Storia Che Passione
Accadde oggi: 13 settembre

Accadde oggi: 13 settembre

Almanacco del 13 settembre, anno 1440: le guardie del re di Francia arrestano Gilles de Montmorency-Laval, più comunemente noto come Gilles de Rais, aristocratico bretone vicino alla corona, commilitone di Giovanna d’Arco, già Maréchal de France. Un evento simile, dato il prestigio del personaggio, generò enorme scalpore nel regno dei Capetingi. All’arresto fece seguito uno dei processi più noti e incredibili del Medioevo europeo, che travalicò i confini della realtà storica, approdando in generi quali la letteratura o la cinematografia. Ma con quale accusa l’autorità mise dietro le sbarre il nobile barone di Rais? Una delle peggiori: reo di pratiche occulte e alchemiche, nonché di essere uno stupratore, pedofilo e omicida, sulla quale coscienza gravavano – sempre secondo l’impianto accusatorio – oltre 140 vittime fra adolescenti e bambini.

Accadde oggi: 13 settembre

Prima di affrontare la storia dell’arresto del 13 settembre e del delicato processo all’eroe di guerra (fu uno di coloro a guidare il famigerato assedio d’Orléans, e si distinse nell’altrettanto importante battaglia di Patay, vinta dai francesi e considerata dagli storici un momento di svolta nella guerra dei cent’anni), è importante capire chi fosse davvero Gilles de Rais. Ecco, si fa prima a dire chi non fosse. Anzitutto, il capitano delle armate di Sua maestà il re di Francia non era un nobile qualunque.

Nato nei primi anni del XV secolo (forse il 1405), apparteneva a due delle più grandi famiglie aristocratiche di Francia: i Montmorency-Laval e i Craon. Era dunque un uomo circondato da legami altissimi, imparentato con alcuni fra i più potenti casati del regno. Inoltre, grazie al matrimonio con Catherine de Thouars, aveva ereditato un immenso patrimonio, che lo rese per un periodo uno degli uomini più ricchi della sua epoca.

Alla sua posizione nobiliare si aggiunse la gloria militare. Dal 1427 combatté al fianco di Carlo VII durante la guerra dei cent’anni, distinguendosi soprattutto nel 1429, quando fu tra i comandanti che accompagnarono Giovanna d’Arco nella campagna della Loira. In quello stesso anno ricevette il prestigioso titolo di maresciallo di Francia, la più alta dignità militare del regno. Presenziò perfino alla consacrazione del re a Reims (17 luglio 1429).

13 settembre barone di Rais maresciallo di Francia

In altre parole, Gilles era non solo un aristocratico di sangue illustre, ma anche un eroe nazionale, partecipe della riscossa francese contro gli inglesi. Siccome ci tengo a calcare il peso della sua importanza, aggiungo questi due dati biografici. Tanta era la fiducia riposta dal sovrano nel barone di Rais che lo elevò a pari di Francia – privilegio assoluto – e poi a consigliere della corona oltre che renderlo ciambellano di corte. Pochi potevano vantare un simile status nel regno di Francia.

Alla morte del nonno, nel 1432, ereditò tutte le fortune. Si ritrovò a gestire un patrimonio finanziario e immobiliare sconfinato, o meglio, apparentemente sconfinato. Esatto, perché Gilles de Rais in quell’esatto momento abbandonò la vita militare per dedicarsi al diletto e allo sfarzo. Dissipò quasi tutto l’ammontare economico di cui disponeva e dopo qualche anno si ritrovò con le proverbiali pezze lì dove voi sapete. La malagestione del denaro lo allontanò dagli affetti. Prima la moglie, poi il fratello lo abbandonarono. Richiese prestiti che non avrebbe mai saldato e svendette proprietà come se non ci fosse un domani. Per farla breve, cadde in disgrazia presso chiunque.

Ma il vero precipitare della situazione si colloca in un anno, il 1440. Il 15 maggio, infatti, riprese con le armi il castello di Saint-Étienne de Mermorte, che egli stesso aveva venduto al tesoriere di Bretagna Guillaume Le Ferron, agendo in aperta violazione di un contratto. Peggio ancora, compì l’azione durante una celebrazione religiosa, arrivando a prendere in ostaggio il canonico Jean Le Ferron, fratello del nuovo proprietario. Questa violazione dell’immunità ecclesiastica spinse il vescovo di Nantes, Jean de Malestroit, ad aprire un’inchiesta che, di lì a poco, avrebbe portato alla luce accuse ben più gravi.

13 settembre castello in Bretagna

Fu così che, il 13 settembre 1440, Gilles de Rais venne arrestato insieme ad alcuni suoi uomini fidati. Pochi giorni più tardi, il 28 settembre, si aprì formalmente il processo inquisitoriale a Nantes, davanti al vescovo e al viceinquisitore Jean Blouyn. Quel giorno deposero i primi testimoni, otto in totale, che parlarono delle misteriose scomparse di bambini nella regione, indicando come responsabile una serva di de Rais, Perrine Martin detta la Meffraye. Le testimonianze iniziarono a delineare un quadro inquietante, che univa al sospetto di sacrilegio e pratiche magiche l’ipotesi di omicidi seriali di minori.

Nei giorni successivi le indagini si allargarono, raccogliendo ulteriori deposizioni. Il 13 ottobre il processo riprese in maniera più strutturata. L’accusa formulò 49 capi d’imputazione contro Gilles de Rais. Lo si incriminava di avere rapito e ucciso un numero imprecisato di bambini con l’aiuto dei suoi complici, di averne profanato i corpi, di aver compiuto pratiche stregonesche e persino sacrifici demoniaci.

Il 15 ottobre l’imputato si presentò nuovamente davanti al tribunale. Accusò i giudici di volerlo processare solo per impossessarsi delle sue terre e delle sue ricchezze. Tuttavia, di fronte alla minaccia di scomunica e alle prove raccolte, la sua resistenza cominciò a incrinarsi. Nei giorni seguenti, anche attraverso la tortura, vennero estorte a lui e ai suoi complici confessioni che descrivevano, nei dettagli più macabri, una lunga serie di crimini sessuali e omicidiari.

13 settembre Gilles de Rais accuse

Il 25 ottobre 1440, dopo settimane di deposizioni e confessioni, fu emessa la sentenza. Fu esemplare. Gilles de Rais era un apostata, un eretico, un affiliato di Satana, avvezzo alla sodomia e al sacrilegio. Ah sì, aveva anche violato l’immunità ecclesiastica. Il tribunale predispose la forca per l’ex commilitone di Giovanna d’Arco. Condannato all’impiccagione, il giorno dopo, il 26 ottobre, il patibolo vide penzolare il corpo esanime de de Rais.

L’esecuzione non chiuse del tutto la vicenda. Due anni più tardi, nel 1442, Carlo VII scrisse due lettere che attestavano come Gilles de Rais avesse presentato appello al re e al Parlamento di Parigi, senza che i giudici lo prendessero in considerazione. Sebbene le missive non fossero mai spedite, la loro esistenza gettava un’ombra sul processo. Si suggerì quindi che potesse esserci stata una componente politica e patrimoniale nelle accuse e nell’arresto del 13 settembre.

Per secoli, tuttavia, la memoria di Gilles de Rais rimase indissolubilmente legata all’immagine di mostro e assassino seriale. Una memoria che si fuse nell’archetipo letterario di Barbablù, evocato da Charles Perrault nella sua fiaba del 1697. Se l’avete mai letta, sappiate che il personaggio molto probabilmente è ispirato alla figura storica del barone di Rais.