Almanacco del 27 maggio, anno 1860: Palermo insorge contro il dominio dei Borbone. Dopo tre giorni di aspri combattimenti fra garibaldini e soldati borbonici sotto il comando del generale Ferdinando Lanza, l’antica capitale del regno siciliano è presa dalle camice rosse di Garibaldi. Oggi ricordiamo la data del 27 maggio 1860 come un momento cruciale della spedizione dei Mille e più in generale del processo di unificazione italiana.

La vittoria di Calatafimi aveva permesso a Garibaldi di marciare in direzione di Palermo. A poche decine di chilometri dalla capitale, il generale, seguito da non più di 900 uomini e qualche migliaio di rivoltosi, venne assalito dai dubbi. Come prendere Palermo se al suo interno erano stanziati circa 21.000 uomini facenti capo al nuovo – ma vecchio – luogotenente, il generare Ferdinando Lanza?
Di certo avrebbe goduto dell’appoggio della popolazione, gran parte della quale avrebbe partecipato attivamente agli scontri, ma non era abbastanza per prendere d’assalto la città di Palermo. Allora chiese aiuto agli insorti siciliani guidati da Rosolino Pilo e Giovanni Corrao. Nelle idee di Garibaldi, queste forze collaterali avrebbero “distratto” i 3.000 borbonici guidati dal colonnello Von Mechel e dal maggiore Del Bosco e spianato la strada per la capitale.

Il 21 maggio Von Mechel e Del Bosco attaccarono a sorpresa i Mille sulle alture di Monreale. Nello scontro perse la vita lo stesso Pilo, stretto amico di Garibaldi. I napoletani riportarono una vittoria che scombussolò i piani dell’eroe dei due mondi. Garibaldi, senza nascondere una certa mestizia, decise di piombare su Palermo, tuttavia seguendo un altro percorso e un diverso piano. La decisione fu gravida di conseguenze: basti pensare all’ardita manovra diversiva compiuta da Vincenzo Giordano Orsini (vicenda sulla quale si basa il recente – e consigliatissimo – film L’abbaglio, diretto da Roberto Andò).

I borbonici abboccarono, credendo che il grosso dei garibaldini si stesse dirigendo a Corleone, quando in realtà si trattava di un gruppo di 150 “picciotti” al seguito dell’Orsini. Garibaldi allora poté avanzare indisturbato verso Palermo. Entrò in città nella prima mattinata del 27 maggio, accolto però dalle cannonante dei vascelli napoletani in rada. I fedelissimi Cairoli, Canzio e Bixio riportarono delle ferite, non invalidanti, ma comunque degne d’attenzione. Superata Porta Termini e con essa le barricate predisposte dai soldati napoletani, la schiera garibaldina fu accolta a festa dal popolo palermitano. Palermo era già in fermento. La seconda capitale del Regno delle Due Sicilie era uno dei centri principali dell’opposizione antiborbonica e covava da tempo il desiderio di rivolta. E rivolta fu.

L’insurrezione di Palermo scoppiò il 27 maggio e si protrasse fino al 30 dello stesso mese. La strategia di Garibaldi fondava la sua ragion d’essere sull’appoggio popolare. La sommossa interna avrebbe “compensato” lo squilibrio dei numeri. S’impose all’attenzione dei palermitani un proclama solenne, che così recitava: “Siciliani! Il generale Garibaldi essendo entrato in Palermo questa mattina 27 maggio, ed occupata la città, rimanendo le truppe napoletane chiuse solo nelle caserme e nel Castello a Mare, chiama alle armi tutti i comuni dell’Isola, perché corrano nella metropoli al compimento della vittoria”.
La risposta di Lanza tardò ad arrivare, e quando giunse, fu brutale oltre che scoordinata. La guarnigione borbonica cannoneggiò indiscriminatamente alcuni dei quartieri popolari più densamente abitati. Da Palazzo Reale, ove risiedevano gli uomini di Lanza, la reazione palesò una totale mancanza di un chiaro piano d’azione. Mentre si combatteva sulla linea del fronte, la retroguardia borbonica dava alle fiamme intere case, rubava nelle chiese e si macchiò di scellerati abusi. L’ammiraglio inglese Mundy, che si trovava nella zona del porto, scriveva nel suo diario: “Un intero quartiere, lungo mille e largo cento yards, è in cenere; famiglie intere sono state bruciate vive insieme colle loro case, mentre le atrocità delle truppe regie sono indescrivibili”.

Ciononostante, Garibaldi e Lanza s’accordarono per una tregua temporanea, che in giugno divenne armistizio a tempo indeterminato. Palermo era garibaldina e il Generale formò il primo governo dittatoriale dell’isola (2 giugno), formato da Crispi e altri quattro segretari di Stato. La Sicilia occidentale era sgombera dall’esercito dei Borbone. Restava da conquistare la sezione orientale. Compito che le colonne di István Türr (sostituito da Eber), Bixio e Medici portarono a termine in tarda estate.