«La posizione del tempio è sorprendente: al sommo d’una vallata larga e lunga, in vetta a un colle isolato e tuttavia circondato da dirupi, esso domina una vasta prospettiva di terre». Così Goethe, nel suo Viaggio in Italia descrive la maestosità del Tempio di Segesta, comunemente noto come “Tempio Grande”. Un’opera veramente sensazionale, situata nell’altrettanto splendida Sicilia, sulla quale la storiografia ancora non si è messa d’accordo.
Il dilemma – anche se il plurale sarebbe più corretto – ruota attorno all’origine del tempio, viste le conoscenze storiche a riguardo e il contesto in cui i lavori di costruzione iniziarono. Un contesto che non può ignorare il luogo in cui la struttura sorge: Segesta. La città nacque intorno al VI secolo a.C. per volere di un popolo nativo locale, gli Elimi.
Il mistero è cosa comune quando si parla di questa specifica storia, perché anche sugli Elimi esistono tante ipotesi e poche certezze. C’è chi afferma l’origine italica, chi quella anatolica (e quindi troiana) e chi, ancora, vede negli Elimi una popolazione dal trascorso ligure. Quale che sia la verità, sappiamo come Segesta, già dopo un secolo dalla fondazione, fosse un centro florido per via dei commerci e della cultura. Ed è proprio durante l’ultimo trentennio del V secolo a.C. che gli sforzi per la realizzazione del tempio dorico videro la loro massima soddisfazione.
Si dice che a capo del progetto vi fosse un architetto ateniese. Ciò testimonierebbe l’evoluto processo di ellenizzazione che interessò gli Elimi durante quei decenni. Il Tempio di Segesta è un periptero esastilo – presenta perciò 6 colonne sul lato corto – con un numero di 14 colonne sul lato più lungo. Proprio questa conformazione, che si rifà esplicitamente ai canoni dell’architettura classica greca, lascia gli esperti con qualche dubbio.
Perché un popolo come gli Elimi, forti di una loro fondata tradizione, stanziatisi in Sicilia ben prima che arrivassero i greci rappresentati dall’eterna rivale Selinunte, si dotarono di un tempio che seguiva lo stile dell’arte attica, considerata espressione del “nemico”? Alcuni storici risponderebbero in maniera molto concisa, asserendo come sì, gli Elimi importarono un modello prettamente classico per la costruzione del tempio, ma calcando la loro originalità attraverso alcune scelte stilistiche e architettoniche ancora oggi riscontrabili (la presunta assenza originaria di una cella, così come di una copertura, elementi essenziali per un tempio dorico).
Con il passare del tempo si sono affermati alcuni spunti altrettanto interessanti, che riguardano il progetto del Tempio di Segesta. Recenti scavi denotano la plausibile presenza di una cella, forse appartenente ad un luogo di culto ancor più antico del tempio. Collegato a ciò il fatto che forse il Tempio Grande non conobbe mai la sua piena realizzazione, interrotta dalle guerre (quella del Peloponneso e poi i continui conflitti che a fasi alterne interessarono greci, cartaginesi e poi romani) che fecero decadere la città di Segesta. Nonostante questi ingombranti punti irrisolti, vi consigliamo vivamente la visita di questo spettacolare monumento storico. Non serve per forza scomodare Goethe per ricordare la bellezza del nostro paese, fin troppo spesso data per scontata…