Negli anni centrali del XIII secolo i Mongoli soggiogarono l’Impero corasmio, nome improprio per Khwārezm-Shāh, un grande regno musulmano sunnita dalla forte impronta culturale persiana. Nel 1231 cessava la sua indipendenza e, analogamente ad essa, terminava la libertà di un principe che di quell’impero si considerava il legittimo erede. Questo principe vide la sua famiglia essere trucidata dalle orde di Ögödei Khan e la sua terra data alle fiamme. Fatto schiavo, venne ceduto in quel di Damasco ad un mercante egiziano che a sua volta lo vendette a peso d’oro all’allora sultano Izz al-Din Aybak. Per un qualche strano scherzo del destino, in brevissimo tempo scalò i ranghi dell’esercito e del notabilato, riuscendo nel 1259 a diventare il terzo sultano mamelucco d’Egitto. L’anno dopo inflisse ai Mongoli, suoi ex aguzzini, la più scontata delle sconfitte. Non veniteci a dire che la storia di Sayf al-Din Qutuz è poco avvincente…

La vicenda che vi voglio raccontare ha dell’incredibile, ma presenta un piccolo problema: gran parte del suo svolgimento è avvolto dall’alone della leggenda. Sì, perché fu lo stesso Qutuz, ormai divenuto sultano d’Egitto, a spargere la voce sulla sua regale provenienza. Tutto fuorché una fonte imparziale…
Solo concedendogli il beneficio del dubbio si può raccontare per filo e per segno una storia che definire memorabile risulterebbe sminuente. Insomma, le fonti storiche concordano in larga parte sull’origine etnica del presunto principe corasmio, quasi sicuramente nato da una famiglia circassa. Dopo il buco storiografico della prima infanzia, si ha certezza della sua vendita, in veste di schiavo, a Damasco. Dalla Siria il giovane viaggiò verso sud-ovest, approdando nelle terre bagnate dal Nilo.

In Egitto crebbe a pane e scazzottate, secondo il tradizionale addestramento militare mamelucco. Certamente il nostro Qutuz possedeva la stoffa del predestinato, poiché in breve tempo rientrò fra le grazie del sultano Aybak, con quest’ultimo che gli concedé il privilegio di essere il suo più fidato consigliere, nonché vice-sultano dal 1253. Pochi anni dopo una congiura pose fine alla vita del sultano, perciò Qutuz si assunse un’enorme responsabilità: reggere il governo mamelucco per conto del legittimo erede, il piccolo al-Manṣūr ʿAlī.
Finché il sultanato fu interessato esclusivamente da ordinarie questioni interne, ʿAlī poté rimanere sul trono, delegando gli affari di Stato al polivalente Qutuz. Nel momento in cui la minaccia mongola, intensa e spaventosamente concreta, bussò alle porte dei Mamelucchi, tutti gli emiri fedeli al Cairo concordarono come fosse necessaria una guida più forte, esperta e risoluta. Perché non scegliere il reggente?

Nel 1259 Sayf al-Din Qutuz depose il quindicenne ʿAlī e si proclamò terzo sultano mamelucco d’Egitto. Giusto in tempo per fermare i Mongoli in rapida avanzata da Oriente. Ecco, per l’appunto, cosa accadeva ad est? Beh, anzitutto nel 1258 il mondo islamico (e non solo) fu scosso dalla caduta in mano mongola della meravigliosa Baghdad, il gioiello degli Abbasidi, la città difesa dall’invalicabile (almeno così si pensava) triplice cinta sacra. L’eco dell’evento attraversò mare e monti, giungendo fino ai lembi estremi d’Europa, del Nord Africa e dell’Asia. Dopo Baghdad sarebbe toccato ad Aleppo, Damasco e, chissà, forse al Cairo.
In quel frangente di estrema precarietà, s’incrociarono le strade di due uomini legati da un trascorso abbastanza simile: Qutuz, di cui vi sto narrando le gesta, e Baybars, sul quale spesi delle parole un po’ di tempo fa (questo l’articolo d’approfondimento). Incredibile a dirsi ma entrambi conobbero la cattività e, dopo il baratro, toccarono le vette del potere, fregiandosi dell’autorità sultanale. Uno dopo l’altro; Baybars dopo Qutuz.

L’unione degli uomini fedeli al primo – nel 1260 popolarissimo comandante mamelucco – con quelle del secondo – in quel preciso istante sultano d’Egitto – fronteggiarono circa 20.000 Mongoli nei pressi della piana di ʿAyn Jālūt, odierna Palestina, il 3 settembre 1260. Lo scontro fu d’importanza epocale e vide le forze combinate di Qutuz e Baybars sopraffare l’esercito di Hulegu Khan (assente per l’occasione in vista dell’elezione del Gran Khan). Non era mai successo prima: i Mongoli si riscoprirono vulnerabili. L’Occidente (da intendere secondo la sua accezione geografica) era salvo per miracolo, anzi, per volontà dei Mamelucchi d’Egitto.
A quasi due mesi dal trionfale successo di ʿAyn Jālūt, Qutuz morì. Era il 24 ottobre 1260. Le dinamiche che portarono alla dipartita del sultano sono ancora oggi oggetto di discussione. L’ipotesi più accreditata punta il dito contro Baybars, considerato il mandante dell’omicidio. Il generale era un rivale politico, oltre che militare, e considerava il terzo sultano mamelucco un ostacolo. Il resto della storia è nota: Baybars assunse quindi il potere e divenne uno dei più grandi sultani della dinastia mamelucca.

Nonostante il suo breve regno, Sayf al-Dīn Qutuz è considerato uno dei più importanti sovrani del mondo islamico medievale. Fermò i Mongoli, laddove nessuno ci era riuscito. Evitò la loro espansione in Egitto nonché la presa delle città cardinali dell’Islam. Infine la vittoria nella battaglia di ʿAyn Jālūt assunse connotati provvidenziali, la definitiva legittimazione del Sultanato mamelucco, protetto e benvoluto da Dio.