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Il dirigibile fantasma L-8 e l’inquietante scomparsa del suo equipaggio

Sì, esistono anche i dirigibili fantasma; o meglio: il dirigibile fantasma, come diventato tristemente noto l’L-8, dirigibile attivo durante la Seconda Guerra Mondiale, il quale equipaggio, come per magia, scomparve letteralmente nel nulla. Tanto che ancora adesso nessuno sa che fine abbia fatto.

Il dirigibile fantasma L-8

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Crediti foto: @Public domain, National Archives, foto n. 148728450

Durante la Seconda Guerra Mondiale, gli Stati Uniti si accorsero di avere un problema. Dovevano pattugliare le coste per tenere sotto controllo i sottomarini giapponesi. Questo anche perché nel 1942 un sottomarino aveva sparato missili verso l’entroterra, contro il giacimento pertrolifero di Ellwood, vicino a Santa Barbara. Il problema, però, era come sorvegliarli.

Usare gli aerei era impensabile: erano tutti impiegati nei combattimenti e necessitavano di continui rifornimenti. Così qualcuno propose di usare i dirigibili. In effetti, non era un’idea così balzana. I dirigibili erano silenziosi, avevano un’autonomia di volo di 50 ore, potevano viaggiare anche a bassa quota e non era necessario chissà che addestramento per l’equipaggio.

Detto, fatto: la Marina Militare requisì 12 dirigibili da aziende private e li riconvertì in una flotta adatta alle ricognizioni. Uno fra di essi era proprio l’L-8, un dirigibile prodotto dalla Goodyear a scopo pubblicitario per promuovere i dirigibili a idrogeno e non elio.

La flotta aveva la sua base a Treasure Island, un’isola artificiale nella baia di San Francisco. Il 16 agosto 1942, l’L-8 era pronto a iniziare il suo giro di pattugliamento. Il tracciato di volo indicava che il dirigibile dovesse andare alle isole Farallon, poi passare a Montara e tornare indietro a Treasure Island. Il tutto per un viaggio di 80 chilometri.

In teoria a bordo dovevano esserci tre membri dell’equipaggio: il tenente Ernest DeWitt Cody, il Guardiamarina Charles Ellis Adams e James Riley Hill. Solitamente, però, l’equipaggio era composto da due uomini. Anche perché l’aria mattutina era così umida e pesante che tre uomini sarebbero stati troppi. Così Hill dovette sbarcare. Chissà quanti ceri avrà acceso per questa decisione.

L’L-8 decollò come previsto. Alle 7:50 Cody segnalò via radio cenni di attività alle Isole Farallon. In acqua c’era una sospetta chiazza di petrolio. Pescatori del luogo dichiararono che il dirigibile aveva sparato due fumogeni per segnalare la posizione della chiazza di petrolio. Poi aveva proseguito il suo volo.

Il successivo avvistamento del dirigibile avvenne alle 11 grazie a un pilota della compagnia area commerciale PanAm. Il dirigibile era in volo vicino al Golden Gate Bridge. Altre segnalazioni, poi, avevano fatto notare come il dirigibile si trovasse a 8 miglia di distanza dalla rotta prevista. Alcuni testimoni oculari spiegarono che il dirigibile volava a 600 metri di altezza, molto più in alto di quanto previsto (doveva rimanere sui 300 metri). Successivamente iniziò a scendere, atterrò su una spiaggia, facendo fuggire atterriti i bagnanti e poi si risollevò.

Svolazzando, arrivò nei cieli di Daly City, un sobborgo di San Francisco. Qui la signora Horace C. Appleton, incredula, urlò al marito che un pallone stava cadendo sulla loro casa. Il pallone raschiò con le ruote le tegole del tetto, poi urtò i cavi dell’alta tensione, scatenando qualche scintilla e poi si fermò in strada, accasciandosi contro un’auto in sosta.

Il tutto attirò una folla di curiosi. C’era chi pensava a un attacco giapponese, visto che non tutti sapevano dell’esistenza della pattuglia di dirigibili. Altri sembravano divertiti dalla scena. Anzi, il pompiere Elmer Kennedy spiegò che l’aereo ormai sgonfio sembrava un “grosso wurstel rotto”.

