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Foto del giorno: il Kvevri e la sacra tradizione vinicola georgiana

Foto del giorno: il Kvevri e la sacra tradizione vinicola georgiana

Fotografia di anonimo, Cachezia, Georgia (Impero russo), 1881. Un uomo in vesti tradizionali posa accanto un Kvevri, altresì detto kwevri, qvevri o quevri, in georgiano ქვევრი. La fotografia del 1881 è il simbolo di una delle più antiche e radicate tradizioni enologiche del mondo: quella del vino georgiano.

Foto del giorno: il Kvevri e la sacra tradizione vinicola georgiana

Il protagonista dello scatto, dal volto severo e segnato dalla fatica, si erge accanto a un immenso Kvevri. Si tratta della tipica anfora in terracotta utilizzata in Georgia da più di 8.000 anni per la fermentazione e la conservazione del vino. La sua mano appoggiata sul recipiente e lo sguardo diretto verso l’obiettivo comunicano insieme orgoglio e quotidianità. Quell’enorme vaso, che ai nostri occhi, seguaci del XXI secolo, appare come un oggetto quasi mitologico, era per lui un elemento familiare, parte integrante del ciclo agricolo e della vita comunitaria. Per alcuni georgiani lo è ancora, beninteso.

Kvevri anfore georgiane

Il Kvevri non è una semplice anfora. No, è prima di tutto un simbolo identitario. La sua forma ovoidale, la superficie interna rivestita di cera d’api e la collocazione interrata sono il risultato di secoli di osservazione empirica e perfezionamento tecnico. Interrando i kvevri fino al collo, i georgiani sfruttavano la temperatura costante del terreno per garantire una fermentazione naturale del mosto, senza bisogno di controllo artificiale. Il processo è tanto semplice quanto ingegnoso. L’uva pigiata, completa di bucce e raspi, viene versata nel recipiente e lasciata fermentare per mesi. Poi il vino viene separato dal residuo solido e lasciato maturare nello stesso vaso.

Kvevri uomo 1881 Cachezia

Così avviene il miracolo! Ne deriva un vino niente male; “profondo” direbbe un sommelier, cosa che il sottoscritto non è neppure lontanamente. E siccome amo la sincerità, eccovi un po’ di qualità direttamente copiate e incollate dall’OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino): questo vino georgiano presenta, a detta dell’OIV, un “colore dorato o ambrato, con note terrose e tanniche che rimandano alla sua origine arcaica”.

La regione della Cachezia (o se preferite, il Kakheti o Kaxeti), da dove proviene la foto, è il cuore pulsante della viticoltura georgiana. Situata nell’est del paese, ai piedi della catena del Caucaso, essa rappresenta da secoli il centro spirituale e produttivo del vino caucasico. Ogni villaggio, ogni famiglia possedeva un proprio marani – la cantina domestica – dove i Kvevri erano disposti sotto il pavimento e sigillati dopo la vendemmia. La vinificazione non era solo un’attività economica, ma un rito collettivo, carico di significati religiosi e sociali.

Kvevri anfore oggi tradizione Georgia

Nel 2013, l’UNESCO ha riconosciuto il metodo tradizionale georgiano di vinificazione in kvevri come patrimonio culturale immateriale dell’umanità. È interessante notare come il processo di produzione georgiano abbia ispirato negli ultimi decenni anche molte cantine europee e statunitensi, che hanno riscoperto questa tecnica come alternativa naturale alla vinificazione industriale.