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Le perplessità nel definire Carlo Magno un analfabeta

Le perplessità nel definire Carlo Magno un analfabeta

Permettetemi di dire che associare l’aggettivo “analfabeta” alla persona di Carlo Magno è un minimo azzardato. Il sovrano dei Franchi e Imperatore dei Romani fu tante cose: magari spietato, impulsivo in alcune decisioni politicamente rilevanti, un po’ goffo nei modi e nelle consuetudini di corte, ma analfabeta, beh, quello non proprio. Provate a cercare sul web, e quasi ogni testata storico-culturale degna di nome ha affrontato la tematica, portando sul banco delle prove elementi a favore e a sfavore di suddetta tesi.

Le perplessità nel definire Carlo Magno un analfabeta

Carlo Magno, figura centrale del primo Medioevo e spesso considerato il “padre dell’Europa”, incarnava alla perfezione i tratti del sovrano guerriero e del legislatore che ha segnato la storia. Eppure, dietro questa aura del grande monarca, si celava una fragilità personale che egli stesso avvertiva con imbarazzo: il rapporto con la scrittura.

Quindi? Si può dire che l’Imperatore dei Romani fosse un analfabeta? Ma no, certo che no. Non possiamo infatti parlare di analfabetismo in senso stretto. Carlo Magno era in grado di leggere almeno parzialmente i testi, ma la scrittura gli rimase sempre estranea. Questa limitazione derivava da una formazione tipica della nobiltà franca, incentrata sulle arti militari, l’amministrazione politica e la religione.

analfabeta Imperatore dei Romani

Nell’VIII secolo, infatti, saper combattere, governare e garantire protezione ai propri sudditi era considerato infinitamente più importante che impugnare una penna. La lettura e la scrittura erano compiti delegati a chierici e notai. D’altronde lo sappiamo, erano i soli a possedere una preparazione approfondita in latino, lingua della liturgia e della cultura scritta. Ma andando oltre le interpretazioni storiografiche, chiediamoci: cosa dicono le fonti contemporanee al re dei Franchi.

Come non partire da Eginardo, che di Carlo Magno fu biografo. Eginardo ci dice che Carlo Magno tentò di colmare questa sua lacuna. Teneva tavolette di cera sotto il cuscino per esercitarsi di notte, cercando di riprodurre le lettere e imparare a tracciare segni regolari. Nonostante la sua determinazione, non riuscì mai a sviluppare una scrittura fluente. Le ragioni erano molteplici. Prima di tutto l’età adulta, poco adatta all’apprendimento di una competenza manuale raffinata come la grafia. Poi subentravano gli impegni politici e militari, i quali lo distoglievano continuamente da un esercizio costante.

analfabeta Carlo Magno re dei Franchi

La contraddizione diventa ancora più significativa se si pensa al ruolo di Carlo Magno come promotore della cultura. Egli volle infatti circondarsi di intellettuali, chiamando alla sua corte studiosi come Alcuino di York, Paolo Diacono e Teodolfo d’Orléans. Nomi altisonanti che animarono quella che gli storici chiamano la rinascita carolingia. Fu sotto il suo regno che venne riformata la scrittura con l’introduzione della minuscola carolina, chiara e leggibile, che per secoli avrebbe influenzato il modo stesso di trascrivere i testi in Europa. In altre parole, Carlo Magno non seppe padroneggiare personalmente l’arte della penna, ma contribuì a renderla accessibile a un numero sempre maggiore di persone.

Questa vicenda mostra bene la doppia natura dell’imperatore: guerriero e conquistatore, ma anche sovrano illuminato che comprese l’importanza della cultura come strumento di potere e coesione. La sua difficoltà personale con la scrittura non fu un limite alla sua azione politica, anzi. Proprio da quella mancanza nacque la consapevolezza della necessità di formare una classe dirigente colta, capace di leggere, scrivere e tramandare il sapere.

analfabeta Carlo Magno e la scrittura

Andando a concludere la disamina, Carlo Magno resta il paradosso vivente di un analfabeta parziale (sottolineo parziale) che, più di ogni altro, rese la scrittura e l’istruzione pilastri del suo impero. La sua mano non seppe mai scorrere sicura sulla pergamena, ma la sua visione fece sì che per secoli in Europa la cultura non fosse più appannaggio di pochi, bensì il fondamento stesso della civiltà medievale.