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semi dei cachi interpretazione immagine posate

Il seme dei cachi, tra presagi invernali e tradizioni popolari

La stratificazione culturale e sociale include e difende spesso delle tradizioni alquanto buffe e apparentemente infondate. La scienza, spesso e volentieri, ha poco o nulla a che vedere con queste infatti, ma la scaramanzia e la cultura popolare le starebbero lontano a prescindere. Vedremo oggi proprio una di queste tradizioni, da molto tempo portata avanti e diversificata nelle varie zone della nostra penisola. Stiamo parlando dei presagi nei semi dei cachi, pratica divertente e diffusissima.

All’interno di tale frutto rosso, di consistenza quasi liquida e succosissimo, ci sono dei piccolissimi semi di pochi centimetri o meno. In realtà, nella varietà principale del frutto è molto difficile scorgere dei semi da interpretare. Molto più facile è farlo con i semi del caco mela, un incrocio di tale frutto simile, per l’appunto, alle mele.

Ma cosa c’è da leggere all’interno di un semino così piccolo? E cosa c’entra l’inverno? La stagione dei cachi comincia grossomodo intorno ad ottobre e termina a dicembre, alle porte della stagione invernale dunque. Si sviluppò così nel tempo una pratica abbastanza diffusa e peculiare. All’interno dei semi di cachi, dopo averli aperti, si cercavano tre forme particolari, quelle delle posate. Coltello, forchetta e cucchiaio avevano significati diversi.

Il coltello indicava l’andare incontro ad un freddo pungente. La forchetta presagiva la venuta di un inverno abbastanza mite, mentre il cucchiaio prevedeva tanta neve da spalare. Tre diverse interpretazioni possibili, che non sempre comparivano sui semi di tale saporitissimo frutto. Ma le interpretazioni, si sa, variano da zona a zona e da cultura a cultura.

In Sicilia, ad esempio, si ricerca la “manuzza di Maria“, dando una sfumatura di sacro a questa pratica folkloristica. Qualcosa di molto simile accade in Campania. Qui i semi dei cachi sono legati alla figura di Cristo sulla Croce. Tale frutto è chiamato in tale zona infatti “Legnasanta“, nome abbastanza indicativo della pratica messa in atto.

Fra le varie differenze e le mutevolezze delle tradizioni una cosa resta certa. Dalla metà dell’ottocento in poi, fase di prima importazione dalla Cina del frutto in questione, la sua bontà non fu mai messa in questione, e, leggende popolari e tradizioni culturali a parte, rimane uno dei frutti più amati dagli italiani.