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intrattenimento vittoriano

Strane e insolite forme di intrattenimento nell’era Vittoriana

C’è da dire che l’era Vittoriana ci delizia sempre con qualche sorpresa, nel bene e nel male. Per esempio chiediamoci: all’epoca come passavano il tempo? Come si divertivano? Non c’era la movida come la intendiamo oggi e il concetto di intrattenimento era alquanto peculiare, quando non discutibile, in alcuni casi…

L’intrattenimento secondo i Vittoriani

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C’era forse un po’ da temere quando all’epoca della regina Vittoria qualcuno diceva “Oggi andiamo a divertirci”. Questo perché il concetto di intrattenimento cambia un po’ a seconda delle epoche storiche. Non è detto che ciò che era apprezzatissimo nel XIX secolo lo sia ancora oggi.

L’orchestra dei cani – Louis Lavater era un artista circense con un sogno: creare un’orchestra di cani e poi debuttare ad Amsterdam. Lavorò per anni a tale progetto, ma alla fine ebbe la sua orchestra di sei elementi canini. Erano “vestiti in modo splendido”, con tanto di strumenti musicali realizzati su misura e attaccati alle zampe tramite braccialetti. Jack era il trombonista, Tim era al basso, Patsey era il primo violino, Prince alla grancassa, Bob alla piccola grancassa e Peter ai Piatti. Pare che Lavater pagasse dai 18 pence ai 5 scellini per cane, guadagnando fra le 50 e le 100 sterline a settimana.

Ovviamente non fu facile creare tale orchestra. Prince era molto eccitabile, cosa non auspicabile nel batterista, mentre Jack dovette impegnarsi per suonare il trombone in quanto doveva stare in piedi per mezz’ora di fila. Ogni tanto, mentre Lavater era distratto, qualche membro dell’orchestra mordeva il vicino. Cosa che, probabilmente, in senso metaforico si intende, ancora adesso accade anche nelle orchestre umane.

L’imitatore di animali – I teatri di Londra e Parigi in epoca Vittoriana impazzivano per Charles Lauri Junior, imitatore di animali. Grazie a veloci cambi d’abito, Lauri poteva esibirsi come una scimmia, un gatto, un cane, un pappagallo o un ibis. Si esibì in balletti e pantomime e il suo spettacolo The Sioux era particolarmente apprezzato per l’esuberanza e paragonato a quello di Buffalo Bill.

Per diventare una scimmia, Lauri indossava una maschera posizionata sulla parte inferiore del viso. Era fatta di pelle color cioccolato e si collegava al viso tramite delle cinghie. Per muovere le sopracciglia, Lauri usava un filo nascosto nell’abito, mentre in bocca aveva una molla che azionava la bocca dell’animale per mettere in mostra due fila di denti d’avorio.

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Crediti foto: @Francesco Giovanni Cantagalli, Public domain, via Wikimedia Commons

Lo struzzo umano – Questo era un tipo di intrattenimento molto particolare del XIX secolo. Gli struzzi sono animali onnivori e ogni tanto mangiano sabbia e ciottoli per aiutarsi a triturare il cibo nello stomaco. Henry Harrison (noto anche come Harry o Samuele) era un celebre “struzzo umano” di New York, capace di ingurgitare lame, spilli, chiodi, vetro e altro. E di sopravvivere.

Pare che tutto iniziò all’età di 6 anni quando ingerì uno spillo. Non notando effetti collaterali (tipo la perforazione intestinale e la morte, per capirci), decise di farne la sua carriera. Assolutamente da NON imitare, ecco che i genitori non gradirono questa scelta. Ma Harrison scappò di casa e si unì a un circo. Diventato una popolare attrazione ecco che Harrison, a pagamento, permetteva a qualsiasi chirurgo curioso di aprirlo per esaminarne le viscere. Almeno in nove accettarono e uno gli aprì anche la gola per esaminare il collo. Ah, lo struzzo umano non subì alcun danno da questi interventi. L’unico effetto collaterale fu che venne ustionato così gravemente da una radiografia allo stomaco che non poté lavorare per un anno e mezzo.