Crediti foto: @Public domain, National Archives, foto n. 204835714

Sul posto accorsero il prima possibile anche ufficiali dell’Esercito e della Marina, medici, vigili del fuoco e poliziotti. Tutti accorsero verso la navicella, ancora attaccata al pallone. In particolare gli ufficiali temevano esplosioni. A bordo del velivolo, infatti, c’erano due bombe di profondità. I medici, invece, cercarono subito i membri dell’equipaggio: forse erano feriti o morti.

Ma si sbagliavano: erano scomparsi. A bordo della navicella non c’era anima viva. Inoltre non c’erano segni di colluttazioni, conflitti a fuoco e neanche di un’evacuazione di emergenza. Le scialuppe di emergenza erano ancora al loro posto, così come una valigetta con documenti classificati. Inoltre non c’erano segni di malfunzionamenti o danni di alcun tipo. Il dirigibile appariva in buone condizioni di funzionamento (fra l’altro aveva fatto altri 1.092 viaggi prima di quello).

Pure la radio era funzionante. Solo i motori erano spenti. Il che poteva indicare che l’equipaggio aveva rallentato, anche se tutto il resto del velivolo appariva operativo e funzionante. L’unica anomalia degna di nota era che l’interruttore dell’altoparlante della gondola era in modalità standby e non del tutto spento. Forse Cody stava per parlare con qualcuno all’esterno, ma non si sa con chi.

Ovviamente anche la zona fu ispezionata attentamente. Le regole della Marina imponevano che gli equipaggi dei dirigibili, per ovvi motivi, indossassero sempre giubbotti di salvataggio. E visto che nella gondola non c’erano, è evidente che l’equipaggio li indossasse. Tuttavia se Cody e Adams fossero caduti in acqua, avrebbero dovuto essere facilmente individuabili. Ma così non fu: dopo giorni di ricerche la Marina non trovò alcuna traccia dei due uomini.

Presa dallo sconforto, la Marina Militare iniziò a interrogare i presenti, confiscando tutte le foto scattate dai fotografi. Come sempre accade in questi casi, tutti avevano la propria versione della storia da raccontare. Qualcuno sostenne di aver visto degli uomini nella gondola mentre l’L-8 si abbassava verso terra.

Un altro affermò di aver visto qualcuno lanciarsi col paracadute. E c’è chi assicurò di aver visto con il binocolo non due, ma tre uomini nella gondola. Molti dei resoconti erano contraddittori, ma parecchi insistettero sul fatto di aver visto delle figure in cabina durante le ore di viaggio. Tuttavia, dopo la segnalazione della macchia d’olio, nessun membro dell’equipaggio fece più alcuna comunicazione. Il che era strano perché i check-in di controllo via radio erano programmati e schedulati con precisione.

Ecco che ben presto si iniziò a parlare di dirigibile fantasma. Ovviamente cominciarono a fioccare le teorie più disparate. Forse quel razzo di segnalazione indicava un uomo caduto in mare, col secondo che si era lanciato dietro per soccorrerlo. In effetti il portello della gondola era aperto. Ma questa teoria non regge: gli uomini erano addestrati a rimanere a bordo e a chiamare via radio i soccorsi in caso di necessità. Inoltre nessuno aveva visto due uomini cadere dal velivolo, nonostante pescatori, piloti e abitanti del luogo che lo tenevano sotto controllo.

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Crediti foto: @National Archives, foto n. 148728480

La stessa Commissione d’inchiesta della Marina concluse che l’abbandono volontario non era probabile e che forse i due erano caduti in mare, anche se non c’erano prove in merito. Scartate anche le teorie in merito alla cattura da parte del nemico (una bomba era intatta e l’altra era caduta in un campo da golf durante la discesa. Inoltre non c’erano segni di colluttazione), alla diserzione e alla lite fra i due.

Che fine fece il dirigibile fantasma? Beh, fu riparato e rimesso in servizio attivo. A fine guerra tornò alla Goodyear, la quale lo tenne operativo fino al 1982. E adesso il dirigibile si trova in pensione presso il National Naval Aviation Museum. Se potette parlare, chissà che storia ci racconterebbe?