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Vespasiano, la diarrea e l'ironia degli ultimi istanti di vita

Vespasiano, la diarrea e l’ironia degli ultimi istanti di vita

O si muore da eroi, o si vive tanto a lungo da spirare per via di una terribile e fulminante diarrea. Batman potrebbe aver detto una cosa del genere (ma non ci metterei la mano sul fuoco) riferendosi all’evento del 23 giugno dell’anno 79 d.C. Che cosa accadde quel giorno? Semplicemente si spense Cesare Vespasiano Augusto, il primo dei Flavi, sessantanovenne imperatore di Roma. Fu al vertice del Principato romano dal 69 d.C. e per ancora altri dieci lunghi anni. Lasso di tempo in cui ne accaddero di cose: dal risanamento finanziario al frenetico attivismo edilizio, dalla rinnovato accordo col Senato alle campagne in Britannia. Spiritoso fu in vita, altrettanto ironico fu in punto di morte.

Vespasiano, la diarrea e l'ironia degli ultimi istanti di vita

Come già ampiamente anticipato, non fu una lama canaglia a privarlo della vita, così come non fu a causa di una battaglia che l’imperatore Vespasiano morì. L’imputata fu una banale (per noi, non per gli antichi Romani) diarrea. Come suo solito in tempi estivi, si ritirò anche in quel 79 d.C. nelle quieti Aquae Cutiliae, anche dette Terme di Cotilia, oggi in provincia di Rieti. Fra le sue stanze, l’anziano imperatore fu colto da una violenta dissenteria, probabilmente cronica, accompagnata da febbre alta e debolezza. Tutti sintomi che secondo gli storici potrebbero indicare un’infezione intestinale o una forma di dissenteria batterica acuta, comune all’epoca a causa delle limitate (ma non pessime…) condizioni igieniche.

Vespasiano celebrazione trionfo

Vespasiano era ormai anziano e il suo corpo, logorato dalla fatica e dalla malattia, stava cedendo. Nonostante ciò, l’imperatore non si abbandonò subito al letto: al contrario, volle continuare a svolgere le sue funzioni, dando udienza e occupandosi di affari pubblici finché ne fu in grado. Secondo Svetonio, egli era già gravemente debilitato quando, una mattina, mentre si trovava nella sua villa estiva fuori l’Urbe, pronosticò un’imminente dipartita.

Vespasiano Aquae Cutiliae

Non fu tanto la tempistica, ma il modo in cui reagì a questa consapevolezza a fare di Vespasiano un campione di sagace ironia. Ancorato a letto, esclamò ad uno dei suoi servitori «Vae, puto deus fio», ovvero «Purtroppo temo che mi stia trasformando in un Dio». La battuta faceva riferimento al fatto che sovente gli imperatori si facessero divinizzare post mortem. Cosa che puntualmente accadrà, grazie alla volontà del figlio primogenito Tito.

Il fatto che Vespasiano, con il corpo tormentato dalla diarrea e il volto contratto dal dolore, pronunciasse quella battuta autoironica, suonava come un’amara critica al culto imperiale stesso. Non una negazione, ma una presa in giro. Come a voler a dire: «muoio come un vecchio mangiato dalla dissenteria, eppure tra poco i senatori dichiareranno che sono un dio».

Vespasiano morte diarrea 79 d.C.

Svetonio non si limita a dirci questo. C’è dell’altro. Poco dopo aver pronunciato quella frase, l’imperatore cercò di alzarsi in piedi, sostenuto dai servitori. Riteneva, infatti, che fosse indegno per un imperatore morire da sdraiato. Ma il corpo non lo sostenne. Spirò poco dopo, senza grandi cerimonie.