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salsicce, sangue e latte foto calderoni

Salsicce, sangue e latte fermentato: cosa mangiavano i mongoli 2.700 anni fa?

Può sembrare una domanda banale, scontata o di nessuna utilità. Così assolutamente non è. Lo studio condotto dal dottor Shevan Wilkin dell’Università di Basilea ha una grande importanza perché per tramite delle abitudini alimentari possiamo scoprire molto di più sulla vita e sulla storia di questa popolazione della steppa. Rivalutiamo quindi salsicce, sangue e latte!

salsicce, sangue e latte foto calderoni

La ricerca parte da dei calderoni dell’Età del Bronzo, ritrovati in Mongolia da alcuni pastori 5 anni fa, nel 2019. Capito subito il valore culturale e storico e analizzati scientificamente, gli antichi contenitori hanno lasciato immediatamente importanti testimonianze. Per prima cosa di grande interesse erano le tracce proteiche al loro interno.

Secondo quanto affermato dallo studio condotto, in questi contenitori veniva fatto scolare il sangue degli animali macellati. Ma che animali erano? Si trattava per lo più di ruminanti, come pecore e capre, mentre un ruolo di primo ordine lo avevano anche gli yak. Come detto in apertura, trasversalmente a tale studio, capiamo anche molti importanti aspetti culturali dei Mongoli.

salsicce, sangue e latte immagine mappa

In primis, grazie al rinvenimento anche di tracce di latte di yak nei calderoni, sappiamo che già 2.700 anni fa questi animali erano domesticabili e addomesticati. Shevan Wilkin afferma inoltre che questo studio permette di retrodatare l’addomesticazione e la mungitura degli yak in Mongolia, che prima si pensava molto più tarda.

Torniamo al nostro sangue però a questo punto. Lasciato colare nei calderoni, come sopra accennato, si producevano poi sanguinacci e salsicce. Anche questo lato dello studio è molto importante perché ci permette di tracciare una linea rossa continua fino ai giorni nostri. Anche oggi, nei territori mongoli, questi tipi di preparati sono centrali nella dieta locale.

salsicce, sangue e latte foto dipinto

In chiusura sottolineiamo nuovamente dunque l’importanza di un approccio poliedrico a scoperte di tale tipo. Non chiudendo preventivamente determinate porte e possibilità, è importante studiare e condurre scoperte all’insegna del pluralismo dei punti di vista, come Wilkin ed i suoi hanno ampiamente dimostrato in questo caso.