A molti di voi il nome di Laskarina Bouboulina non dirà giustamente nulla. Ma se percorressimo idealmente un po’ di strada in direzione sud-est, affacciandoci sulle sponde egee della Grecia, e chiedessimo di lei, beh, otterremmo tutt’altro risultato. Perché da quelle parti considerano Bouboulina alla stregua di un’eroina nazionale, un po’ come se fosse il volto materno dell’indipendenza ellenica, agguantata a carissimo prezzo nel 1829. Ebbene, il soggetto femminile di cui ho intenzione di parlarvi oggi occupò una buona metà di quella stagione rivoluzionaria, ma lo fece in un modo che per certi versi si può definire straordinario. Non solo e non soltanto perché donna, beninteso.

Di etnia arvanita (albanese di Grecia, di fede greco-ortodossa) Laskarina Bouboulina nacque in realtà col nome di Laskarina Pinotsis. La data fu quella dell’11 maggio 1771; il luogo: Costantinopoli. Le circostanze erano abbastanza delicate. Sua madre, Skevo, si trovava infatti in carcere per visitare il marito, il capitano Stavriano Pinotsis, imprigionato dai turchi a causa della sua partecipazione alla rivolta di Orlov del 1769-1770. Per farla brevissima, si trattò di una ribellione greca forte del sostegno zarista in funzione anti-ottomana. Alcuni storici ellenofoni la considerano il preparativo alla guerra d’indipendenza greca del 1821-1829. Il padre morì poco dopo, e la madre, rimasta vedova, riportò la neonata sull’isola di Idra. Qualche anno più tardi si risposò e si trasferì con la piccola a Spetses, dove Laskarina avrebbe trascorso gran parte della sua vita.
Qui la giovane si sposò due volte: prima con Dimitrios Yiannouzas. Quest’ultimo morì giovane, lasciandole due figli. Dunque convolò in seconde nozze con Dimitrios Bouboulis, un ricco armatore da cui prese il cognome. Rimasta vedova anche del secondo marito, caduto in combattimento contro i pirati algerini, la sfortunata Laskarina ereditò una considerevole fortuna e la gestione delle sue attività marittime. Si ritrovò di fronte ad una scelta: governare quel denaro come tutte le ricche vedove di allora o, strada più impervia, spendere il patrimonio per fini un pochino più nobili. Ve lo dico subito, a Laskarina le strade impervie piacevano eccome.

Si dimostrò un’abile amministratrice, ma ben presto la sua ricchezza venne messa in pericolo. Accadde che nel 1816 le autorità ottomane tentarono di confiscare i beni della famiglia, accusando il defunto marito di aver collaborato con i russi durante la recente guerra russo-turca. Laskarina Bouboulina riuscì a salvarsi solo grazie all’intervento dell’ambasciatore russo Strogonov e alla protezione della madre del sultano Mahmud II, con la quale ebbe un’eccezionale e sincero colloquio privato. Tornata a Spetses dopo un breve esilio in Crimea, conservò così il suo patrimonio, che avrebbe poi messo interamente al servizio della causa nazionale. Nobili fini, per l’appunto.
Quando, negli anni successivi, i preparativi per la guerra d’indipendenza greca si fecero più concreti, Laskarina non esitò a partecipare. Fu l’unica donna ad aderire all’Eteria, la società segreta che aspirava alla liberazione della Grecia. Usò la propria fortuna per finanziare armi, munizioni e soprattutto la costruzione di navi da guerra. La più celebre fu l’Agamennone, una delle maggiori imbarcazioni della flotta rivoluzionaria, di cui ella stessa prese il comando. Non serve aggiungere quanto fosse extra-ordinaria la portata del gesto, vero?

Il 25 marzo 1821, allo scoppio della rivolta, Bouboulina issò sull’Agamennone la bandiera con l’aquila bicipite dei Comneni (sulla quale abbiamo realizzato un approfondimento storico, se interessati), guidando una piccola squadra navale che partecipò ai blocchi di Nauplia, Monemvasia e Pilo. Si distinse anche durante la caduta di Tripoli, nel settembre 1821, quando salvò le donne della famiglia del sultano dalla violenza dei ribelli. Tuttavia, il conflitto costò caro anche a lei: suo figlio Yiannis cadde in battaglia ad Argo, affrontando truppe ottomane soverchianti.
La sua vicenda personale si intrecciò con quella del generale Theodoros Kolokotronis, leader carismatico dell’insurrezione, con cui Bouboulina stabilì un’alleanza familiare facendo sposare la figlia Elena con Panos, il primogenito del generale. Ma questa vicinanza le attirò anche nemici. Quando nel 1824 scoppiò una guerra civile tra gli stessi insorti, Laskarina fu imprigionata per il legame con Kolokotronis, e vide cadere assassinato il genero Panos. Uscì di prigione all’inizio del 1825, ma ormai senza più ricchezze, avendo speso tutto per la causa della libertà.

Il suo destino si concluse tragicamente poco dopo. Il 22 maggio 1825 (altre fonti da me consultate sostengono il 2 giugno), a Spetses, durante un violento litigio tra la sua famiglia e quella di Christodoulos Koutsis per una questione matrimoniale, venne colpita alla fronte da un colpo di pistola sparato dal balcone di casa. Morì all’istante, senza che l’assassino fosse mai identificato.
Nonostante la fine drammatica, la sua figura venne onorata persino fuori dalla Grecia. La Marina imperiale russa la insignì postuma del titolo di ammiraglio. Fu la prima donna della storia ad ottenere questo riconoscimento. La sua nave Agamennone, ribattezzata Spetsai, continuò a combattere, fino a essere distrutta durante la guerra civile greca.

Oggi Laskarina Bouboulina è ricordata come una delle grandi eroine dell’indipendenza greca. Le sue ossa sono conservate nel museo di Spetses, allestito nella sua casa, e una statua la raffigura nel porto dell’isola. In tutta la Grecia e a Cipro numerose strade portano il suo nome. Se possedete una dracma greca coniata tra il 1997 e il 2001, allora è probabile che sopra vi sia il suo volto. Tutto ciò a testimonianza di quanto ancora oggi la sua memoria sia viva. Più straordinario di così, si muore.