Almanacco del 4 dicembre, anno 1674: l’esploratore e missionario gesuita francese Jacques Marquette fonda una missione sulla riva meridionale del lago Michigan. Esattamente in quel punto della terra dei nativi Potawatomi sorgerà la città di Chicago. Il 4 dicembre 1674 è la data che la memoria storica associa al primo vero accampamento europeo nel luogo dove sarebbe sorta la terza città statunitense per numero di abitanti.

Jacques Marquette (1637-1675) entrò nella Compagnia di Gesù a soli 17 anni, dopo aver studiato in Alta Francia, a Laon. Ordinato prete nel 1666, accettò l’incarico di evangelizzare i nativi del Nord America. Prese il largo atlantico dal porto di La Rochelle e raggiunse Québec in veste di missionario ed esploratore.
Imparò una decina di lingue amerinde e assieme a Louis Jolliet (noto esploratore francese dell’epoca, vicino al viceré della Nuova Francia) discese il fiume Mississippi, in quella che fu a tutti gli effetti un’impresa storica. I due lo fecero mossi da una falsa convinzione, ovvero che il corso d’acqua scorresse in direzione ovest (mentre attraversa il Nord America in senso nord-sud). Cercavano l’accesso all’Oceano Pacifico, ma quando si resero conto del “piccolo” errore di calcolo, tornarono indietro.
Nel viaggio di ritorno, si fermarono sulla sponda meridionale del lago Michigan, uno dei cinque Grandi Laghi. Le condizioni meteorologiche peggioravano rapidamente e Marquette, già debilitato da mesi di sforzi e da una malattia intestinale cronica, cominciava a mostrare segni sempre più evidenti di debolezza. Tuttavia, quando il piccolo gruppo giunse alla foce del fiume Chicago, trovò un insediamento di indigeni pronti ad accoglierli e ad aiutarli.

Fu in quel momento che Marquette e i suoi compagni decisero di costruire un rifugio di fortuna. Si trattava di una struttura semplice, fatta con rami intrecciati e ricoperti da pelli, poco più di un riparo temporaneo contro il vento e la neve. Ma per la storia aveva un significato ben più grande: quella fu la prima presenza stabile europea in un luogo che avrebbe finito per diventare uno degli snodi strategici più importanti dell’America settentrionale. Era il 4 dicembre 1674.
Marquette non era però nelle condizioni di proseguire. Cercò di risalire il ramo meridionale del fiume per raggiungere il Desplaines, come previsto nel suo itinerario, ma le forze lo abbandonarono. Accettò allora di trascorrere l’inverno accampato con gli indigeni, che lo trattarono con rispetto quasi reverenziale. Nelle sue lettere e nei suoi appunti descrive queste settimane come un periodo di grande fragilità fisica ma anche di intensa attività spirituale: celebrava funzioni, istruiva i più giovani, visitava gli ammalati. E allo stesso tempo osservava e registrava la vita quotidiana delle tribù locali, lasciandoci un patrimonio di informazioni unico.

L’inverno 1674–75 fu cruciale non solo per il missionario, ma anche per la conoscenza delle tribù native incontrate in quel frangente di XVII secolo. Nelle pagine di diario Marquette descriveva il clima, il comportamento delle popolazioni autoctone, le caratteristiche del territorio. Persino le potenzialità della zona come punto di passaggio tra i bacini dei Grandi Laghi e del Mississippi. Tutti elementi che, nei secoli successivi, avrebbero determinato lo sviluppo commerciale e urbano di Chicago.

Con l’arrivo della primavera, Marquette tentò di tornare verso nord, deciso a raggiungere Mackinac. Ma sulla strada, nelle foreste prossime a Ludington (centro abitato affacciano sul Michigan), le forze lo tradirono. Questa volta definitivamente. Morì il 18 maggio 1675. Il “capo dalla tunica nera” – così soprannominato dai nativi Illinois – si spense circondato da connazionali e amerindi.
Quel modesto rifugio costruito sulla foce del fiume Chicago rimase un punto di riferimento per i pochi europei che avrebbero seguito le sue tracce. Il nome stesso della città – derivato dalla parola indigena shikaakwa, il “luogo dei porri selvatici” – era già nelle note del missionario.




