Almanacco del 1° ottobre, anno 1827: nel corso della guerra russo-persiana, truppe dello zar guidate dal generale Ivan Fëdorovič Paskevič entrano a Yerevan (anche detta Erevan), ponendo fine a quasi un millennio di dominazione musulmana in Armenia. Non si trattò solo di una vittoria simbolica per l’Impero russo, ma di una vera e propria ridefinizione – chiaramente a suo favore – degli equilibri strategici nel Caucaso.

Il contesto in cui si inserisce l’episodio era quello della rivalità tra l’Impero russo e la dinastia Qajar di Persia. Una contesa sviluppatasi per il controllo delle regioni caucasiche, litigate già dal secolo precedente. La Russia, dopo aver consolidato la sua presenza in Georgia e nel Caucaso settentrionale, mirava ad affermarsi anche a sud. Mentre la Persia, ancora forte di tradizioni e ambizioni secolari, tentava di mantenere la sua influenza su khanati strategici come quelli di Erivan e Nakhichevan.
Tutti elementi che portarono alla guerra russo-persiana del 1826-1828. Questo fu il secondo di una serie di conflitti tra i due imperi. Esso si aprì con iniziali successi persiani, ma ben presto la macchina militare russa, guidata dal generale Ivan Fëdorovič Paskevič, prese il sopravvento. Dopo aver conquistato diverse roccaforti e sconfitto più volte le truppe persiane, Paskevič decise di puntare su Yerevan, città-fortezza di grande importanza strategica, posta in posizione dominante nella valle dell’Ararat.

L’assedio cominciò formalmente a fine settembre 1827 e fu condotto con grande determinazione. A distinguersi fu anche Pushchin, un ex ufficiale compromesso con i decabristi e degradato, che tuttavia dimostrò eccezionali capacità tecniche nell’ingegneria militare. Dopo una settimana di bombardamenti e manovre, il 1° ottobre le difese iniziarono a cedere. Già quel 1° ottobre gran parte del centro urbano era in mano russe, ma la capitolazione effettiva avvenne il 14 del mese. Il bottino fu considerevole. Oltre 4.000 prigionieri e 49 cannoni, mentre il Khanato di Erivan cessava di esistere come entità autonoma, entrando nell’orbita zarista.
Le conseguenze furono di vasta portata. La caduta di Yerevan aprì la strada all’avanzata russa verso sud e portò poco dopo alla conquista di Tabriz. Non un successo qualcunque, visto che era la seconda città dell’Iran e un nodo commerciale di primaria importanza. Questo colpo costrinse lo scià Fath-‘Ali Shah Qajar a chiedere la pace, che si concretizzò con il Trattato di Turkmenchay del 1828.

Con esso, la Persia riconobbe la sconfitta. Cedette ufficialmente alla Russia non solo il Khanato di Erivan (corrispondente grosso modo all’attuale Armenia) ma anche quello di Nakhichevan (oggi parte dell’Azerbaigian).
Dal punto di vista storico, la vittoria russa e il trattato sancirono l’inizio di una nuova fase. Una stagione in cui il Caucaso meridionale passava stabilmente sotto il controllo di San Pietroburgo, mentre la Persia vedeva ridimensionate in modo drammatico le sue ambizioni nella regione. Inoltre, i trattati imposti dai russi alla Persia alimentarono un sentimento di frustrazione e di rivalsa che avrebbe avuto ripercussioni sulla politica interna e sulla percezione della Russia in Iran.

Detto ciò, si capisce come la presa di Yerevan nel 1827 fu molto più di un episodio bellico marginale. Lo dobbiamo interpretare come un passaggio, anche abbastanza decisivo, che ridisegnò la mappa del Caucaso. Un evento che aprì la strada al consolidamento dell’egemonia russa nella regione e segnò una sconfitta storica per la Persia dei Qajar, che da allora dovette accettare il ruolo di potenza subordinata rispetto ai vicini più forti.