Lo shampoo: quanto di più scontato ci può essere nella vita quotidiana di una persona? Lo utilizziamo sempre, lo consideriamo quasi banale, eppure questo prodotto d’uso comune ha alle sue spalle una lunga storia, contraddistinta da luoghi irraggiungibili se non con la fantasia e personaggi affascinanti di epoche ormai andate. Poi – permettetemi questo piccolo appunto – ripercorrere la storia dello shampoo significa addirittura addentrarci in un tema storico dall’immensa portata: quello inerente la circolazione globale di conoscenze fra Occidente e Oriente. Mica pizza e fichi.

Squarcio immediatamente il velo di mistero che fin qui penso abbia tenuto. Lo shampoo, con questo nome così esotico, non poteva che venire dalla lontana e suggestiva India. Esso deriva dalla parola hindi “chāmpnā”, che significa “massaggiare”, specialmente in relazione al cuoio capelluto. La forma “champu” era utilizzata nei secoli per indicare non tanto un prodotto in sé quanto una pratica, quella del massaggio con oli o infusi di erbe durante il bagno. Era parte integrante del rituale del lavarsi, che in India aveva (e ha tuttora) una forte connotazione spirituale e medica oltre che estetica. Basti osservare i bagni rituali nel Gange.
L’utilizzo di detergenti naturali era già ampiamente documentato nel XV e XVI secolo. È plausibile che queste pratiche fossero invero molto più antiche, tramandate per lo più oralmente e col tempo codificate nei testi sanscriti di medicina cosiddetta “ayurvedica”. Suddetti manuali medici attribuivano grande importanza alla purificazione del corpo. Nel ragionamento rientra eccome il cuoio capelluto.

Lo shampoo originale era composto da una miscela di reetha (la “noce del sapone”), amla (uva spina), ibisco, shikakai (acacia) e altre erbe che potevano avere effetti benefici sullo scalpo. La preparazione seguiva degli step ben precisi. Praticamente queste erbe venivano essiccate, polverizzate, bollite e/o lasciate in infusione, per ottenere una pasta da applicare sul capo. Non si trattava solo di pulizia (come oggi, d’altronde), perché il prodotto nutriva e rinforzava altresì i capelli.
Tutto molto bello, ma quand’è che lo shampoo è entrato a far parte delle vite di noi europei? Per la una produzione industriale ed una diffusione sistematica dobbiamo aspettare la prima metà del XX secolo. Se invece cercassimo il momento in cui il primo shampoo ha varcato il metaforico confine fra l’est e l’ovest del mondo, allora lo individueremmo nei primissimi anni dell’Ottocento. Badate bene, la storia dell’approdo del prodotto indiano sui mercati del Vecchio Continente non può prescindere da una figura storica abbastanza nota oltremanica. Sto parlando di ‘Sheikh Din Muhammad, che per gli inglesi è diventato Sake Dean Mahomed.

‘Sheikh Din Muhammad è stato un esploratore, un chirurgo (perché sì) e un abile imprenditore indiano. Spesso lo si annovera come uno dei primi più noti extraeuropei ad imporsi economicamente nel continente. Senza scadere nel sensazionalismo, possiamo definire Muhammad uno dei pionieri della moderna cosmetica – e della cucina indiana in Europa, ma questa è un’altra storia. Il nostro grande uomo nacque nel 1759 a Patna, oggi capitale dello stato indiano del Bihar, a quel tempo capoluogo di una regione sottoposta alla sovranità dei Moghul. Il padre ebbe un certo peso nella prima formazione di ‘Sheikh. Da lui ereditò le conoscenze delle piante officinali e delle pratiche tradizionali indiane di trattamento del corpo.
Purtroppo perse la figura paterna quando aveva solamente 11 anni. Così, ancora giovanissimo, entrò a far parte dell’esercito della East India Company, attorno alla quale gravitava un enorme giro d’affari nel subcontinente indiano e non solo. ‘Sheikh legò molto con un capitano protestante di origini irlandesi. Nel 1784 decise di seguirlo fino a Cork, all’epoca seconda città d’Irlanda per numero di abitanti. Prima di giungere a Brighton, nell’Essex orientale, luogo in cui la storia europea dello shampoo prende avvio, il nostro ‘Sheikh si innamorò, fuggi dai pregiudizi per sposare la morosa, si convertì al cristianesimo, e solo dopo il passaggio di secolo si trasferì in Gran Bretagna. All’epoca egli si faceva chiamare da tutti William Mahomed, come attestano le carte notarili a suo carico.

Insomma, per arrivare al punto, nel 1814 aprì un centro benessere chiamato “Mahomed’s Steam and Vapour Sea-Water Medicated Baths”. Un’impresa che univa la moda del bagno turco alle tecniche ayurvediche di massaggio indiano. Ebbe un successo plateale. Il trattamento divenne rapidamente di moda: William Mahomed fu nominato “Shampooing Surgeon” presso la corte di Re Giorgio IV, e successivamente di Guglielmo IV.
Questo particolare tipo di shampoo non aveva ancora la forma del moderno prodotto liquido. Era più simile a un trattamento termale, a metà tra igiene, rilassamento e medicina. Ma fu proprio Mahomed a gettare le basi per un concetto nuovo in Europa: lavare e massaggiare i capelli come parte di una cura regolare del corpo, non più solo come un gesto occasionale.
Il resto lo fece la Rivoluzione Industriale. I primi shampoo liquidi apparvero in Germania nel 1898, mentre in Inghilterra e Stati Uniti si iniziarono a produrre shampoo contenenti solfati, profumi e conservanti.