Avete mai sentito parlare di Skara Brae? Si tratta di un grande insediamento d’epoca neolitica, realizzato prevalentemente in pietra, situato sulla costa occidentale dell’isola di Mainland (la principale dell’arcipelago delle Orcadi, Scozia). Il sito d’interesse archeologico, nominato patrimonio materiale dell’umanità secondo l’UNESCO, è il più completo e meglio conservato villaggio neolitico d’Europa. Niente male, vero? E pensare che fino alla metà del XIX secolo della sua esistenza non si aveva neppure una singola prova…
È il 1850 e una tempesta si abbatte sulle Orcadi. Le raffiche di vento sono talmente forti da strappare il manto erboso su alcune colline verdi. Il più delle volte, l’azione del vento non fa altro che scoperchiare lembi di terreno, non svelando altro che terra e pietra. Ma in un caso specifico sotto la copertura sedimentaria si nasconde una sorpresa: delle abitazioni in pietra figlie di un’epoca remota, dimenticata. Sebbene qualcosa sia venuto alla luce, i locali non danno avvio a campagne di ricerca e scavo. La comunità archeologica scozzese si interessa nuovamente alla vicenda tra il 1928 e il 1930.
Le indagini condotte sotto la guida dell’australiano Vere Gordon Childe, titolare della cattedra di archeologia presso l’Università di Edimburgo, condussero a degli esiti senza precedenti, tanto per la storia locale, quanto per la disciplina in sé. Si evidenziò come l’insediamento fosse attivo in un lasso di tempo che andava grossomodo dal 3100 a.C. al 2500 a.C. Gli antichi abitanti di Skara Brae erano scultori di talento, nonché ottimi costruttori. Le loro case erano scavate in prossimità di alcune collinette chiamate “middens“, da cui le abitazioni ripresero il nome. Quest’ultime possedevano innumerevoli vantaggi. Ad esempio garantivano stabilità strutturale e, cosa forse più importante, proteggevano dal clima rigido delle Orcadi.
Le “middens” misuravano in media 40 m² ed erano dotate di un forno centrale adatto al riscaldamento dell’ambiente e alla cucina. Sull’isola mancavano (e mancano) quasi completamente gli alberi, perciò i neolitici di Skara Brae sfruttavano ciò che la marea concedeva, oltre ad ossa di balena e zolle d’erba per compattare i tetti delle case interrate. A contraddistinguerle c’era anche una peculiare logica d’arredamento. Ogni casa possedeva un’autentica disposizione dei letti, degli armadi, addirittura dei bagni – anche se grezzi. Il ritrovamento di frammenti ossei e pietre scheggiate lascia presupporre come le abitazioni svolgessero anche la funzione di laboratori per la lavorazione di utensili.
Perché i locali di 5.000 mila anni fa sentirono la necessità di abbandonare l’insediamento? A tal riguardo si è proposto di tutto e di più. La causa più probabile è da ricercare nell’eccessivo irrigidirsi delle temperature, insostenibili per la vita sull’isola. Dal 1999 il “Cuore delle Orcadi Neolitiche” (nome con il quale si indicano i gruppi di monumenti neolitici presenti nell’arcipelago) è patrimonio dell’umanità secondo l’UNESCO. Vi lascio con l’introduzione del documento di rilascio dello status, il quale giustifica l’innegabile importanza storica di Skara Brae.
“I monumenti del cuore delle Orcadi neolitiche e di Skara Brae dimostrano il trionfo dello spirito umano nell’antichità e nei luoghi isolati. Furono quasi contemporanei con le civiltà arcaiche dell’Egitto (prima e seconda dinastia), con i templi in mattoni della Sumeria e con le prime città della civiltà indiana di Harappa, e precedente di uno o due secoli all’età dell’oro della Cina. Incredibilmente decorato per quel periodo, e con molti reperti sopravvissuti agli anni, questi siti sono un segno tangibile delle scoperte effettuate dai popoli antichi distanti dai tradizionali centri culturali”.