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Mary Celeste: che fine fece l’equipaggio di questa nave fantasma?

La si può considerare una delle navi fantasma più celebri di sempre: stiamo parlando della Mary Celeste. Si trattava di un brigantino canadese che nel 1872 venne ritrovato alla deriva verso lo Stretto di Gibilterra. A bordo non c’era nessuno: ancora oggi non si sa cosa sia accaduto alla nave e all’intero equipaggio.

L’inquietante storia della Mary Celeste

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Crediti foto: @Honore Pellegrin, Public domain, via Wikimedia Commons

La Mary Celeste era un brigantino lungo 31 metri e del peso di 282 tonnellate. Costruito e varato in Nuova Scozia nel 1861 col nome “Amazon”, era il primo grande progetto portato a termine da una piccola comunità locale. Visto che chi ben comincia è a metà dell’opera, sin dal principio si pensò che la nave fosse vittima della sfortuna. Robert McLellan, il suo primo capitano, nonché figlio di uno dei proprietari, si ammalò di polmonite solamente nove giorni dopo aver assunto il comando. Morì proprio all’inizio del suo viaggio inaugurale. Non certo un debutto sfolgorante.

Durante il comando del capitano John Nutting Parker la nave urtò contro una barca da pesca e dovette tornare al cantiere navale per le necessarie riparazioni. Fin qui ordinaria routine, non fosse che, mentre si trovava nel cantiere, nel bel mezzo della nave scoppiò un incendio. Non andò meglio la sua prima traversata transatlantica: urtò un’altra nave nella Manica. Per ovvi motivi, il suo capitano fu immediatamente destituito dal suo ruolo.

Stranamente seguirono poi sei anni di tranquillità. ma nel 1867 si arenò durante una tempesta. Recuperata, la vendettero a Richard Haines di New York, il quale la fece riparare. Nel 1868 passò così al Registro di sistema americano e nel 1869 le cambiarono il nome in Mary Celeste.

L’idea dei nuovi proprietari era quella di usarla per commerciare attraverso l’Atlantico, arrivando anche nel Mar Adriatico. Così la proprietà della nave venne suddivisa fra quattro persone: James H. Winchester, il capitano Benjamin Spooner Briggs, Sylvester Goodwin e Daniel T. Sampson.

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Crediti foto: @RedCoat10, Public domain, via Wikimedia Commons

Arriviamo così al cuore della vicenda. Il 5 novembre 1872, sotto il comando di Benjamin Briggs, la nave imbarcò un carico di alcol denaturato e salpò da Staten Island. Il porto di arrivo doveva essere Genova. Sulla nave, oltre al capitano e all’equipaggio composto da sette marinai, la nave ospitava altri due passeggeri, ovvero Sarah E. Briggs, la moglie del capitano e Sophia Matilda, la loro figlia di due anni.

Il 4 dicembre 1872 la nave Dei Gratia, comandato dal capitano David Morehouse, avvisò il brigantino fra le coste portoghesi e le isole Azzorre. La Mary Celeste viaggiava alla deriva, con le vele tutte spiegate, in direzione dello stretto di Gibilterra.

Non vedendo tracce dell’equipaggio, Morehouse decise di salire a bordo insieme a due marinai. E con sua grande sorpresa scoprì che la nave era deserta: dell’equipaggio e dei passeggeri non c’era nessuna traccia. Qualcuno racconta che l’equipaggio era scomparso nel nulla improvvisamente, lasciando il cibo nei piatti.

Tutto sommato la nave, seppur zuppa d’acqua, era anche in buone condizioni. Solo una pompa era in funziona e nella stiva c’era un metro d’acqua. Alcune delle vele erano strappate, la bussola era rotta e sestante, cronometro e scialuppa di salvataggio mancavano all’appello.

