Storia Che Passione
Accadde oggi: 6 novembre

Accadde oggi: 6 novembre

Almanacco del 6 novembre, anno 963: l’imperatore dei Romani Ottone I di Sassonia indice il Sinodo di Roma. Questo durerà fino al 4 dicembre del medesimo anno e che si concluderà con l’accusa rivolta a papa Giovanni XII di rivolta armata contro l’istituzione imperiale e di conseguenza con la sua immediata deposizione.

Accadde oggi: 6 novembre

Il Sinodo di Roma del 963 rappresenta uno degli episodi più singolari e controversi della storia del papato medievale. Tenutosi nella Basilica di San Pietro tra il 6 novembre e il 4 dicembre di quell’anno, fu convocato e presieduto non da autorità ecclesiastiche, ma dall’imperatore del Sacro Romano Impero, Ottone I di Sassonia. Scopo del sinodo: deporre il pontefice, allora Giovanni XII. Perché mai un imperatore avrebbe voluto mettere da parte il vicario di Cristo? L’accusa imperiale risiedeva nella “condotta immorale” reiterata dal papa dei Conti di Tuscolo. Ma poi si spaziava, perché dentro vi erano abuso di potere, inezia spirituale, tradimento nei confronti dell’autorità imperiale. Un bel quadretto che, se ci seguite da tanto tempo, riassunsi con un bell’aforisma estratto da Aldo, Giovanni e Giacomo…

L’evento, descritto in modo vivido da Liutprando di Cremona, ambasciatore e cronista alla corte ottoniana, si colloca in un’epoca di profonda decadenza del papato, nota nella storiografia come Saeculum obscurum, “secolo oscuro” della Chiesa.

Per comprendere il clima in cui maturò il sinodo, occorre risalire al contesto romano del X secolo. In quegli anni la città eterna era dominata dalla potente famiglia dei Conti di Tuscolo, il cui controllo si estendeva su politica, esercito e soprattutto sulle elezioni papali. Le figure centrali di questa “signoria pontificia” furono Teodora e sua figlia Marozia, due nobildonne la cui influenza – secondo gli storici coevi e successivi – superava quella di molti prelati e principi. Esse riuscirono, attraverso alleanze matrimoniali e intrighi, a imporre sul soglio pontificio una successione di papi a loro fedeli, creando una sorta di dinastia familiare.

6 novembre Sinodo di Roma

Marozia, figlia del console romano Teofilatto e della stessa Teodora, incarnava questo sistema di potere che univa ambizione, seduzione e pragmatismo politico. I cronisti posteriori, come Edward Gibbon, descrissero con toni scandalistici l’influenza di queste donne, parlando di una “pornocrazia romana“, ossia di un periodo in cui la Santa Sede sarebbe stata governata attraverso le relazioni amorose e gli interessi privati. Giovanni XII, nipote di Marozia, ne fu uno degli ultimi rappresentanti.

Eletto papa nel 955, il giovanissimo Giovanni XII, al secolo Ottaviano dei conti di Tuscolo, ereditò non solo un papato in crisi, ma anche la mentalità aristocratica e dissoluta del suo casato. Liutprando di Cremona lo descrive come un uomo dedito alla caccia, ai piaceri carnali e agli intrighi, più simile a un signore feudale che a un pontefice.

Al di là dell’esagerazione retorica, è certo che Giovanni XII intrattenesse rapporti tesi con Ottone I, l’imperatore che egli stesso aveva incoronato nel 962. Dopo il giuramento di fedeltà prestato in quell’occasione, il papa tentò infatti di allearsi con Berengario II d’Ivrea, re d’Italia e rivale dell’imperatore. Quando Ottone scoprì il tradimento e seppe che Giovanni aveva accolto a Roma Adalberto, figlio di Berengario, decise di agire.

Nel novembre del 963, Ottone marciò su Roma con le sue truppe. Giovanni XII fuggì precipitosamente, rifugiandosi prima a Tivoli e poi nei dintorni del Lazio. Entrato trionfalmente nella città il 2 novembre, l’imperatore fece ribadire al clero e alla nobiltà romana il giuramento di fedeltà all’autorità imperiale, ricordando che nessun papa poteva essere eletto o deposto senza il consenso dell’imperatore. Pochi giorni dopo, convocò un sinodo straordinario nella Basilica di San Pietro per esaminare le accuse contro Giovanni XII.

6 novembre Ottone di Sassonia

La decisione, sebbene controversa, si fondava su una tradizione di lunga data. Nei secoli precedenti, infatti, gli imperatori bizantini e carolingi avevano spesso presieduto concili ecclesiastici, legittimati dal loro ruolo di difensori della fede. Ottone si considerava dunque pienamente autorizzato a farlo. Tuttavia, la sua mossa inaugurò un delicato dibattito teologico destinato a durare nei secoli. Ovvero: un’autorità secolare può decidere le sorti di un omologo spirituale?

Il sinodo, composto da vescovi, cardinali e rappresentanti del clero romano, si aprì il 6 novembre 963. Poiché Giovanni XII non si presentò, furono nominati due accusatori ufficiali. Essi erano due Giovanni. Che fantasia! Il primo Giovanni era il vescovo di Narni, e il secondo invece era cardinale diacono a Roma. Si lessero le accuse, e che accuse. Praticamente una lista impressionante che andava dalla simonia all’omicidio, dall’incesto al sacrilegio, fino a imputazioni di idolatria.

Papa Giovanni XII proprio non ne volle sapere di comparire a giudizio. Anzi, scrisse di proprio pugno (forse) una lettera di risposta, minacciando di scomunicare chiunque osasse eleggere un nuovo pontefice mentre egli era ancora vivo. Dopo due citazioni rimaste senza esito, il 4 dicembre 963 il sinodo decretò la sua deposizione per reato e tradimento. A questo punto Ottone chiese al concilio di eleggere un successore. La scelta cadde su Leone, protonotario apostolico, che assunse il nome di Leone VIII. Fu proclamato papa e consacrato in San Pietro sotto la supervisione diretta dell’imperatore.