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Eroe delle nevi e benefattore degli apolidi: la storia del Nobel per la Pace Fridtjof Nansen

Eroe delle nevi e benefattore degli apolidi: la storia del Nobel per la Pace Fridtjof Nansen

Nella storia dell’umanità, si può individuare una cerchia di persone che, pur vivendo una sola vita, sembra che ne trascorrano di diverse. Non so se mi spiego. Sono donne e uomini speciali, attivi nei più svariati campi del sapere, sempre alla ricerca di qualcosa per cui passare alla storia. Fridtjof Nansen appartiene di diritto a questo circolo. Nato nel 1861 nei pressi di Christiania (vecchio nome di Oslo), il norvegese visse 69 anni. Un arco di tempo in cui fu tante cose: esploratore, zoologo, oceanografo, diplomatico e umanitario. Soprattutto fu la somma di due idee strettamente moderne, anzi, strettamente ottocentesche. Egli incarnò la convinzione che la conoscenza e l’azione morale siano due aspetti di una stessa vocazione. Per questo gli venne riconosciuto il premio più importante di tutti, il Nobel per la Pace. E scusate se è poco.

Eroe delle nevi e benefattore degli apolidi: la storia del Nobel per la Pace Fridtjof Nansen

Nel 1888, a soli 27 anni, Nansen divenne una celebrità mondiale. Fu il primo uomo ad attraversare la Groenlandia con gli sci. Un viaggio che da ovest lo condusse ad est della vasta calotta polare. Nessuno prima di lui aveva tentato una simile impresa. La spedizione, durata 42 giorni fu più un esperimento scientifico e umano che un grande sforzo sportivo. Dimostrò che la Groenlandia era interamente coperta dai ghiacci e che la tecnologia norvegese dello sci (ricordiamo come lo sciismo allora fosse poco conosciuto all’infuori della fredda Scandinavia) poteva essere strumento di esplorazione e sopravvivenza.

La fama non bastò a Nansen, che si spinse ancora più in là. Nel 1893 organizzò la spedizione della Fram, una nave da lui concepita e costruita per resistere alla pressione dei ghiacci artici e lasciarsi trascinare dalle correnti verso il Polo Nord. Era un piano visionario, persino folle, oserei dire. Sì, perché come altro definire un viaggio affidato alla deriva, alla scienza delle correnti e al calcolo delle probabilità?

Fridtjof Nansen attraversamento Groenlandia sci

Ecco, infatti la Fram rimase intrappolata nel ghiaccio per tre anni. Nansen, con il compagno Hjalmar Johansen, tentò di raggiungere il Polo a piedi, arrivando più a nord di chiunque altro prima di lui. Sebbene l’obiettivo non fosse raggiunto, il mondo riconobbe in lui il simbolo di un nuovo eroismo, fondato sulla resistenza, l’intelligenza e la tenacia.

Parallelamente alle esplorazioni, Nansen si affermò come uno scienziato di spicco. Studiò zoologia, si specializzò in neurobiologia e pubblicò ricerche pionieristiche sul sistema nervoso, anticipate rispetto alla scoperta del neurone come unità funzionale del cervello. Fu anche un oceanografo di rilievo internazionale. Le sue analisi sulle correnti marine e le acque profonde del Mare di Norvegia sono ancora oggi considerate fondamentali per la nascita dell’oceanografia moderna.

Fridtjof Nansen spedizione polare

Ma ciò che rende Nansen una figura storica di eccezionale statura è che, giunto al culmine della sua carriera scientifica, scelse di dedicarsi interamente alla causa umanitaria. Dopo la Prima guerra mondiale, con l’Europa deturpata nel profondo e milioni di vite spezzate, Nansen abbandonò la ricerca per mettersi al servizio della pace.

Nel 1919, come capo della delegazione norvegese, partecipò alla fondazione della Società delle Nazioni, il primo esperimento di diplomazia multilaterale nella storia moderna. Fu in quel contesto che la sua figura emerse come quella di un uomo d’azione animato da un profondo senso etico.

Fridtjof Nansen da giovane

Nel 1920 gli venne affidato il compito di rimpatriare centinaia di migliaia di prigionieri di guerra ancora dispersi tra la Russia e l’Europa centrale, più di un anno dopo la fine del conflitto. Con straordinaria capacità organizzativa e un carisma che superava le barriere ideologiche, Nansen riuscì a negoziare direttamente con il governo sovietico e a completare il rimpatrio di oltre 430.000 persone entro il 1922. In un certo senso fu il primo vero successo della neonata Società delle Nazioni. Un successo targato Fridtjof Nansen. Per quell’impegno, il benefattore norvegese ottenne proprio nel 1922 il Nobel per la Pace.

L’anno successivo, la grande carestia del Volga (in storiografia nota come “grande carestia russa del 1921-23) devastò l’Unione Sovietica. Morti totali: circa cinque milioni. Nansen, nominato Alto Commissario per gli aiuti internazionali, si mise in viaggio per coordinare soccorsi e approvvigionamenti. Organizzò trasporti, negoziò prestiti, ottenne fondi e riuscì a far arrivare viveri a oltre dodici milioni di affamati, pur consapevole che i suoi sforzi non sarebbero bastati a salvare tutti.

Fridtjof Nansen rifugiati armeni

Ma il problema che più lo segnò fu quello dei rifugiati apolidi. Dopo la Rivoluzione d’Ottobre, circa 800.000 russi fuggirono all’estero. Privati della cittadinanza dal governo sovietico, non potevano viaggiare, lavorare o sposarsi legalmente. Diamo a Cesare quel che è di Cesare. Fu un assistente di Fridtjof Nansen, tale Edouard August Frick, a ideare una soluzione che sarebbe rimasta nella storia: il Passaporto Nansen. Forse ne avete sentito parlare. Essenzialmente era un documento riconosciuto da oltre cinquanta Stati che consentiva a rifugiati e apolidi di attraversare le frontiere e ricostruirsi una vita.

Questo “passaporto dell’umanità” permise a oltre 450.000 persone (ma le stime vanno al rialzo) di sopravvivere e ripartire. Tra i titolari figuravano nomi destinati a lasciare un segno nella cultura mondiale, come Marc Chagall, Igor’ Stravinskij, Sergej Rachmaninov, Anna Pavlova e Vladimir Nabokov. Si avvalsero del Passaporto Nansen anche gli armeni fuggiti dalla Turchia dopo il 1924 e le popolazioni assire perseguitate in Iraq alla fine degli anni ’20.

Fridtjof Nansen statua Mosca

Fridtjof Nansen morì nel 1930, nella sua casa vicino ad Oslo, lasciando dietro di sé non solo l’immagine dell’esploratore dei ghiacci ma anche quella dell’uomo che aveva saputo “scaldare il mondo” con la sua umanità. Dopo la sua morte, la Società delle Nazioni istituì l’Ufficio Internazionale Nansen per i Rifugiati, che nel 1938 ricevette il Premio Nobel per la Pace in suo onore. Il suo operato divenne il modello per l’odierno Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), che ancora oggi assegna il “Premio Nansen” a chi si distingue nella difesa dei profughi.