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Mille dubbi sulla scomparsa di Lin Biao

Mille dubbi sulla scomparsa di Lin Biao

A bordo di un Trident 1-E, areo di linea di fattura britannica, ma al servizio della flotta aerea cinese, otto uomini e una donna spiccano il volo da Qinhuangdao, base militare nella provincia di Hebei. Direzione: Unione Sovietica. Intorno alle 2:30 del 13 settembre 1971, le autorità mongole registrano l’ingresso del velivolo nello spazio aereo nazionale. Circa un’ora dopo, riportano che a causa di un non meglio precisato “guasto” l’aereo è precipitato vicino Öndörkhaan, Mongolia orientale. Rapporti successivi del KGB confermano la versione. Nessun sopravvissuto. Lo schianto si porta via nove persone in totale, fra queste ce ne una di particolare rilievo. Il suo nome è Lin Biao, un nome pesantissimo che in Cina hanno provato a cancellare, ma che la Storia ha preservato. La sua scomparsa è fonte inesauribile di misteri. Per capire come mai, bisogna fare un passo indietro nel tempo.

Mille dubbi sulla scomparsa di Lin Biao

Lin Biao non era un personaggio qualunque. Uno dei tanti, in una Cina comunista propensa alla collettività e al subordinamento dell’individuo in favore della missione comune, Lin non lo era mai stato. Cosa più importante, egli era un veterano della Lunga Marcia. Poi veniva il resto: stratega di talento e uomo di assoluta fiducia di Mao Zedong; fu tra i dieci marescialli della rivoluzione e per anni rappresentò l’incarnazione stessa del potere militare cinese.

Dopo aver guidato con successo l’Armata Rossa (quella cinese, s’intende) in Manciuria negli anni ’40, nel 1959 divenne ministro della Difesa e, un decennio più tardi, venne addirittura designato come “successore prescelto” del Grande Timoniere. Capite? Prosecutore indicato di Mao da Mao in persona. Uno qualunque di certo non poteva esserlo. La Cina sarebbe dipesa dalle sue volontà, pur restando in accordo con gli altri papaveri del Politburo.

Lin Biao con Zhou Enlai

Eppure, in piena Rivoluzione Culturale, l’uomo che sembrava destinato a raccogliere l’eredità di Mao scomparve all’improvviso, lasciando dietro di sé una scia di ipotesi, voci non confermate e verità mai del tutto chiarite.

Il governo cinese diffuse subito una spiegazione: Lin Biao aveva tentato di rovesciare Mao attraverso un colpo di stato, noto come Progetto 571. No, la sigla non era casuale nel caso in cui qualcuno se lo domandasse. La pronuncia dei numeri “5-7-1” in cinese richiama il termine “rivolta armata”. Secondo questa versione, fallito il complotto, Lin sarebbe fuggito verso Mosca in cerca di asilo politico, ma il suo aereo, a corto di carburante, si sarebbe schiantato durante un atterraggio di emergenza. Nessun missile, nessun abbattimento dall’esterno. Solo un tragico, fatale, casualissimo incidente.

Lin Biao come ministro della Difesa parata 1959

Tuttavia, già da allora, questa ricostruzione lasciò molte ombre. Come era possibile che il successore designato di Mao, un fine stratega militare, avesse architettato un piano così maldestro? Perché rischiare la fuga improvvisata, e soprattutto, perché non vi furono prove convincenti della sua reale presenza tra i resti del velivolo?

Negli anni successivi, versioni contrastanti iniziarono a circolare. Alcuni ufficiali mongoli, che avevano indagato sul luogo dello schianto, sostennero negli anni ’90 che tra le vittime non vi fosse il corpo di Lin Biao. Da qui nacque l’ipotesi più clamorosa, facile da ideare, difficile da comprovare (e confutare, chiaramente). Il maresciallo non sarebbe mai salito su quell’aereo. No, sarebbe stato eliminato direttamente in Cina, forse su ordine dello stesso Mao o di altri leader del Partito.

Lin Biao e Mao Zedong, propaganda

Un libro pubblicato in Occidente negli anni ’80 – Congiura e morte di Lin Biao (attribuito allo pseudonimo Yo Ming) – avanzava un’interpretazione più drammatica. Secondo l’autore, Lin fu vittima di un vero e proprio complotto ordito dai suoi rivali interni al Partito. Due sarebbero state le ragioni decisive: primo, il suo eccessivo potere personale, che faceva ombra allo stesso Mao; secondo, la sua opposizione feroce alla linea di apertura diplomatica verso gli Stati Uniti portata avanti da Zhou Enlai.

Lin, che vedeva Washington come un nemico mortale, avrebbe tentato di impedire quella svolta con un gesto estremo. Ossia organizzare un attentato al convoglio ferroviario di Mao mediante missili. Il piano, però, saltò a causa di un tradimento. Un tradimento recante la firma della figlia di Lin, che avvertì il leader supremo.

Lin Biao aereo incidente 13 settembre 1971

Altre interpretazioni attribuiscono invece la regia del presunto golpe non al maresciallo, ma al figlio Lin Liguo. I documenti rinvenuti sul Progetto 571, in effetti, non sembravano riflettere lo stile e la precisione di un generale esperto, ma piuttosto l’impeto di un giovane ambizioso. Forse Lin Biao non ne sapeva nulla, forse si ritrovò sopraffatto da una spirale di eventi che non aveva realmente scelto.

Oggi, a più di cinquant’anni da quella notte in Mongolia, la verità sulla fine di Lin Biao resta irraggiungibile. Quel che appare certo è che la sua caduta rappresentò uno spartiacque politico. Con la sua eliminazione, l’ala militare del Partito perse ogni centralità, e il percorso di apertura internazionale avviato da Zhou Enlai e destinato a sfociare nel viaggio di Nixon a Pechino del 1972 trovò la strada spianata.

Lin Biao Nixon viaggio in Cina

Lin Biao rimane dunque un enigma della storia cinese contemporanea: eroe della rivoluzione e al tempo stesso traditore bollato dalla storiografia ufficiale, probabile vittima delle lotte di potere che segnarono l’ultimo decennio di Mao. La sua morte, avvolta da segreti e contraddizioni, racconta molto della Cina di allora. Quindi di un Paese in cui la politica era un campo minato, e in cui anche il successore designato del leader supremo poteva sparire senza lasciare tracce certe.