La corrida burlesca – Questa corrida ottenne l’attenzione della regina Vittoria, la quale inviò un telegramma agli organizzatori per essere sicura che quella parodia goliardica non danneggiasse i cani coinvolti. Ma di cosa si trattava? In pratica due cani, di nome Shutthatdor e Bangthatdor, erano vestiti come tori in modo da affrontare un “matador”. Ovviamente era tutto finto: i cani caricavano il matador fino a quando questi non infilava banderillos finti nel costume di crine del cane, decretando così la fine del toro. E anche le spade usate erano di latte.

I cani, poi, erano addestrati a fingersi morti a fine esibizione. E una volta portati fuori erano premiati con una montagna di premietti.

Richard Usher il Clown – Ai Vittoriani questo clown piaceva tantissimo. Pensate che nel 1818 discese il Tamigi su una tinozza trainata da quattro oche, osannato da una folla che lo accompagnò lungo tutto il tragitto. L’idea era quella di proseguire via Tamigi da Westminster sino al ponte di Waterloo. Poi da lì avrebbe dovuto proseguire verso il Coburg Theatre su un carro trainato da otto gatti.

Ma qualcosa andò storto. E non certo per colpa dei gatti: stranamente si prestarono all’esibizione, solo che la folla era così fitta che era possibile procedere. Alla fine, furono alcuni allegri barcaioli a risolvere l’impasse: si caricarono sulle spalle Usher e lo portarono in trionfo a teatro. Immaginiamo il sollievo dei gatti.

I bambini Aztechi – Questa è una storia triste. Dovete contestualizzare l’epoca: in era Vittoriana gli spettacoli circensi presentavano spesso persone con disabilità fisiche. Maximo e Bartola erano due fratelli salvadoregni nati con microcefalia e ritardi nello sviluppo. La madre fu ingannata e convinta a dare i bambini a un commerciante spagnolo che le aveva promesso che li avrebbe portati ai Caraibi o in America per curarli.

Ben lungi dal farlo, lo scellerato commerciante vendette i bambini a un americano, il quale elaborò una nuova storia. Sostenne di aver trovato i bambini nel tempio di una città perduta e che essi appartenevano agli antichi Aztechi. Vestiti con costumi appositi, i due fratelli attirarono tantissimo pubblico, fra cui anche etnologi, il presidente degli USA Millard Fillmore, Napoleone e la regina Vittoria. I fratelli entrarono poi a far parte del circo di P. T. Barnum (sì, lui, l’imprenditore circense interpretato da Hugh Jackman nel film The Greatest Showman).

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Crediti foto: @Public domain, Wikimedia Commons

L’omicidio nel Fienile rosso – I Vittoriani avevano discutibili modi per divertirsi. Ma proprio come noi, erano affascinati dai true crime. Così ecco che impazzavano gli spettacoli teatrali a base di omicidi. Uno dei più in voga, oltre a Jack lo Squartatore e Sweeney Todd, era L’assassinio del fienile rosso o L’assassinio nel granaio rosso. Noto anche come Maria Marten, ecco che la protagonista viveva nel villaggio di Polestead, nel Suffolk. Madre di due figli, nel 1827 incontrò Wiliam Corder, il quale la sedusse e convinse a scappare con lui.

La coppia doveva incontrarsi in un villaggio chiamato Red Barn. Arrivati qui, però, Corder uccise Maria: la accoltellò, le sparò e la strangolò… Probabilmente Corder pensava di aver a che fare con Rasputin! Comunque sia, Corder seppellì il cadavere della donna sotto l’edificio. Poi scrisse lettere alla famiglia fingendosi Maria e riuscì a farla franca per circa un anno. Fra l’altro in quel lasso di tempo si era sposato con un’altra. Venuta a galla la faccenda, lo condannarono a morte per impiccagione e 5mila persone si misero in fila per vedere il suo cadavere. La storia diede così vita a una popolare tragedia teatrale, mentre il villaggio di Red Barn divenne una gettonata meta turistica.