Storia Che Passione
Accadde oggi: 2 dicembre

Accadde oggi: 2 dicembre

Almanacco del 2 dicembre, anno 1982: all’Università dello Utah, il 61enne Barney Clark diventa la prima persona nella storia a ricevere l’impianto di un cuore artificiale permanente. All’interno di una sala operatoria dalle luci farraginose, si consumava un momento spartiacque nella storia della medicina. Stava avendo un luogo un’operazione che fino a quel momento apparteneva a logiche quasi fantascientifiche: la sostituzione di un cuore umano con uno artificiale, una macchina di vita.

Accadde oggi: 2 dicembre

Il paziente che già ho avuto modo di presentarvi si chiamava Barney Clark ed era un dentista in pensione di Seattle. Uomo robusto e schietto, conosciuto per il suo carattere coriaceo. La sua vita, ormai minata da una cardiomiopatia terminale aggravata da anni di terapie steroidee, dipendeva da un cuore che si era ridotto a una massa fragile e lacerata. Non esistevano trapianti disponibili, né possibilità di recupero.

Clark accettò dunque la proposta di diventare il primo essere umano a ricevere un cuore completamente artificiale: lo Jarvik-7, creato dal medico-inventore Robert Jarvik e perfezionato in anni di sperimentazioni con animali.

2 dicembre William DeVries

Al mattino del 2 dicembre ’82, dopo sette ore di intervento condotto con cautela quasi religiosa, il chirurgo cardiotoracico William DeVries estrasse il cuore biologico dell’ex dentista e lo sostituì con due camere ventricolari in poliuretano e alluminio, collegate tramite tubi a un ingombrante compressore pneumatico di oltre 180 chili. Non si trattava di un supporto temporaneo, ma di una soluzione pensata (almeno nelle intenzioni) per accompagnare il paziente per il resto della vita. Non proprio una docile comodità, ma la scelta era fra quel “peso” e la fine certa. Optarono per la prima.

Era un salto nel buio, una sfida scientifica ed etica senza precedenti, e per questo attirò un’attenzione mediatica immensa. Centinaia di giornalisti trasformarono la mensa dell’ospedale nel loro quartier generale.

2 dicembre Clark post operazione 1982

Quando la notizia del successo dell’intervento fu diffusa, il mondo trattenne il respiro. Alcuni applaudirono al trionfo dell’ingegneria biomedica. Altri sollevarono immediatamente dubbi, evocando il fantasma del “Frankenstein moderno”. In mezzo a queste tensioni, Clark appariva come un uomo comune precipitato in una vicenda straordinaria. Appena aprì gli occhi, a seguito della buona riuscita dell’operazione, disse al cardiochirurgo di non provare alcun dolore, ma solo una sensazione strana. Sentiva un cuore battere, anche se artificiale. A tal proposito guardò la moglie, Una Loy, e le rivolse le seguenti parole: «Voglio dirti che anche se non ho un cuore, ti amo ancora».

2 dicembre Clark con la moglie

La nuova vita con il cuore artificiale fu un susseguirsi di giornate difficili e momenti di grande tenerezza. Tra i ricordi più intensi vi fu la celebrazione del 39º anniversario di matrimonio con la moglie. Tuttavia, nonostante i progressi, lo Jarvik-7 si rivelò un dispositivo ancora acerbo: Clark dovette affrontare infezioni, complicazioni, oscillazioni pressorie e problemi di coagulazione. Il 23 marzo 1983, dopo 112 giorni vissuti in un territorio inesplorato della medicina, il suo organismo cedette a un grave collasso circolatorio.

Sarebbe un grande errore definire la morte di Barney Clark un fallimento; la chiosa sulla sua vita rappresentò invece l’inizio di un nuovo capitolo della scienza medica. La scelta di sottoporsi a un intervento tanto incerto aprì la strada a decenni di ricerca. Ispirò lo sviluppo di cuori artificiali sempre più sofisticati e contribuì a cambiare il rapporto fra scienza, tecnologia e corpo umano.