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Trasmoz, il comune spagnolo che la Chiesa "odia" dal XII secolo

Trasmoz, il comune spagnolo che la Chiesa “odia” dal XII secolo

Risalendo la Cordigliera iberica dalla comunità autonoma dell’Aragona, potreste imbattervi per sbaglio – perché solo per errore potete farlo – nel minuscolo comune di Trasmoz. Qui, fra le aspre colline che precedono il massiccio del Moncayo, vivono 83 persone. È un’esistenza lenta: essa scorre al ritmo delle stagioni e gode di qualche sussulto poche volte l’anno, in occasione delle festività locali. La comunidad non ha nulla di speciale, se non per una sorta di contesta storica con un’istituzione che forse conoscerete, per sentito dire eh. Sto parlando della Santa Romana Chiesa!

Trasmoz, il comune spagnolo che la Chiesa "odia" dal XII secolo

Come è possibile che la Santa Sede e Trasmoz, sperduto centro abitato a quasi 80 km da Saragozza, siano ancora oggi interessati da una reciproca ostilità? Non che al di là del Tevere si pongano la questione; anzi, è molto probabile che nello Stato Vaticano nessuno sappia un bel niente della vicenda. Ma a Trasmoz, dove sulla memoria si reggono le fondamenta identitarie dei pochi rimasti, il litigio con Roma non solo è vivido, bensì periodicamente celebrato!

Per comprendere l’origine del passato poco ortodosso del villaggio aragonese bisogna fare un saltino indietro nel tempo di circa sette secoli. Il nome del comune compare nelle fonti storiche solo a partire dal XII secolo, quando i signori di Trasmoz ricevono il feudo dal re d’Aragona. La loro lealtà s’alternò fra i sovrani aragonesi e quelli di Navarra fino al 1232, anno in cui Giacomo I d’Aragona inglobò definitivamente le terre attorno al Moncayo nei suoi reali domini.

Trasmoz monastero di Veruela

Prima che re Giacomo ipotecasse la conquista della cittadina, quest’ultima ebbe modo di distinguersi nella regione come uno dei centri economicamente e culturalmente più floridi. Sappiamo come a Trasmoz fin dal primo scorcio del secondo millennio convivessero in relativa pace facoltose comunità di ebrei, musulmani e cristiani. Data la prosperità sfoggiata dai trasmoceros, il vicino monastero di Veruela, alla ricerca di attenzioni, si ripromise di soggiogare la comunità limitrofa. Per farlo cercò di realizzare una rete di alleanze strategiche.

In quest’opera ebbe gioco facile ad approcciarsi con la Chiesa di Roma. Il motivo è presto detto. Fiorente e potente feudo, in quel di Trasmoz s’abbondava di miniere di ferro, argento, legname e acqua. La città era però anche territorio laico: a differenza dei terreni circostanti, non apparteneva all’autorità cattolica. Il “privilegio” si fondava su un regio decreto aragonese, il quale esentava la comunità trasmocera dal pagamento della decima al monastero di Veruela.

Trasmoz Giulio II maledizione 1511

La semplice antipatia sfociò in qualcosa di ben più grande. Qualcuno – forse delegato dal monastero – fece circolare voci inerenti pratiche stregonesche sistematicamente tenute all’interno della città. Si creò un caso ad hoc e l’abate di Veruela, che scemo non era, volle sfruttarlo a suo favore. Egli chiese all’arcivescovo di Tarazona – la più grande città vicina – la scomunica dell’intero villaggio. Puntuale, la scomunica avvallata da Roma arrivò nel 1252. Da quel momento in poi a Trasmoz nessun uomo di chiesa avrebbe potuto officiare, né si sarebbe potuto concedere i santi sacramenti.

Questa vicenda si trascinò invero per qualche altro secolo. Furono tuttavia delle controversie politiche legate alla gestione delle risorse idriche. Alla fine del XV secolo intervennero appositi giudici commissionati da Ferdinando II d’Aragona per sistemare una volta per tutte la situazione. Purtroppo essi non riuscirono a dirimere i secolari contrasti esistenti fra la comunità cittadina e il potente monastero. Ecco che s’inserì nuovamente – e questa volta in modo direttissimo – l’autorità pontificia.

Trasmoz Salmo 108

250 anni dopo la scomunica, il papa rinnovò la sua insofferenza verso il piccolo comune spagnolo. Nel 1511 papa Giulio II conferì all’abate di Veruela la facoltà di maledire secondo il canone ecclesiastico la città di Trasmoz. Detto, fatto: attingendo dai versi del 108° Salmo (Libro dei Salmi), l’abate maledisse il centro urbano e i suoi abitanti. Siccome l’anatema traeva origine dall’esplicita volontà di un papa, solo un suo pari avrebbe potuto inibirla. Pensate che dal 1511 ad oggi qualche successore di San Pietro si sia preso la briga di farlo?

Da quello che ci dicono le fonti documentali, la pronuncia della maledizione non sortì alcun effetto morale sugli abitanti di Trasmoz, abituati all’avversione della Chiesa. Se non fu la maledizione, allora fu la sfortuna a decretare il decadimento della comunità. Intorno al 1520 un vasto incendio devastò l’abitato e danneggiò irrimediabilmente il castello oltre che le mura. Da allora iniziò una parabola declinante che non si è mai davvero invertita.

Trasmoz streghe

A restare invariata fu la sua reputazione. Trasmoz divenne noto come un villaggio di stregoneria, e questo ebbe anche conseguenze negative: ancora nel 1860, un’abitante del luogo fu accusata di stregoneria. Si chiamava Joaquina Bona Sánchez, detta Tía Casca, e fu gettata in un ripido burrone dopo essere stata incolpata di un’ondata di morti nel villaggio.

Nonostante la permanenza di scomunica e maledizione, il paesino aragonese è oggi fierissimo della sua storia. Talmente tanto da celebrarlo ogni anno, nel mese di luglio. La fiera della stregoneria e delle piante medicinali è molto nota e attrae turisti da tutta la Spagna. Durante la festa i cittadini eleggono una “Bruja del Año”, letteralmente la “Strega dell’anno”. Un titolo onorifico di tutto rispetto da quelle parti.