Il Risorgimento italiano è uno dei fenomeni più intriganti ed intricati della nostra storia nazionale. Secondo alcuni storici cominciò subito dopo il Congresso di Vienna (1815) e proseguì fino all’Unità d’Italia, o alla presa di Roma, il 20 settembre del 1870. Una delle figure cardine di tale processo fu proprio Silvio Pellico, autore del famosissimo libro-denuncia “Le mie prigioni“. Di traverso fra le righe di quest’opera leggiamo una descrizione accurata del carcere-fortezza dello Spielberg, dove egli trascorse 15 anni di duro carcere.
![Silvio Pellico litografia carcere](https://www.storiachepassione.it/wp-content/uploads/2024/03/silvio-pellico-e-la-fortezza-dello-spielberg-le-sue-prigioni-la-nostra-storia-risorgimentale.jpg)
Per aggiungere un po’ di qualità alla lettura di tale evento non possiamo esimerci dal presentare un consorzio di uomini noto come Carboneria, di cui Pellico ed i suoi compagni (anche di carcere) facevano parte. Senza dilungarci troppo, possiamo dire che la Carboneria fu una società segreta risorgimentale, nata nei primi anni del XIX secolo e che condivideva valori liberali e fortemente patriottici. Molti furono i moti di stampo insurrezionalista contro il governo austroungarico e ciò condusse lo scrittore, Piero Maroncelli, Federico Confalonieri ed altri carbonari dritti in cella.
Passiamo ora a vedere come si viveva nelle fredde e buie stanze dello Spielberg. Vi erano sostanzialmente tre classi di detenuti: quelli considerati colpevoli di reati più gravi, i quali si trovavano in una situazione definibile di “carcere durissimo”; altri (come Pellico e Maroncelli) al carcere duro; poi c’erano i criminali minori, che scontavano la pena in maniera relativamente più tranquilla. Vediamo cosa volevano dire queste tre denominazioni.
![Silvio Pellico fortezza dello Spielberg foto](https://www.storiachepassione.it/wp-content/uploads/2024/03/silvio-pellico-e-la-fortezza-dello-spielberg-le-sue-prigioni-la-nostra-storia-risorgimentale.-1.jpg)
Il carcere durissimo era un tipico esempio di nomen omen, era davvero invivibile. I condannati a tale tipo di pena erano legati con una catena al proprio fianco e avevano un raggio di movimento molto limitato. Che significa? Si potevano muore a malapena intorno al tavolo. Pellico e gli altri patrioti condannati al carcere duro avevano anche una catena, ma questa volta al piede, e gli era consentito spostarsi intorno a tutta la cella (non grandissima).
Essi avevano inoltre, a differenza dei primi, l’obbligo di lavoro. In particolare tagliare la legna e cucire a maglia. La scadenza prefissata era una calza a settimana e, se non rispettata, comportava il salto del pasto. Quest’ultimo non era di sicuro una prelibatezza. Si trattava di farina soffritta col lardo due volte l’anno e poi servita nel corso dei 365 giorni. Molti sceglievano infatti il vitto ospedaliero, leggermente migliore anche se molto scarso (tre minestrine al giorno e pochissimo agnello).
![Silvio Pellico foto monumento ai carbonari](https://www.storiachepassione.it/wp-content/uploads/2024/03/silvio-pellico-e-la-fortezza-dello-spielberg-le-sue-prigioni-la-nostra-storia-risorgimentale.-2.jpg)
Le tre ispezioni giornaliere e quella mensile più approfondita rendevano poi quasi impossibile scrivere, poiché vietato salvo che in rari casi. Per aggirare il divieto si utilizzavano pezzi di unghia e stuzzicadenti come penne e medicinali e succhi di erbe come inchiostri. Pellico ricevette la grazia dopo 8 anni di carcere duro, nel 1830. Due anni dopo scriverà il suo capolavoro. Se vi capita di leggerlo, ricordate come visse per 8 lunghissimi anni della sua vita.