Forse tra la vicende meno note dell’intero XIII secolo, la guerra degli Stedinger rappresentò un momento critico tanto per la stabilità politica e religiosa dell’area germanica settentrionale quanto per i suoi vincoli – più formali che altro – con Roma. Parlare dell’episodio avuto luogo tra il 1233 e il 1234 nel basso corso del Weser (nei dintorni di Brema, per capirci) significa approfondire una delle tante “crociate dimenticate” che hanno afflitto il continente europeo nel pieno Medioevo. Alcune di queste le abbiamo già trattate in tempi non sospetti, come il Catarismo nelle sua duttile essenza. Tante altre invece sono ancora lì, in attesa essere scoperte e raccontate. Noi siamo qui per questo. Senza indugiare ulteriormente, ecco a voi la storia di quando contadini e crociati se le diedero di santa ragione nella Germania del nord per questioni del tutto estranee al contesto etico o religioso. Che bello il Medioevo!

Li ho nominati, ma immagino nessuno (o quasi) sappia chi sono gli Stedinger. Per dirla in due parole: gli Stedinger erano coloni olandesi e frisoni che si erano stabiliti nelle paludi del Weser a partire dall’XI secolo. Questi territori, difficili da abitare e coltivare, erano stati bonificati da queste comunità attraverso un ingente sforzo collettivo. L’indipendenza economica e organizzativa li aveva resi una comunità relativamente autonoma, caratterizzata da un forte spirito di libertà e coesione sociale. L’arcidiocesi di Brema, che rivendicava la sovranità su quei territori, pretendeva da loro pesanti tasse e tributi. La situazione si inasprì quando gli Stedinger iniziarono a rifiutarsi di riconoscere l’autorità ecclesiastica, opponendosi apertamente al pagamento dei tributi.
Vi leggo nel pensiero: perché Stedinger? Il termine deriva dal tedesco Gestade, che significa riva o costa; un vocabolo che rimarcava dunque l’origine geografica di questa popolazione, proveniente dalle coste olandesi.

La questione si fece più spinosa all’alba del secolo Duecento. Come si è sottolineato, caratteristica predominante della comunità contadina era la forte coesione sociale. Riflesso di quest’ultima fu la decisione, presa nel primo decennio del XIII secolo, di elevarsi giuridicamente a comunità autonoma, chiamata nei documenti latini Universitas Stedingorum. Non solo l’autorità locale non fece nulla per il riconoscimento dell’autonomia – e anzi si oppose fermamente alla medesima – ma alzò le tasse, minacciando di convertire i loro possedimenti liberi in locazioni. Di fatto, con modi neppure troppo gentili si stava dicendo ai contadini “pagate i tributi o vi affittiamo con la forza la terra in cui vivete liberamente da secoli”.
Alla cattive i contadini risposero con le cattive. Nel triennio 1212-14 essi bruciarono qualche castello qua e là, rifiutandosi di pagare tasse e decime finché non si fosse riconosciuta una parziale autonomia. Nel 1219 l’arcivescovado passò nelle mani di Gerhard II di Lippe. Lui fu il promotore della “linea dura” contro gli Stedinger, che infatti scomunicò dieci anni dopo l’assunzione della carica. Col trascorrere degli anni l’arcivescovo di Brema si rese conto tuttavia di star spendendo fin troppe energie ottenendo una manciata di risultati tutt’altro che incoraggianti. Urgevano rinforzi, se non laici, quantomeno dal papa! Ma come fare?

Dopo settimane di ragionamenti e grattacapi apparentemente irrisolvibili, il vecchio Gerhard ebbe un colpo di fulmine: perché non dichiararli eretici e con la scusa appropriarsi dei fondi romani per contrastare l’odiosa e blasfema eterodossia? Detto fatto. Il 17 marzo 1230 l’arcivescovo convocò un sinodo nella città di Brema e dichiarò tutti gli Stedinger eretici, accusandoli più nello specifico di essere superstiziosi, di aver assassinato uomini di chiesa, bruciato monasteri e di aver profanato l’eucarestia. Perché sì.
Gerhard si avviò verso la Città Eterna per presentare al pontefice, allora Gregorio IX, gli estremi dell’anatema. Sua Santità ci mise un po’ per convincersi, ma alla fine appoggiò le richieste del prelato tedesco. Con la bolla Lucis eterne lumine dichiarò aperta la crociata contro i contadini del nord; l’imperatore Federico II mise al bando imperiale la popolazione nonostante avesse tutti i motivi di questo mondo per non porsi sulla scia della scelta pontificia. Era il 1233, sarebbe seguito un anno di indicibili massacri.

Prima che contadini e crociati effettivamente arrivassero alle armi, il papa mise il carico da novanta. Rettificò la bolla, aggiungendo l’indulgenza plenaria a chiunque partecipasse alla crociata contro gli Stedinger. Questo pose la crociata contro di loro sullo stesso piano delle guerre in Terra Santa, attirando cavalieri e nobili in cerca di ricompense spirituali e materiali. Che poi anche qui bisogna essere puntigliosi e dire come sì, il crociato impegnato nella battaglia contro i presunti eretici otteneva qualche indulgenza, ma la remissione completa spettava solo a coloro che sul campo ci lasciavano le penne. Ma non è questo il punto.
Grazie al supporto economico e umano delle vicine diocesi, i crociati misero in piedi un esercito di circa 40.000 uomini ben armati. Gli Stedinger risposero con circa 10.000 braccianti muniti di forcone e tanto, forse troppo, coraggio. Tuttavia il 1233 si concluse con una sostanziale vittoria ai punti dei contadini, che resistettero alle sortite cavalleresche e in alcuni sporadici casi conquistarono qualche villaggio strategico nel basso corso del fiume Weser.

Imparata la lezione, i crociati si riorganizzarono nel 1234. I domenicani predicarono la crociata praticamente in tutto il nord Europa, raccogliendo uno strepitoso (e strepitante, c’è da dirlo) consenso. Il principe Enrico I di Brabante assunse il comando delle operazioni. Per gli Stendiger non ci fu scampo. Lo scontro decisivo avvenne ad Altenesch il 27 maggio 1234. Gli Stedinger, pur essendo in inferiorità numerica e materiale, si batterono con coraggio. Non sempre con l’audacia si ferma l’impeto del ferro. Furono sopraffatti e massacrati. Si stima che migliaia di contadini persero la vita in quello scontro.
Tra gli Stedinger, chi vi prese parte e morì, non conobbe la sottomissione che i sopravvissuti sperimentarono. In pochi riuscirono ad emigrare altrove, disperdendosi in Francia o in Scandinavia. La memoria della crociata indetta contro gli Stedinger sopravvisse nel tempo, arrivando fino alla contemporaneità. Nel 1934 il Terzo Reich commemorò la battaglia di Altenesch. Si tennero rievocazioni, discorsi, esibizioni musicali e balli in onore dei contadini del basso Weser, considerati eroici difensori della loro terra a scapito di una chiesa predatrice e affamata di denaro.

Al di là della retorica nazionalsocialista che tutto strumentalizzava a fini propagandistici, c’è da riconoscere come l’evento prolungatosi nel primo trentennio del XIII secolo ci ricorda cosa significasse “crociata” per la Chiesa del tempo. Lotta agli eretici o lotta ai dissidenti? Distinzione netta nel presente, apparentemente sfumata 700 anni fa.