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Abbandonato su un'isola deserta per la sua omosessualità: il caso di Leendert Hasenbosch

Abbandonato su un’isola deserta per la sua omosessualità: il caso di Leendert Hasenbosch

È il 1726 quando un editore di Londra pubblica un libro dal titolo inequivocabile: Sodomy Punish’d (“Sodomia punita”). Il libricino prende ampio spunto da un diario che dei marinai britannici hanno riportato in patria dopo aver solcato le turbolente acque dell’Atlantico meridionale ed essersi fermati sull’anonima isola di Ascensione. Proprio lì, su quel lembo di terra emerso a metà strada fra l’Angola e il Brasile, dove possono crescere solo cactus, bambù e pini, il diario è stato attenzionato dai marinai inglesi, i quali hanno creduto fosse cosa buona e giusta raccoglierlo per farne materiale da pubblicare il prima possibile a casa, chissà, magari per intenti moralistici. Intenti che trovano giustificazione se pensiamo all’epoca in cui s’inserisce la vicenda e il soggetto attorno al quale essa ruota. Nel libro edito in Inghilterra lui si chiamava Leondert Hussenlosch, storpiatura di Leendert Hasenbosch. Questa è la sua storia.

Abbandonato su un'isola deserta per la sua omosessualità: il caso di Leendert Hasenbosch

Leendert Hasenbosch nacque intorno al 1695 a L’Aia, nelle Province Unite, in un’epoca in cui l’Olanda era ancora una delle grandi potenze commerciali mondiali. Non abbiamo molte informazioni sulla sua infanzia, se non che il padre, rimasto vedovo, nel 1709 si trasferì a Batavia (oggi Giacarta), cuore pulsante dell’impero coloniale olandese, portando con sé le tre figlie. Hasenbosch, adolescente, rimase invece nel Vecchio Continente, forse presso parenti o per completare la sua formazione. Non ci è dato saperlo.

Leendert Hasenbosch navi olandesi in mare

Nel 1714, a diciannove anni, entrò al servizio della Compagnia olandese delle Indie orientali – sempre lei, la VOC – la più potente compagnia commerciale del tempo, che era allo stesso tempo un colosso economico e un’entità parastatale, capace di amministrare territori, mantenere eserciti e imporre giustizia. Hasenbosch si arruolò come semplice soldato e si imbarcò sulla nave Korssloot, diretta da Enkhuizen a Batavia (che se ricordate, era il centro amministrativo coloniale olandese). Da lì iniziò una carriera militare che lo portò in diverse basi coloniali: tra il 1715 e il 1720 servì a Kochi, in India, e successivamente tornò a Batavia, dove fu promosso caporale e assunto come scrivano e contabile militare, un incarico che richiedeva istruzione e una certa affidabilità.

Leendert Hasenbosch presunto ritratto

Tutto cambiò nel 1725. Durante una sosta della sua nave a Città del Capo, il 17 aprile, su Hasenbosch ricadde l’accusa di sodomia. All’epoca, nei territori sotto l’influenza olandese come in gran parte d’Europa, l’omosessualità era considerata non solo un peccato gravissimo, ma anche un reato capitale. La VOC, in particolare, manteneva un atteggiamento severissimo nei confronti di tutto ciò che poteva minacciare l’ordine morale e disciplinare sulle navi e nei presidi coloniali.

Il destino che toccò a Leendert Hasenbosch fu quello riservato a molti altri uomini accusati di sodomia. Si prospettava all’orizzonte l’abbandono forzato su un’isola deserta, senza reali possibilità di sopravvivenza. Era una forma di esecuzione indiretta. Non un patibolo pubblico, ma una condanna a morte lenta, consumata lontano dagli occhi della società. Così, il 5 maggio 1725, sbarcarono Hasenbosch sull’isola di Ascensione, nel mezzo dell’Atlantico meridionale. All’epoca l’isola era disabitata, priva di fonti d’acqua facilmente accessibili e nota solo come punto di sosta occasionale per le navi.

Leendert Hasenbosch isola di Ascensione

I suoi “carnefici” decisero però di concedergli un equipaggiamento minimo. Che gentili. Esso consisteva in una tenda, semi da coltivare, utensili, libri di preghiera (fondamentali…), vestiti, carta e inchiostro, oltre a scorte d’acqua sufficienti solo per un mese. Hasenbosch iniziò a tenere un diario dettagliato dei suoi ultimi mesi di vita.

Il suo primo e principale problema fu l’acqua. Ascensione, di origine vulcanica, non possiede fiumi né laghi. Le poche sorgenti sono difficili da individuare e scarsamente produttive. Hasenbosch, nonostante i tentativi, non riuscì a trovarle. Iniziò allora a dissetarsi come poteva. Andò bene il sangue degli uccelli marini, così come i liquidi contenuti nei gusci delle tartarughe. Perché no, la propria urina. Nonostante gli sforzi, la disidratazione divenne inevitabile.

Leendert Hasenbosch entroterra isola ascensione

Parallelamente, il diario – che è importantissimo sottolineare, è andato perduto; tutto ciò che sappiamo deriva dai libri scritti a posteriori – testimonia la sua lotta interiore. Accanto alle note pratiche sulla ricerca di acqua e cibo, compaiono riflessioni personali. Sensi di colpa per la sua omosessualità, rimpianti, allucinazioni diaboliche che lo tormentavano nelle notti di solitudine. Alcuni studiosi sospettano che queste parti possano essere state esagerate o manipolate dagli editori successivi per dare un tono moralizzante, ma non si può escludere che Hasenbosch stesso, cresciuto in un contesto rigidamente religioso, provasse realmente angoscia e rimorso. Sono interpretazioni, non sapremo mai cosa passò per la testa dell’olandese in quei ultimi tragici mesi di vita.

Leendert Hasenbosch sodomia punita 1726

Morì probabilmente entro la fine del 1725, consumato dalla sete e dagli stenti. Quando, nel gennaio 1726, la nave britannica James and Mary raggiunse l’isola, i marinai trovarono la tenda e il diario, ma non il corpo.

La vicenda di Leendert Hasenbosch è oggi letta non solo come un dramma individuale, ma anche come una testimonianza storica delle persecuzioni subite dalle persone omosessuali nel mondo moderno. Studiosi e storici hanno recuperato la sua storia, analizzandola e avvalendosi della stessa per attuare una ricostruzione delle vite cancellate dalla repressione morale e giuridica del passato.