Fotografia di Carlos F. Gutiérrez, provincia di Palena, regione di Los Lagos, Cile, 2 maggio 2008. Dense nubi si stagliano all’orizzonte e con loro si manifestano delle temibili scariche elettriche derivate dall’eruzione vulcanica del Chaitén, vulcano che per quasi dieci millenni ha dormito un sonno profondo, salvo risvegliarsi con energia e vigore senza pari tra l’aprile e il maggio del 2008.

Lì, per l’occasione, si trovava Carlos F. Gutiérrez, fotografo cileno autore di questo scatto suggestivo. Nella fotografia è ravvisabile tutta la spettrale nonché spettacolare potenza della natura, capace di offrire vita in cambio di morte. Eruttando nel 2008, il Chaitén interruppe una quiescenza apparentemente interminabile, iniziata quando il mondo, nell’VIII millennio a.C., aveva decisamente un’altra fisionomia.
Fu un evento così potente e inaspettato da richiamare l’attenzione del mondo intero. Ma più di ogni cronaca, fu lo scatto di Gutiérrez a fissare per sempre nella memoria collettiva la forza primordiale di quella notte. La fotografia avrebbe vinto un premio – il primo posto, a voler essere puntigliosi – al World Press Photo Contest del 2009, nella categoria Natura.
Lo scenario catturato dal reporter cileno ha qualcosa di epico. In mezzo all’oscurità di un cielo notturno, si erge una colonna di cenere vulcanica da cui si sprigionano scariche elettriche violacee. Fulmini che si contorcono come serpenti luminosi nel cuore della nube. È il momento in cui la natura, nella sua forma più selvaggia, mostra tutta la sua violenza e tutta la sua bellezza. Quello che vediamo non è una semplice eruzione: è una tempesta vulcanica, un fenomeno raro e affascinante.

Meravigliosamente spaventoso, vero? Chiediamoci dunque: come si può generare un tale fenomeno? Entrando in modalità Superquark, vi dico che quando un vulcano esplode con grande intensità, espellendo gas, polveri, lapilli e frammenti di roccia ad altissima velocità, le particelle urtano tra loro generando cariche elettriche. L’interno della nube diventa così un concentrato naturale di elettricità. I fulmini che ne derivano si scaricano con una violenza che nulla ha da invidiare alle tempeste estive, illuminando dall’interno le viscere del monte in eruzione.
Il vulcano Chaitén si risvegliò senza preavviso alla fine del mese di aprile, nel 2008. La sua eruzione fu di tipo esplosivo, classificata come pliniana. Una colonna eruttiva si alzò fino a 16 chilometri d’altezza; fu visibile persino dall’Argentina, a oltre 200 chilometri di distanza. Le autorità cilene dovettero evacuare in fretta i centri abitati limitrofi. L’allarme riguardò circa 8.000 persone, le quali abbandonarono le loro case senza sapere se all’indomani dell’eruzione le avrebbero più riviste.

Sempre le autorità cilene prospettarono una “catastrofe umanitaria” alla luce della potentissima eruzione. Vittime ve ne furono, purtroppo, ma meno di quanto si fosse stimato alla vigilia. La coreografia elettrica catturata in foto da Gutiérrez ci ricorda un insegnamento che di questi tempi ci ritroviamo a ribadire di continuo (pur senza stancarci): possiamo credere di essere unici ed inimitabili, di essere la specie dominante, ma su questo pianeta, corrotto dall’azione antropica, siamo solo di transito. A rammentarcelo sono fenomeni come quello fotografato nel 2008 in Cile. Il messaggio è chiaro: le dinamiche profonde della Terra vanno oltre le nostre facoltà. Prima lo accettiamo, prima impariamo a convivere – e non sfruttare fino all’esaurimento – con ciò che ci circonda da che ne abbiamo memoria.