Il 3 agosto 1492 Cristoforo Colombo salpò da Palos in direzione ovest, attraversò l’Atlantico alla ricerca di una rotta per le Indie e, cosa più importante, bramoso di mettere mano su ricchezze mai viste prima. Senza saperlo, toccò i lembi di una terra sconosciuta a gran parte degli europei (ma non agli scandinavi…). Un mondo nuovo, o Nuovo Mondo, che dir si voglia, dove le forme di vita – umane, animali e vegetali – apparivano aliene. Non di meno fece impressione ai successivi esploratori/conquistadores la capacità creativa di quelle popolazioni autoctone. Invenzioni che nel Vecchio Continente mancavano per diversi fattori che approfondiremo nei seguenti paragrafi. Da esotici prodotti alimentari a strumenti e competenze sorprendenti, le civiltà precolombiane stupirono i nuovi arrivati praticamente con qualunque cosa. Eccole, dunque, 5 incredibili invenzioni attribuibili ai vari Maya, Mexica (Aztechi) e Inca.

1- La liofilizzazione nelle Ande. La liofilizzazione è un processo di conservazione degli alimenti che consiste nella disidratazione a freddo: il cibo viene prima congelato e poi sottoposto a un processo in cui l’acqua defluisce per sublimazione (ricordate le lezioni di fisica al liceo? Sarebbe il passaggio diretto da ghiaccio a vapore, senza toccare lo stato liquido). Un sistema che permette di conservare i cibi per anni, evitando il deterioramento del prodotto.

La popolazione che sviluppò per prima una forma primitiva ma funzionale di liofilizzazione furono gli Inca (o le antecedenti civiltà andine, come i Tiahuanaco e i Colla), che abitavano l’altopiano delle Ande centrali. Approfittando delle temperature estreme dell’altopiano andino – calde di giorno, gelide di notte – i contadini Inca svilupparono una tecnica per conservare i tuberi, in particolare le patate, attraverso un processo rudimentale ma efficace. I cronisti spagnoli del XVI secolo parlarono di chuño, dal quechua ch’uñu, che significa “patata congelata”. Tuberi che dopo un procedimento tripartito in congelamento, pressatura ed essiccamento riuscivano a conservarsi per circa 10 anni…
2- Chirurgia cranica ante litteram. Su questo specifico punto ci siamo concentrati in passato, quindi non mi dilungherò moltissimo. Venga qui detto che grazie all’archeologia, si ha testimonianza dell’eccelsa abilità mesoamericana nell’effettuare operazioni di trapanazione cranica senza che il paziente ci rimettesse la vita o assomigliasse più ad un vegetale che ad un umano dopo l’intervento. Come ci riuscivano? Con quali strumenti poi?

Gli attrezzi del mestiere li conosciamo, poiché sono sopravvissuti all’oblio del tempo. Oggi sappiamo che fin dai primi secoli d.C. Nella fascia territoriale fra l’America centrale e meridionale circolavano lame in ossidiana, selce o bronzo, così come strumenti abrasivi per limare lentamente l’osso. Circolavano abilità e tecniche di raschiamento, incisione o trapanazione diretta. Dopo l’intervento ci si occupava a modo delle ferite. Queste venivano spesso trattate con impacchi a base di erbe medicinali locali (coca, achiote, corteccia di quinina), con proprietà antisettiche e analgesiche. Perché lo si faceva? Tanto per motivi pratici di natura clinica quanto per pura ritualità medico-religiosa.
3- Gomme da masticare per tutti! Chissà quante volte avete maledetto l’inventore o gli inventori delle chewing gum dopo averle calpestate passeggiando sul marciapiede. Ecco, prendetevela con le civiltà precolombiane. La sostanza base della gomma da masticare era una resina naturale, simile al lattice, chiamata tzictli in nahuatl, ricavata dalla linfa dell’albero del sapote, nativo delle foreste tropicali del Centro America. Maya e Mexica , si presuppone già attorno al 200-500 d.C., estraevano questa linfa. Una volta raccolta, veniva fatta bollire e raffreddare fino a formare una massa gommosa.

Gli iberici entrati in contatto con queste popolazioni sentirono “tzictli” e capirono “chicle”. Vi dice nulla il termine? Dai, quanti fra voi – eretici che non siete altro! Scherzo… – chiamano le gomme da masticare “cicles”? Ecco, appunto. Tanti erano i vantaggi della masticazione del tzictli: igiene orale e idratazione soprattutto. Avere una gomma fra i denti possedeva una valenza altresì sociale e religiosa, legata ad un particolare simbolismo orale (respiro come essenza vitale, ecc.).
4- Gli stadi di “calcio” prima del “calcio”. Attenzione! Prima che me lo si faccia notare, non intendo porre sullo stesso piano i campi da gioco mesoamericani con le arene e gli anfiteatri del mondo greco-romano. Non scomoderò il Colosseo o il leggendario Ippodromo di Costantinopoli. Il ragionamento che mi porta, anzi, ci porta a parlare di “invenzione” è un altro. A sorprendere non era la loro essenza strutturale, neppure la loro capienza, bensì la quantità messa in relazione al dato demografico. Solo nel sito di Chichén Itzá, gli archeologi ha rivelato sette campi da gioco per una popolazione che non superava le 50.000 unità. Oggi Londra ha 21 stadi per una popolazione di nove milioni di persone.

I campi da gioco della palla erano fra le istituzioni più emblematiche e simbolicamente cariche delle civiltà precolombiane. Non si trattava solo di spazi sportivi, ma di strutture sacre e politiche, che rappresentavano una “cosmologia in atto“. Vere e proprie arene rituali e in un certo senso gli antenati ideologici e architettonici degli stadi calcistici. Oltre 1.500 campi sono stati identificati archeologicamente in tutta la Mesoamerica. Se ne servirono diverse culture: dagli Olmechi, passando per i Toltechi, i Maya, e gli immancabili Mexica.
5- Sacro cioccolato. Quelli che maledicono gli autoctoni americani quando si ritrovano una gomma da masticare sotto la suola della scarpa, sono gli stessi che li benedicono quando bevono una tazza di cioccolata calda o mangiano una ghiotta tavoletta fondente. I Maya, e in seguito i Mexica, svilupparono tecniche precise per trasformare i semi di cacao. Per gli studiosi è tuttavia un mistero la genesi dell’invenzione. Il processo per trasformare le fave di cacao in qualcosa degno di essere gradito è diabolicamente complicato. Sono necessarie laboriose procedure di fermentazione, essiccazione, tostatura, sbucciatura e macinazione. S’aggiunga all’intero processo il mescolamento con acqua e altri prodotti. Ne veniva fuori qualcosa di estremamente amaro, che solo gli europei post 1492 decisero di dolcificare.

Vista i mille impedimenti per dare vita ad una bevanda del genere, si può dire che in seno alle civiltà precolombiane siano nati, con merito, i primi mastri cioccolatieri della storia. Non solo per le tecniche di lavorazione, ma anche per la valorizzazione culturale, religiosa ed estetica del cioccolato.