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Foto del giorno: un ruggito eternamente congelato

Foto del giorno: un ruggito eternamente congelato

Fotografia di Michel Viard, Galerie de Zoologie, Museo nazionale di storia naturale di Francia, Parigi, 1994. Lo scatto di Viard ritrae un preparatore tassidermista intento a restaurare una tigre imbalsamata. Ciò che resta dell’animale è sdraiato su un banco da lavoro in posizione innaturale, con le zampe rivolte verso l’alto, come se fosse in procinto di attaccare la sua preda. Impressa negli occhi la foga bestiale degli ultimi istanti di vita; un ruggito strozzato, congelato per l’eternità.

Foto del giorno: un ruggito eternamente congelato

Il felino che si prende la scena nella fotografia non era una tigre qualunque. Si trattava di una tigre che Luigi Filippo Roberto, duca d’Orléans, cacciò in India nel lontano 1888. Il corpo dell’animale venne conservato e trasportato in Europa, divenendo oggetto da esposizione. A tutti gli effetti un simbolo del potere coloniale, ma anche di dominazione culturale e scientifica dell’uomo sull’animale. Tematiche complesse, che la fotografia di Michel Viard, datata 1994, per forza di cose resuscita.

Chiediamoci dunque il perché dello scatto; quale fu il contesto che portò Viard ad inquadrare un tassidermista intento a svolgere il suo lavoro? Ebbene, la tigre tardo ottocentesca si stava “facendo bella” per l’esposizione alla Galerie de Zoologie, ambiente speciale del più grande Museo nazionale di storia naturale di Francia. Per l’esposizione parigina, il pezzo da novanta non può assolutamente mancare. La posizione del grandioso felino ci suggerisce parecchio sugli ultimi atti della sua vita.

ruggito Luigi Filippo Roberto d'Orléans

Sembra che il duca d’Orléans, montando su un elefante, riuscì a sparare un colpo contro la tigre. Anche se ferita mortalmente, la tigre balzò sul pachiderma e si aggrappò al cesto dentro il quale si trovava il pretendente orleanista al trono di Francia (a quel tempo in esilio, ma questa è un’altra storia…). L’elefante avanzò per circa 500 metri prima che la tigre mollasse la presa. L’incredibile scena di caccia venne quindi ricreata a metà anni ’90 del XX secolo dagli espositori della Galerie de Zoologie.

Lato artistico, al fotografo francese non si può dire altro se non “complimenti”. Lo scatto di Viard è di una straordinaria compostezza. La fotografia è a colori, ma con un uso cromatico molto controllato: dominano le tinte calde del manto tigrato, che contrastano con il nero profondo dello sfondo – elemento che isola la scena e la rende quasi sospesa nel vuoto, come un quadro caravaggesco.

ruggito Galerie de Zoologie 1994

Il corpo della tigre occupa la maggior parte della composizione: le sue linee curve, sinuose e muscolari, attraggono immediatamente l’occhio. Il suo sguardo è fisso, la bocca aperta in un ruggito eternamente congelato, mentre l’uomo che la lavora sembra immerso nel suo compito, privo di emozione, concentrato. Il contrasto tra l’animalità ferina (resa in tutta la sua fisicità) e la gestualità meticolosa dell’umano accentua il senso di artificiosità della scena, come se fossimo dinanzi a una rappresentazione teatrale, più che a un evento reale.

ruggito scena di caccia

Poi un dettaglio che in molti non notano, vista la centralità della tigre e dell’uomo: guardate la zebra che dall’oscurità emerge a malapena. Altro corpo d’animale imbalsamato, eppure così “vivo” nel contesto della fotografia. Sembra impallidire di fronte all’atto a cui assiste, impietrita come testimone muta di una scena irreale.