Il nome di Auguste Rodin è uno di quelli – è proprio il caso di dirlo – scolpito nella storia: la sua mano e il suo scalpello, le lettere e la fama imperitura, scolpì tutto quanto nel marmo limpido e immarcescibile del tempo. Nonostante i primi rifiuti, il suo destino lo spingeva a persistere verso la gloria, così come succede nelle grandi storie. Bene, allora sedetevi comodi, quella che stiamo per raccontarvi è proprio una grande storia, di vita, di arte e di bellezza senza confini. Signore e signori, ecco a voi Auguste Rodin.

Il nostro protagonista odierno nacque il 12 novembre 1840 a Parigi. “Il Michelangelo Moderno” o “L’artista della carne“, lo chiameranno. Due soprannomi a cui aggiungere ben poco. Il primo racchiude la sua incredibile abilità scultorea nel rappresentare la figura umana. Il secondo epiteto conferma e potenzia il primo: vedendo le sue sculture si pensa alla carne, al sangue che sembra scorrere nelle vene dei suoi marmi. Ma la sua strada artistica non era spianata e placida all’inizio, lo portò due volte davanti ad un bivio. Due furono infatti i rifiuti ricevuti dall’École des Beaux-Arts di Parigi. Ma se il marmo era duro, Auguste lo era ancora di più.
Nella sua Parigi continuò a studiare e a lavorare come scultore: il sudore che calava dalla sua fronte innaffiava l’orto del suo successo futuro. E quanti fiori ci sarebbero stati da lì a breve! Arriviamo allora alla grande opera protagonista dell’articolo odierno: La Porta dell’Inferno. Siamo nel 1880 quando iniziano quegli interminabili (e difatti interminati n.d.r.) lavori. Per 37 anni ci lavorerà, ispirandosi ad un altro genio di tutt’altro campo. Avete già capito che parliamo dell’Inferno di Dante Alighieri vero?

Sarà Edmond Turquet a commissionargli questo lavoro, ma a quale scopo? Si trattava della futura porta del Musée des Arts Décoratifs di Parigi, allora ancora in fase poco più che embrionale. Per concludere quel lavoro in 5 anni (questi erano i tempi stimati), Rodin creò un modello in gesso. Dopo la sua morte, sopraggiunta nel 1917, proprio da tale gesso nacquero 8 originali multipli, che oggi si trovano sparsi in altrettanti musei. Chiaramente, il modello di fusione in gesso in scala 1:1 si trova al Museo Auguste Rodin di Parigi.

Il portone doveva essere, nelle idee originarie dello scultore, monumentale, come monumentale sarebbe divenuto il suo nome. Quattro metri e mezzo di altezza, ricco di bassorilievi di ispirazione dantesca e ben 180 figure di diverse dimensioni. Fra queste ne spicca due in particolare che, dotati di cotanta bellezza, rappresentano per molti un’opera autonoma: Paolo e Francesca che si uniscono in un bacio, anzi ne” Il bacio“.
Il realismo e la passione ardente che traspare dai due innamorati che sembrano muoversi realmente ne fanno una grandissima opera artistica autonoma. Oltre alla passione Rodin inserì anche un tocco artistico di tragicità: trattandosi proprio della rappresentazione di Paolo e Francesca non poteva limitarsi ad una proporzione così piccola. Nel 1888-1889 scolpì l’opera autonoma, commissionata dallo Stato francese, chiamata appunto “Il bacio” riportata qui in basso.

Nel sud-ovest di Parigi, precisamente a Meudon, il 17 novembre 1917 si spegneva Auguste. Almeno la sua persona fisica, la sua arte no, quella non poteva assolutamente morire. Era Auguste stesso a rendere vive le sue opere, come possiamo noi pensare che possano morire? Che può spegnersi il nome di un’artista che bruciò così intensamente come solo le grandi menti sanno fare? Una scultura imperitura dunque va anche a lui, ad uno dei più grandi scultori di tutti i tempi.