La vicenda biblica di Mosè che divide le acque del Mar Rosso per permettere agli Israeliti di sfuggire alle ire del vendicativo faraone sono uno dei momenti più iconici sia dell’ebraismo che del cristianesimo. Anche una di quelle più scenografiche. Da bravi pensatori pragmatici quali siamo, sappiamo che si tratta solamente di un racconto. Non è possibile, infatti, che qualcuno abbia diviso in due le acque del Mar Rosso. O forse no? Perché alcuni scienziati adesso sostengono che un evento simile, effettivamente, potrebbe essere accaduto. Anche se senza alcun intervento divino, magico o sovrannaturale che sia. Tutto merito della buona, cara e vecchia Natura.
Una possibile spiegazione alla storia di Mosè e del Mar Rosso

Più o meno tutti ricordiamo questa storia biblica. Non fosse altro perché abbiamo visto e rivisto il film di animazione Il principe d’Egitto o il film I dieci comandamenti. Nell’immaginario collettivo la scena che ci raffiguriamo è quella di Mosè che, sulle rive del Mar Rosso, attorniato dal popolo di Israele in fuga e con l’esercito egiziano alle calcagna, solleva la mano per far dividere in due le acque del Mar Rosso (ovviamente è il potere di Dio che permette al mare di dividersi), in modo da creare un sentiero asciutto per far transitare il suo popolo. Le acque, cordialmente, mentre Mosè alza la mano, si separano.
Una bella storia, di fantasia chiaramente. Solo che alcuni scienziati pensano che possa nascondere un fondo di verità. Per esempio, tramite alcune simulazioni al computer, hanno evidenziato come, un vento sostenuto che soffiasse a 100 km/h, se direzionato nel giusto verso, avrebbe potuto respingere l’acqua. In tal modo si sarebbe creato un territorio di terra asciutta largo 5 chilometri. Una volta placato il vento, poi, le acque sarebbero tornate rapidamente in posizione, travolgendo così le milizie egiziane con un’onda simile a uno tsunami.

Carl Drews, oceanografo presso il National Center for Atmospheric Researche, ha spiegato a MailOnline che “l’attraversamento del Mar Rosso è un fenomeno sovrannaturale che incorpora in sé una componente naturale: il miracolo sta tutto nella tempistica”. Le credenze indicano che la traversata ebbe luogo nel Golfo di Aqaba, una delle zone più profonde e ampie del Mar Rosso. Ma tale teoria è alquanto discutibile. Il Golfo di Aqaba, infatti, è largo 25 km e ha una profondità di 1.850 metri, poco pratico per un attraversamento di massa.
Un luogo più papabile potrebbe essere il Golfo di Suez, più basso e stretto. In effetti è profondo solo 20-30 metri e il suo fondale è abbastanza piatto. Ad onor del vero, una traversata simile è stata fatta. Nel 1789, infatti, Napoleone Bonaparte attraversò con le sue truppe una parte del Golfo di Suez a cavallo, approfittando della bassa marea. Certo, furono quasi spazzati via quando le acque tornarono al loro posto, ma Napoleone non si fece fermare da questa quisquiglia.
Il dottor Bruce Parker, ex capo scienziato presso la National Oceanic and Atmospheric Administration, già nel 2014 aveva spiegato al Wall Street Journal che, forse, Mosè conosceva il funzionamento del cambio delle maree, sfruttando tale conoscenza a suo vantaggio (visto anche che gli egiziani, abituati al Nilo senza maree, non sapevano nulla delle maree e dell’influenza della luna su di esse). Diciamo che barò un pochino.
In effetti la teoria del vento potrebbe però non essere così campata per aria. La stessa Bibbia recita che “Il Signore fece muovere il mare con un forte vento orientale per tutta quella notte e rese il mare asciutto e le acque si divisero”.
Il professor Nathan Paldor, scienziato oceanico dell’Università Ebraica di Gerusalemme, aveva suggerito che un vento che soffiasse da nord-ovest a 65-70 km/h poteva spingere le acque di un mare a ritirarsi, esponendo un ponte di terra asciutta percorribile a piedi. I suoi calcoli indicano che un vento similare, che avesse soffiato per diverse ore in maniera intensa, avrebbe potuto abbassare il livello del mare di circa 3 metri, scoprendo così una dorsale sottomarina che avrebbe potuto fungere da passaggio.
L’unico problema è che la Bibbia parla di vento da est, mentre i calcoli indicano un vento da nord-ovest. Ma magari anche all’epoca, chi aveva scritto tale testo, aveva qualche problema coi punti cardinali.

Ci sarebbe poi un’altra alternativa che indica come luogo dell’attraversamento non il Mar Rosso, bensì il Lago di Tannis, vicino all’attuale Lago Manzala nel Delta del Nilo. Una burrasca che avesse soffiato a 100 km/h per almeno 8 ore, avrebbe potuto costringere l’acqua a risalire il ramo Pelusiac del Nilo, creando un ponte di terra temporaneo largo 5 km. Quando poi il vento si placò, ecco che l’acqua si riversò indietro creando una terribile onda che travolse tutti sul suo cammino.
Ma la teoria più fantasiosa di tutte è quella dello tsunami. Con una tempistica incredibile, infatti, le acque si sarebbero divise al momento giusto a causa dell’impatto di uno tsunami provocato da un qualche terremoto. Ma questa teoria appare poco credibile. In primis, Mosè non avrebbe potuto prevedere in alcun modo che uno tsunami si sarebbe abbattuto in zona proprio in quel momento. Va bene prevedere le maree, ma gli tsunami e i terremoti anche no.
In secondo luogo, poi, dopo uno tsunami l’acqua ritorna al suo posto in breve tempo, in circa un’ora. Mosè e gli Israeliti ci misero diverse ore ad attraversare il canale a piedi. Quindi, niente tsunami con cronometro al polso.