Stranamente, invece, il carico di barili d’alcol era ancora intatto (seppur nove risultarono poi essere vuoti). Le scorte di acqua e cibo erano ancora presenti a bordo, ma mancavano le carte di bordo. Le ultime annotazioni presenti erano relative all’avvistamento di Santa Maria delle Azzorre il 25 novembre. Al Dei Gratia non rimase altro da fare che riportare il brigantino in porto. Arrivati a Gibilterra, ecco che partì l’inchiesta. La prima ipotesi del procuratore generale Frederick Solly Flood fu che l’equipaggio si fosse ubriacato, salvo poi uccidere ufficiali e passeggeri. Ma il tutto non reggeva: quel tipo di alcol non era di quello che faceva ubriacare.

Così si passo a pensare a una truffa organizzata dai due capitani. Ma di nuovo l’ipotesi era da scartare: Briggs era uno dei proprietari del brigantino e in quanto tale avrebbe avuto un risarcimento minimo. Non sapendo più che pesci pigliare, Flood accusò Morehouse e il suo equipaggio di aver ucciso quelli della Mary Celeste. Ma non c’era nessuna prova in tal senso e l’inchiesta venne chiusa con un nulla di fatto. Finita l’inchiesta, James Winchester decise di venderla. Nel corso degli anni successivi la nave passò di mano 17 volte, ma il problema fu che nessun marinaio voleva imbarcarsi perché credevano che la Mary Celeste fosse maledetta.

L’ultimo suo proprietario fu il capitano Gilman C. Parker. Costui tentò di truffare l’assicurazione. Il 3 gennaio 1885 fece naufragare la nave contro una scogliera al largo di Port-au-Prince, Haiti. Nel dubbio, provò anche a dare fuoco alla nave, ma non vi riuscì. E non riuscì neanche a gabbare l’assicurazione. Anzi: l’assicurazione lo denunciò. Tuttavia il giudice, nonostante avesse accertato la colpevolezza del capitano e dei soci, li fece rilasciare: fu impietosito dalle innumerevoli disgrazie che avevano colpito la Mary Celeste.

Ma la nave non aveva finito con le disgrazie. Il capitano Parker morì tre mesi dopo, uno dei suoi soci lo rinchiusero in manicomio e il terzo si suicidò. E la Mary Celeste? Rimase incagliata sulla scogliera fino a quando il 9 agosto 2001 la spedizione guidata dallo scrittore Clive Cussler non la ritrovò esattamente là dove Parker aveva provato a distruggerla.

Ancora oggi nessuno sa cosa ne sia stato dell’equipaggio. Qualcuno sostiene che i vapori dell’alcol sprigionati durante un controllo del carico fecero credere al capitano che la nave stesse per esplodere. Il capitano avrebbe dunque ordinato a tutti di fuggire sulla scialuppa di salvataggio. Ma il maltempo potrebbe aver condotto i naufraghi prima alla deriva e poi alla morte.

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Crediti foto: @Public domain, via Wikimedia Commons

Un’altra teoria improbabile parla di un passeggero segreto, tal Abel Fosdyk. Secondo carte appartenenti a costui, il capitano Briggs e altri membri dell’equipaggio, per scommessa, si sarebbero gettati in mare per dimostrare che potevano nuotare vestiti. La moglie di Briggs, la figlia e il resto dell’equipaggio assistevano affacciati a un piccolo ponte costruito per l’occasione.

Ma alcuni squali all’improvviso avrebbero ucciso i nuotatori. Il resto dell’equipaggio si sarebbe affacciato tutti insieme sul parapetto, provocandone il crollo. Fosdyk sarebbe l’unico sopravvissuto. Dopo essere andato alla deriva per giorni, sarebbe arrivato sulle coste dell’Africa. Ma per paura di non essere creduto, non avrebbe mai raccontato a nessuno questa storia. Il problema è che questa versione della storia non sta in piedi e non è documentata. Perché mai doveva esserci un passeggero segreto? Perché non c’erano tracce del parapetto crollato? E come mai mancavano scialuppa e altri strumenti?

Improbabile anche la teoria dell’ammutinamento: Briggs era amato dai suoi uomini. E non regge neanche quella dei pirati: il carico era intatto. Forse una tromba d’aria? Un maremoto? Un avvelenamento collettivo da ergot con allucinazioni e psicosi? Impossibile a dirsi. E sulla Mary Celeste ancora oggi aleggia il dubbio: cosa accadde veramente?