Fotografia di anonimo, territori dell’URSS, 1942-1943. Le truppe italiane dell’ARMIR si ritirano dal fronte, sconfitti e moribondi. Nello scatto si vedono, di schiena, i soldati italiani allontanarsi come meglio possono. Stanchi, distrutti dalla guerra e dalle condizioni metereologiche e spaventati dalla potente offensiva russa. Era ritirata, non si combatteva più, almeno per un po’, almeno su quel fronte.

Protagonista dell’articolo di oggi è la terza offensiva invernale attuata dall’Armata Rossa fra il 1942 e il 1943. Dopo l’Operazione Uragano e quella Piccolo Saturno, seguiva l’Offensiva Ostrogožsk-Rossoš’, iniziata il 12 gennaio 1943. Dopo lunghi mesi di scontri distruttivi e sfiancanti in territorio ostile, i russi capirono che il momento era favente per una nuova e definitiva dimostrazione di forza.
Le truppe tedesche, insieme a quelle italiane e ungheresi difficilmente avrebbero retto un altro confronto diretto. E così fu in quei 15 giorni di gennaio 1943. Tra il 12 e il 27 di quel mese molti reparti della Wehrmacht, dell’esercito ungherese e del Corpo d’armata alpino furono sonoramente sconfitti e costretti alla ritirata.

Il 26 gennaio, arrivate le truppe battenti ritirata nei pressi di Nikolaevka, trovarono ancora la guerra da cui scappavano. Si combatté quel giorno la battaglia che prese il posto dal nome, Nikolaevka appunto, e che decimò ulteriormente le truppe italiane. In pochi riuscirono a sfuggire alla sacca creata dai russi che, tra morti, feriti e prigionieri, lasciarono sul campo oltre 3000 italiani.
Al 27 gennaio l’offensiva poté dirsi chiusa: i russi avevano chiaramente stravinto. Nel frattempo, sempre sul fronte meridionale russo, la 6ª Armata si trovava intrappolata nella sacca di Stalingrado. Sommando questi con altri fattori nettamente a sfavore delle truppe del Reich, il fronte meridionale andò incontro al definitivo smantellamento.

In 15 giorni l’Offensiva Ostrogožsk-Rossoš’ costò agli italo-tedeschi 52.000 fra morti e feriti, oltre 70.000 prigionieri e ingenti perdite anche fra i mezzi. Inoltre, fra i prigionieri di guerra, ben 51.400 figurano come caduti e dispersi italiani. La foto delle truppe che si ritirano purtroppo fu solo l’inizio di un ultimo calvario che, per molti, finì tanto presto, con la morte.