Almanacco del 21 giugno, anno 1848: diviene pubblico il Proclama di Islaz. Per la Romania la data del 21 giugno 1848 rappresenta uno dei momenti più alti e simbolici del movimento rivoluzionario nazionale ottocentesco. Il Proclama di Islaz fu al contempo tante cose: un’esplicita rivendicazione di carattere nazionale, un documento programmatico che delineò i principi fondamentali della rivoluzione del 1848 in Valacchia – una delle due principali province storiche rumene assieme alla Moldavia (ometto volontariamente il caso della Transilvania poiché più complesso e demograficamente meno delineato) – e può essere considerata una delle prime dichiarazioni moderne di diritti e riforme democratiche nella storia della Romania. La sua rilevanza va ben oltre l’episodio locale, poiché si inserisce nel più ampio contesto del risveglio nazionale rumeno e dei moti europei del Quarantotto.

Appunto, il Quarantotto. Anno cardinale della storia contemporanea europea e, in un certo senso, mondiale. Nel 1848 gli animi dell’Europa liberale, tanto fomentati dal sogno costituzionale quanto ostili alla reazione post-napoleonica, innescarono una stagione di tumulti e cambiamenti radicali. In Italia ne sappiamo qualcosa, ma fu così un po’ dappertutto. Anche nelle lande bagnate dal Danubio.
I cosiddetti principati danubiani di Valacchia e Moldavia, formalmente autonomi ma sotto lo scacco russo-ottomano, parteciparono a pieno diritto a quella stagione che i letterati ottocenteschi descrissero come la Primavera dei Popoli. La continua frizione tra Istanbul e Mosca aveva provocato strani effetti sulla situazione politica dell’Europa centro-orientale. Nella pratica le due province erano governate da nobili locali. Ciò avveniva secondo un regime para-costituzionale dettato dal Regolamento Organico (1832), che costituiva di fatto un compromesso tra Russia zarista e Impero Ottomano.

Sebbene la storiografia rumena abbia interpretato in chiave patriottica tutti i moti del ’48 (sia quelli valacchi, sia quelli moldavi, e addirittura quelli in Transilvania), le cose andarono in modo leggermente diverso. Mettiamola così: la storiografia rumena novecentesca vide nelle ribellioni di metà Ottocento dei tentativi di creare uno stato nazionale rumeno entro i suoi futuri confini. Non per tutti, ma per buona parte dei rivoluzionari del 1848, soprattutto in Transilvania, suddetta idea non ebbe alcuna influenza, proprio perché irrealistica e anacronistica. Lo dimostra il fatto che la Valacchia e la Moldavia, dove il sentimento nazionalista poteva essere maggiore rispetto a quello espresso in Transilvania, non si chiese l’indipendenza, ma l’autonomia sotto il mantello turco (Valacchia) o sotto quello zarista (Moldavia).
Ciò non toglie che in tanti, fra giovani intellettuali e borghesi, ispirati dai moti europei, crebbe il desiderio di una riforma politica, sociale e nazionale. Le aspirazioni erano senz’altro democratiche e nazionaliste. La data del 21 giugno 1848 fa tuttavia riferimento alla vicenda valacca, che dunque seguiremo da più vicino. Quel giorno, la cittadinanza di Islaz (Romania sud-occidentale), ascoltò gli enunciati di una dichiarazione politica che fungeva da manifesto rivoluzionario. Un gruppo di intellettuali, che presenterò qui di seguito, appose la firma sul Proclama di Islaz. Essi rispondevano al nome di:
- Ion Heliade Rădulescu, importante scrittore, filosofo e promotore della cultura nazionale rumena.
- Christian Tell, ufficiale e membro dell’esercito valacco.
- Ştefan Golescu, membro della nota famiglia nobile dei Goleşti.
- Nicolae Bălcescu (assente a Islaz ma protagonista della rivoluzione), ideologo e storico rivoluzionario.

Risuonarono forti e decise le parole di Rădulescu in quel dì di giugno, parole che rimandavano sì ad un certo tipo di ideali, ma anche a questioni di natura pratica, praticissima. Perciò accanto alle belle parole spese in nome della libertà, da difendere con le armi e con il sangue se necessario, si accompagnavano volontà inerenti l’istaurazione di un regime autonomo – sempre rispettando la sovranità ottomana. Si chiedeva inoltre una vera eguaglianza civica, politica e giuridica per tutti i valacchi, uomini e donne; l’abolizione dei privilegi nobiliari, la libertà di parola, stampa e associazione.
Ma per quanto ci possa sembrare bello, il vero punto focale agli occhi di un popolo analfabeta e completamente assorbito dalla vita di campagna era la riforma agraria e fondiaria. Infatti con il Proclama di Islaz si chiese la rottura delle catene feudali per la servitù della gleba, la ridistribuzione delle terre e il corrispettivo compenso per i proprietari terrieri. Infine si accennò all’elezione di un rappresentante sovrano del popolo valacco, responsabile di fronte ad un’assemblea nazionale liberamente eletta. Fra le altre cose, il testo includeva il nome della nuova statualità: Țara Românească (altro nome per Valacchia).

La proclamazione del 21 giugno fu accolta con entusiasmo a Bucarest, dove poco dopo (23 giugno) i rivoluzionari presero il controllo del governo. Essi costrinsero il principe regnante Gheorghe Bibescu prima a firmare il proclama e poi ad abdicare. Si instaurò un governo provvisorio a guida rivoluzionaria, che tentò di applicare le riforme previste. Tuttavia, nonostante l’iniziale successo, il governo rivoluzionario fu presto osteggiato tanto dallo zar quanto dal sultano – preoccupati per la destabilizzazione regionale – i quali intervennero militarmente. Gli eserciti russo e turco repressero il movimento nell’autunno del 1848. Si andò ristabilendo il vecchio ordine del Regolamento Organico.
Si può dire che anche se la rivoluzione del ’48 fallì, essa preparò il terreno per i successivi sviluppi politici e per la nascita dello stato nazionale romeno. Nel 1859 sarebbe avvenuta l’unificazione dei principati danubiani e nel 1881 si giunse alla nascita del Regno di Romania.