Correva l’anno 1995 – praticamente una vita fa – e il New York Times dava alle stampe un articolo scandalistico dall’immane portata. Autore del pezzo era Ron Rosenbaum, giornalista navigato e sensibile critico letterario. Intitolò l’articolo “The great Ivy League nude posture photo scandal”, ossia “Il grande scandalo delle fotografie di pose nude nella Ivy League” dove per “Ivy League” s’intende una confederazione sportiva fra gli otto principali atenei del nord-est statunitense. Come si può facilmente presupporre, l’elaborato di Rosenbaum generò una polveriera senza precedenti. Venne alla luce come le università più prestigiose al mondo, fra cui Harvard, Yale, Princeton, per dirne tre di numero, avessero raccolto per circa trent’anni fotografie dei loro studenti nudi, ufficialmente a scopo di ricerca, ufficiosamente… Beh, chi lo sa?

Ron Rosenbaum sapeva benissimo cosa dire e quali parole scegliere nel pezzo del ’95, poiché lui a suo tempo fu uno di quei ragazzi – si stima fossero a migliaia – ad essere immortalato totalmente svestito. Ciò accadde durante il suo primo anno all’Università di Yale, in Connecticut. Qui di seguito un estratto del suo racconto:
“Un pomeriggio d’autunno a metà degli anni ’60, poco dopo essere arrivato a New Heaven per iniziare il mio anno da matricola a Yale, venni convocato in quel fuligginoso altare alla virtù muscolare conosciuto come Payne Whitney Gym. Mi condussero in una stanza senza finestre, al piano superiore, dove un uomo vestito con indumenti bianchi mi disse di togliermi i vestiti. E poi – e questa è la parte che ancora fatico a credere – mi hanno attaccato delle puntine alla spina dorsale…”.
Il giornalista prosegue: “La mia pelle non venne per davvero perforata (soltanto la mia dignità), perché il metallo era fissato con un adesivo, ad intervalli regolari, dal collo in giù. Venni messo contro un muro, inondato di luce e la fotocamera catturò il tutto. La procedura sembrava strana… Ma presto seppi che era un’abitudine che risaliva a un bel po’ di tempo addietro, e che riguardava la maggior parte delle scuole della Ivy League e delle Seven Sisters… A tutti loro – un’intera generazione di élite culturale – venne chiesto di posare nudi”.

Ebbene, la cosiddetta “abitudine” faceva in realtà parte di un progetto di ricerca di stampo antropologico, alla conduzione del quale c’era William Herbert Sheldon. Il rinomato psicologo statunitense chiese ed ottenne dalle istituzioni accademiche della Ivy League il permesso per effettuare le sue indagini. Tra gli studenti che avrebbero posato nudi, si era affermata una certa convinzione: le istantanee, d’assoluto carattere scientifico-sperimentale, servivano per l’analisi e lo studio approfondito di tutte le problematiche legate alla postura. Niente di male, peccato che lo scopo di Sheldon fosse un po’ più sinistro (sebbene da nessuna parte si è mai tirata in ballo la questione “perversione”).
Lo psicologo, coadiuvato da un altro ricercatore, tale Earnest Albert Hooton, si sarebbe avvalso dei nudi per un secondo intento. Da tempo infatti cercava una correlazione dimostrabile scientificamente tra la fisionomia del corpo e l’intelligenza dell’individuo preso in esame. Tutto era inquadrato nello studio dei somatotipi. Una speciale classificazione biotipologica che suddivide gli umani in:
- Endomorfi – costituzione robusta, rilevante sviluppo dell’apparato digerente, corpo morbido e muscoli sottosviluppati.
- Mesomorfi – buon sviluppo dei muscoli e del sistema circolatorio, prestante e per questo dotato di carattere proattivo.
- Ectomorfi – propensione allo sviluppo cerebrale in sfavore di quello muscolare, tendenza alla magrezza e all’essere longilineo.
Ogni somatotipo corrispondeva ad un determinato temperamento o carattere. Gli Endomorfi erano più gentili ma inclini alla subordinazione. I Mesomorfi erano più carismatici, tuttavia indicati per cadere nella spirale dell’aggressività. Gli Ectomorfi dal canto loro erano le “menti geniali”, eppure più sensibili, introversi e delicati. In ambito medico e sportivo la teoria di Sheldon ebbe un certo risalto, bisogna dirlo. Ciononostante, restava impossibile validarla su un campo prettamente psicologico (ovvero quello di riferimento per lo studio).

Quando scoppiò lo scandalo dell’articolo “The great Ivy League nude posture photo scandal”, Sheldon era morto da 18 anni. Negli ambienti della Ivy League si sapeva già tutto da moltissimo tempo: era un po’ il segreto di pulcinella. Gli studenti che presero parte alla ricerca lo fecero senza alcun consenso, pensando si trattasse di un protocollo universitario quando in realtà non lo era affatto. Si diceva che tante delle fotografie fossero finite nel mercato nero della Ivy League. E di foto compromettenti ne giravano eccome, visto che si prestarono all’esperimento (con buon grado di probabilità) personalità del calibro di George Bush senior, Meryl Streep e Hillary Clinton.
Già prima che scoppiasse lo scandalo del ’95, alcune università, come Harvard e Yale, provvidero alla distruzione delle fotografie. Forse accadde alla fine degli anni ’70, quando il progetto di ricerca di Sheldon andò incontro al suo naturale termine. Alcuni scatti però sopravvissero, non si sa bene come, e finirono sotto gli occhi dello Smithsonian Institute. L’ente di ricerca le girò a Rosenbaum ed ecco come vide i suoi natali l’articolo del NYT.