in fotografia e, sembra assurdo crederlo oggi, ebbe un successone, in particolare nella Londra degli anni ’30. Addirittura il Royal Institute of British Architects arrivò a richiedere l’istallazione di una baby cage per ogni appartamento della classe media londinese.

Una fortuna che scemò con la Seconda guerra mondiale. Non perché ci si rese conto dello svarione scientifico che mezzo secolo prima l’americano Luther Emmett Holt aveva contribuito ad affermare, ma perché con i cieli d’Inghilterra infestati dalla Luftwaffe non era proprio saggio lasciare i bambini fuori la finestra a prendere un po’ d’aria fresca.