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vino al metanolo immagine sequestro

Foto del giorno: il vino al metanolo, il veleno che intossicò l’Italia

Fotografia di anonimo, Roma, aprile 1986. I carabinieri del nucleo anti-sofisticazione controllano una partita di vini in un supermercato della capitale. Sono i prodromi dello scandalo del vino al metanolo, pagina nefasta della storia contemporanea italiana che costerà la vita a ben 23 persone, intossicandone altre 153, di cui alcune con danni neurologici permanenti.

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Il 17 marzo dello stesso 1986 in Piemonte, Liguria e Lombardia succedevano strane cose. Molte persone persero la vista, ebbero malori e altri danni celebrali. Una serie inspiegabile di avvelenamenti e intossicazioni dilaniò improvvisamente il Paese. Contestualmente iniziarono anche le indagini delle forze dell’ordine per trovare un filo rosso che unisse le regioni sopra menzionate.

Dopo un periodo consistente di ricerca finalmente qualcosa si mosse. Venne fuori un nome specifico e un’area particolare: si trattò delle cantine della ditta Ciravegna di Narzole, in provincia di Cuneo. Ma cosa c’era di strano in questi prodotti? Non si trattava di semplice vino come tutto quello che si trova negli scaffali dei supermercati? Il colore e il sapore suggerivano una risposta positiva, qualcosa di latente urlava il contrario.

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I Ciravegna infatti, padre e figlio, per aumentare la gradazione alcolica del proprio vino, aggiunsero del metanolo al prodotto finito. Si tratta di un alcol tanto quanto l’etanolo, similissimo nel sapore e nel colore. Ciò che cambia è però la cosa più importante, la composizione chimica, che lo rende nocivo e potenzialmente letale per l’uomo.

Ma perché questo fatale errore? Il metanolo è una conseguenza intrinseca al processo di fermentazione dell’uva, ma in dosi bassissime. Dal dicembre ’85 al marzo ’86 però i Ciravegna utilizzarono quantità sproporzionate di metanolo al posto dello zucchero. Il perché? Il buon prezzo di mercato cui si trovava poiché sgravato da tassa di fabbricazione. Il problema maggiore è che non furono gli unici a pensare a tale soluzione…

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La vicenda non si chiuse in un periodo e in una zona ristretta, ma divenne una bufera mediatica e legale. Le indagini scattate dal caso cuneese aprirono uno scandalo tutto italiano che si allargò a circa 60 imprese. L’export di vino, in crescita di percentuali vicine al 20%, quell’anno andò in negativo del 37%, con alcuni paesi, come la Germania Ovest, che bloccarono addirittura totalmente lo scambio. Giovanni e Daniele Ciravegna ricevettero rispettivamente 14 e 4 anni di condanna penale mentre le vittime non ricevettero l’adeguato risarcimento. Per imprecisione o per ignoranza, l’Italia pagò un prezzo altissimo.